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02/02/2017

Come la presidenza di Donald Trump potrebbe ricompattare la sinistra Usa

Una doverosa premessa: il termine "progressista" viene adoperato negli Stati Uniti per la prima volta nel tardo secolo XIX; di solito è stato utilizzato per definire ed identificare coloro che promuovono diritti sociali e civili, ma da acquisire con una serie di riforme progressive, anziché con una rivoluzione di tipo socialista. Di seguito un quadro della situazione odierna degli USA che si stanno muovendo a “piccoli passi”. Un piccolo excursus fra i movimenti anti – Trump.

Ma anche altri gruppi, più radicali, stanno prendendo forma...

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Come la presidenza di Donald Trump potrebbe ricompattare la sinistra

Christopher D. Cook per The Progressive, 27 gennaio 2017

Fonte originale: “commondreams.org”
Traduzione e cura di Francesco Spataro

Dal momento che, ovunque in America, milioni di Democratici, Verdi, liberali, progressisti e gente di sinistra si preparano a resistere a Trump, è giunto il momento di iniziare a costruire un unità ed un’alleanza più grandi, in questo variegato mondo di attivisti, comunità e movimenti. Semplicemente, con l’intensificarsi degli attacchi verso gli immigrati, le donne, la gente di colore, i Musulmani, l’ambiente, i diritti dei lavoratori, e così via, non possiamo più permetterci l’isolamento politico o qualsiasi tipo di divisione.

Dobbiamo immaginare un’alleanza strategica, a livello nazionale, intorno a principi condivisi e priorità che possano mobilitare collettivamente decine di milioni di persone a supporto e difesa dei diritti umani, della giustizia economica e della sostenibilità ambientale. Proteste, petizioni, ed incontri della cosiddetta “società civile” sono un grande inizio, ma non è ancora abbastanza per la sfida che ci si presenta. Ora, più che mai, si sente il bisogno di una società sostenibile, egalitaria, e giusta sotto il punto di vista razziale, alimentata da un bisogno di democrazia partecipata, per poter modellare un più ampio fronte unitario.

“E’ tempo di pensare in grande!”*

Una nuova coalizione, permetterebbe alle diverse associazioni, di conservare la propria area di intervento, la propria autonomia, e partecipare comunque a campagne su obiettivi specifici, a fianco di altri gruppi, come per esempio le lotte per il gasdotto a Standing Rock, in Dakota o i prossimi scontri, che si prevedono, fra il neo Presidente Trump ed il Congresso Repubblicano. Insieme, si potrebbe promuovere un programma populista, ma allo stesso tempo progressista, da opporre alle politiche di destra o di centro-sinistra di entrambi gli schieramenti maggiori.

Pensare ad una molteplicità di gruppi che, in generale, la pensino allo stesso modo, e che riescano a prendere un’iniziativa comune, da una parte all’altra del paese, che insieme riescano a concentrare decine di milioni di sostenitori, di membri: “Our Revolution”, “Brand New Congress”,” Working Families Party”, “Progressive Democrats of America”, “Democracy for America”, “Green Party”, e molti altri gruppi locali, e regionali; questi, o altri gruppi, potrebbero tentare un’unificazione, su obiettivi o concetti primari, di base, concordando di sostenere gli sforzi di ciascuno e di collaborare dove e quando fosse possibile.

“E’ tempo di pensare in grande!”.

Spingiamo il Partito Democratico verso una direzione indiscutibilmente più progressista, e sviluppiamo delle alternative indipendenti dal panorama elettorale corrente. Non è il momento per le scissioni. I progressisti hanno bisogno di una strategia coerente, che resti indipendente dal corporativismo centrista, moderato, del Partito Democratico; una linea politica che sia in grado di esercitare una forte pressione ed un potere diretto. I gruppi, con obiettivi affini, potranno continuare a mantenere le proprie diversità, alcune presumibilmente mai risolte, ma continueranno a lavorare insieme, fin quando sarà possibile.

La sinistra, deve però costruirsi una nuova rete di informazione, che raggiunga l’America mainstream, quella delle tendenze dominanti, inclusa l’America di Trump, con un giornalismo diretto, basato sui fatti ed accessibile a tutti. Un buon inizio sarebbe sviluppare, ampliare, il Media Project della rivista “The progressive” ; promuovere iniziative che raggiungano i lettori in tutti gli Stati in cui si affronti una lotta, utilizzando il retaggio culturale del popolo americano; bisogna servirsi dei social media, di op-eds**, e di commenti che informino ognuno sugli impatti e gli effetti che l’agenda Trump-Ryan potrebbe avere sull’ambiente, ed in concreto sulla vita di tutti noi. La destra conservatrice è riuscita a costruire con gran successo, una rete di comunicazione, che indirizza gli elettori verso il proprio partito; è arrivato il momento per stimolare maggiormente una comunicazione di massa, che informi in maniera più indipendente e progressista, supportata da un reale contributo economico; una comunicazione, che tiri fuori storie e commenti, che vadano oltre le voci dei “sepolcri imbiancati” nelle stanze della politica della sinistra.

“Si devono concretizzare larghe alleanze, intorno a temi rilevanti, grandi idee di cambiamento” afferma Becky Bond, consigliere ed organizzatrice della campagna elettorale per Bernie Sanders, coautore con Zack Exley del nuovo libro dal titolo “Regole per i rivoluzionari”. “Una coalizione che si ritrovi intorno ad un grande progetto, che sostenga un populismo economico e un’equa giustizia razziale, potrebbe dare l’avvio ad un’ondata di successi e di conquiste nel 2018.”

Gran parte della costruzione di questa coalizione, potrebbe prendere forma a livello locale, o di Stato, intorno a campagne su obiettivi specifici. Bill Fletcher, primo presidente del Forum Trans Africano, un’associazione a difesa della diaspora del popolo africano, e capo del sindacato per lungo tempo, si dice a favore di “una strategia progressista comune ad una cinquantina di Stati. Dobbiamo prevedere ogni tipo di attacco, inclusa la repressione,” dichiara. “Abbiamo bisogno di rivolgerci ad ogni Stato, chiedendo... Qual è secondo voi la via per conquistare il potere?”

Shannon Jackson, direttrice del gruppo, ispirato alla linea politica di Sanders, “Our revolution”, si è accorta di un crescente interesse nei confronti delle coalizioni di stampo più progressista:

Le recenti vittorie per il superamento del TPP***, e contro il gasdotto d’accesso al Dakota a Standing Rock, sono esempi più che adeguati, di quali risultati si possano ottenere, quando le persone riescono a rimanere unite. E’ responsabilità di “Our revolution” aiutare a rafforzare la collaborazione attiva e l’unità, elementi essenziali per il raggiungimento di questi grandi obiettivi.

Coalizioni progressiste “avranno bisogno di essere organiche, così da poter creare le condizioni in cui possano poi crescere, idee di diverso tipo,” sostiene il co-fondatore ed organizzatore di “Brand New Congress” , Saikat Chakrabarti. “Abbiamo bisogno di portare lo scontro, nello stesso momento su fronti paralleli. Abbiamo bisogno di organizzazioni, che si focalizzino sull’azione diretta, altre che si concentrino sulla costruzione di un potere politico locale, o a livello nazionale, ed altre infine, che si occupino di creare una nuova rete di informazione, dei nuovi media.”

Il “Working Families Party, ed altri gruppi nazionali, hanno aiutato ad organizzare, ovunque nel paese, assemblee pubbliche locali sul tema dell’emergenza (una di esse ha contato quasi un migliaio di persone), dove la gente ha potuto incontrarsi, scambiarsi i contatti, organizzarsi. Fra i gruppi che sostengono questo tentativo di non rimanere con le mani in mano, ci sono “350.org”, “The Center for Popular Democracy”, The Courage Campaign”, “Iraq Veterans against the War”, “Friends of the Earth”,” CODEPINK”, e “Public Citizen”.

Questi incontri della cosiddetta società civile, concentrano la propria attenzione su “attività che ciascuno può fare localmente, per proteggere le proprie comunità e difendere la democrazia.” Il “Working Families Party”, in risposta alla mia domanda ci ha spiegato: “La gente comune, sta via via sviluppando progetti considerevoli per rispondere agli attacchi del gabinetto Trump, alle nomine di rappresentanza, e sta costruendo iniziative per la cerimonia di insediamento; in questo modo protegge gli status delle città santuario, ergendosi compatta in solidarietà con le comunità, compresi gli immigrati, ed i Musulmani Americani.”

In uno di questi incontri, a cui ho partecipato di recente, a San Francisco, un venerdì sera, un centinaio di persone sono rimaste fino a notte inoltrata, a discutere di tattiche e strategie; i gruppi di lavoro hanno toccato argomenti come il cambiamento climatico, i diritti delle donne, la democrazia nell’informazione, le strategie elettorali. L’impegno e l’energia erano palpabili.

Quello che è sembrato mancare, almeno a questo incontro, è stata una strategia di movimento più ampia, per collegare questa parte della popolazione, con i gruppi già esistenti – locali, “regionali” (i gruppi regionali, da non confondere con quelli nazionali, alcune volte sono chiamati “di Stato” dal momento che gli USA sono una Federazione di Stati N.d.T.), e nazionali – piuttosto che perdere tempo a ribadire cose già discusse. Nonostante la notevole organizzazione e la percezione di estrema urgenza, si è poco discusso di come sostenere la creazione di coalizioni più ampie, o di saldare ulteriormente gli apparati di movimento della sinistra progressista.

Naturalmente, ogni coalizione, anche quelle senza vincoli di legge, che non si mischiano con il territorio o con problemi di fondi, ed investimenti, possono sollevare dei dubbi. Divisioni significative, nella sinistra, alcune delle quali si sono intensificate nella passata tornata elettorale, non possono essere ignorate.

Verdi e Democratici hanno tensioni di lunga data, che spesso sfociano anche in vere e proprie ostilità. Il movimento dei lavoratori è molto spaccato, attraversato come è da un sostegno sindacale eccessivamente variegato, riguardo anche ai membri del sindacato stesso: nella stessa sigla, alcuni sostengono Sanders, altri Clinton, altri ancora addirittura Trump. Dato il dibattito ininterrotto, su chi è colpevole per l’elezione di Trump, e cosa questo ha significato per i Democratici e la sinistra, è chiaro che ci sarà sempre qualcuno che si dichiarerà contrario, rispetto un qualsiasi percorso da iniziare. Riformisti, rivoluzionari, liberali e radicali si sono azzuffati per secoli su come affrontare l’ineguaglianza, lo sfruttamento, o l’unificazione del benessere e del potere.

Non tutti certamente, si uniranno a queste nuove coalizioni, a queste nascenti associazioni, ma più facciamo, meglio sarà. Come inviato giornalistico di lunga data, ed aderente ai movimenti progressisti di sinistra, credo che l’avvento di Trump – come è potuto succedere ed i pericoli che pone – evidenzia il bisogno di una robusta, forte riconciliazione della sinistra, su vasta scala. I gruppi ed i movimenti che condividono obiettivi di natura progressista, hanno il dovere di comprendere come fare, per riuscire a lavorare insieme, almeno dove si trovano della stessa opinione; se sono in disaccordo riguardo altri concetti, poi si vedrà.

“Questo non è il momento di azzannarsi fra di noi, né quello di lavorare separatamente... E non ci possiamo permettere di perdere.”

Ci sono esempi, incompleti purtroppo, di questo tipo di attività, nel Paese: in California, ad esempio, la “Richmond Progressive Alliance”, composta da gruppi che trattano di lavoro, diritto all’abitare, ambiente o giustizia razziale, ha raggiunto una serie di conquiste, a livello locale; la “Progressive Leadership Allaince of Nevada”, ha messo insieme decine di istituzioni, compresi i sindacati, la “NAACP” (National Association for the Advancement of Colored People), il “Sierra Club” (che si occupa di ambiente), e molti altri. Numerose coalizioni locali, di Stato, e regionali stanno spuntando, ed una coalizione generale, una sorta di federazione a livello nazionale, potrebbe portare ancora maggiore forza, risorse, ed indicare la strada ad altri movimenti progressisti.

Le potenzialità per un’unificazione, aumentano con l’aumentare delle minacce di Trump a diverse comunità, o intorno ai temi più disparati. Più persone offende la sua politica, più forte e più grande diventa la resistenza. Per esempio, fa notare Fletcher, nel settore del lavoro c’è preoccupazione che l’amministrazione Trump, proverà ad indebolire il Trattato Davis-Bacon, legge federale che stabilisce regole per i pagamenti dei lavoratori edili e dei metalmeccanici, ed in cui si impone che il salario base venga pagato sui posti di lavoro e contrattato pubblicamente. Potenzialmente questo potrebbe unificare i sindacati degli edili più conservatori, con quelli dell’ala della sinistra liberale.

Gli attacchi di Trump a lavoratori e sindacati potrebbero giocare un ruolo determinante nel suo crollo. Il suo primo tweet, che promuoveva la vittoria come neo presidente eletto, si rivelò un boomerang, quando, nello stabilimento della Carrier, (Società che si occupa di impianti di condizionamento e riscaldamento N.d.T.), in Indiana si venne a sapere che l’accordo, prevedeva il trasferimento in Messico di centinaia di lavorazioni, che però sarebbero costate allo Stato più di sette milioni di dollari in costi aggiuntivi di imposta sui redditi d’impresa. Il successivo colpo via tweet, glielo ha inferto la vicenda con Chuck Jones, presidente della United Steelworkers Local 1999, (il sindacato dei lavoratori metalmeccanici N.d.T.) che ha innescato un’aspra critica bipartisan, che, a sua volta, potrebbe minare il sostegno dei lavoratori. La critica aspra, e negativa di una tuta blu avrebbe potuto capovolgere la situazione a sfavore di Trump, e i sindacati progressisti avrebbero potuto porre basi più forti nel settore. Questo è un altro esempio che, le scelte del gabinetto di Trump e la politica emergente della sua agenda, stanno già facendo unire milioni di persone, in un’opposizione estremamente indignata. Gruppi, associazioni organizzano incontri, si ritrovano, creano una rete, per dare una risposta rapida, a difesa della popolazione sotto attacco. Ora la sfida, sta nel tessere questa trama di resistenza e trasformarla in un movimento che possa realizzare delle conquiste elettorali e legislative.

Le proteste e le esplosioni di dissenso sui social media prenderanno proporzioni enormi.**** Dobbiamo volgere tutto questo a nostro favore, costruire una ribellione coerente e compatta; una reazione, uno scossone da dare alla classe lavoratrice, ed una coalizione intelligente fra le diverse anime costituenti, che mettano insieme la maggioranza progressista di questo paese, e che portino ad un grande rifiuto del Partito Repubblicano alle elezioni di metà mandato, la vittoria in numerosi Stati, e la nascita di un movimento concreto, progressista e di larghe intese.

Non è il momento di dividersi o lavorare separatamente, non è il momento di fallire.

E’ il momento per un’unione progressista.

Note:
*Espressione molto utilizzata durante la campagna elettorale dallo stesso Trump.

**il termine è l’abbreviazione della locuzione “opposite editorials”, cioè i commenti dei lettori, le opinioni personali, della gente comune, che trovano posto nella seconda pagina del giornale, quella prospiciente l’editoriale; invece, gli editoriali, generalmente riflettono la linea della testata, dell’editore e quindi sono maggiormente manipolati dalla politica.

***Trans – Pacific Partnership, il Partenariato Trans – Pacifico, è un accordo transnazionale, che ha lo scopo di "promuovere gli scambi e gli investimenti tra i paesi partner TPP, per incoraggiare l'innovazione, la crescita economica e lo sviluppo, e per sostenere la creazione e il mantenimento di posti di lavoro".

****Il termine enorme, vasto (tradotto in inglese “huge”) è scritto dal giornalista in carattere stampatello “YUGE”, così come lo pronuncia Donald Trump, e paradossalmente anche il suo oppositore Bernie Sanders, senza aspirare la lettera “h”; questa consuetudine si ritrova principalmente nelle persone nate a New York City, da dove effettivamente vengono i due leaders politici ed evidenzia un’appartenenza, uno status sociale ed un ceppo linguistico; evidenzia, anche, la provenienza da un altro Paese: l’autore dell’articolo, mettendo in risalto questa particolarità, ricorda a chi legge, le origini del Presidente, che anch’egli proviene da una famiglia di emigranti europei.

Fonte

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