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16/02/2017

Solo il potere ha il diritto di raccontare bufale...

Altro che legge bavaglio... Al Senato, alcuni semisconosciuti membri del gruppo Ala (il cui mentore resta pur sempre Denis Verdini) si sono preoccupati di depositare un disegno di legge per “prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”. Prima firmataria, l’unica donna del gruppo, Adele Gambaro, sostenuta dai colleghi Riccardo Mazzoni, Sergio Divina (Ln-Aut) e Francesco Maria Giro (Forza Italia).

L’iniziativa cerca di “concretizzare” legislativamente il gran chiacchiericcio sulle fake news, bufale o post-verità che dir si voglia. E lo fa con gli strumenti culturali propri della destra italiana, se ne esistessero.

Nel leggere il dispositivo appare chiara una prima distinzione fondamentale tra informazione online e testate giornalistiche mainstream, perché il proposto art. 656-bis non si dovrebbe applicare alle seconde (come definite dalla l. 47 del 1948, ampliata nel 2001). Come se le seconde fossero per natura esenti dal raccontar favole...

Si dirà: beh, ma una testata registrata è pur sempre perseguibile per il reato di diffamazione... Vero, ma il tema cui questo ddl cerca di dar soluzione non è affatto la diffamazione (c’è comunque un articolo anche su questo), ma decisamente altri.

In primo luogo, “la pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico attraverso piattaforme informatiche”. Un giurista di professione probabilmente farebbe fatica a definire quando una notizia può esser considerata esagerata (parola che rimanda a criteri quantitativi impossibili da delineare; ad esempio, “la patata bollente” ha una relazione qualsiasi con la temperatura corporea normale?).

Su quelle false, naturalmente, non ci dovrebbe essere problema già ora in sede giudiziaria (la normativa risale all’invenzione della stampa, probabilmente). Mentre su quelle tendenziose ogni giornalista, anche di infimo livello, sa che ci si potrebbe inutilmente spaccare la testa per anni. Altro esempio: la frase attribuita da Repubblica a Luigi Di Maio, in cui Raffaele Marra viene definito “servitore dello stato”, è certamente vera (era stata scritta in una chat del vicepresidente della Camera), ma altrettanto certamente qualificabile come tendenziosa perché estrapolata dal contesto in modo da descrivere l’esponente grillino come un “garante” dell’assessore poi arrestato (la pubblicazione della chat integrale ha poi dimostrato che così non era; perlomeno in quel caso). Ma secondo il ddl Gambaro non sarebbe perseguibile se pubblicata da un giornale mainstream e sanzionabile se pubblicata da questo o altri siti... Multa, in questo caso, di 5.000 euro.

Se invece si tratta di “diffusione di notizie false che possono destare pubblico allarme, fuorviare settori dell’opinione pubblica o aventi ad oggetto campagne d’odio e campagne volte a minare il processo democratico” – art. 265-ter – la pena edittale sale a 10.000 e “la reclusione non inferiore a due anni”. Capperi, si rischia la galera...

Il problema è: quali possano essere queste notizie dagli effetti tanto pericolosi quanto incerti? Per fuorviare settori dell’opinione pubblica, infatti, ci vogliono media potenti, capaci di arrivare a milioni di persone. E a volte – vedi l'esito del referendum del 4 dicembre – neanche risultano sufficienti... Idem per animare campagne d’odio oppure volte a minare il processo democratico. Un sitarello fai-da-te o una pagina facebook gestita da un singolo o da un piccolo gruppo di emarginati politici, per quanto possa essere condivisa, difficilmente raggiunge “milioni” di persone. E ancora più difficilmente le convince fino a fuorviarle...

Dunque, cosa resta? Le campagne politiche, evidentemente. Le quali – se animate da gruppi di opposizione (al governo o ai “poteri forti”, tanto per restare ai luoghi comuni) – evidentemente presentano in luce molto negativa provvedimenti, leggi di stabilità, sottrazione di diritti acquisiti, ecc.

Si dirà: ma questo ddl si preoccupa solo di sanzionare quelle notizie che possono avere questi effetti che risultino false. Piccola obiezione giuridica: le notizie false sono sanzionabili a prescindere dal loro contenuto. Non importa insomma se ledano l’onorabilità di una persona o la credibilità di un governo. Perché dunque un nuovo articolo di legge mirante a sanzionare specificamente quelle di natura politica?

La risposta è fin troppo facile... Una classe politica – diciamo... – di nominati non può contare su alcuna credibilità nei confronti dell’elettorato, o “popolo” che dir si voglia. Dunque si preoccupa di erigere una muraglia di leggi, uomini armati e trappole finalizzate alla propria esclusiva protezione.

Non hanno paura delle notizie false. Si premurano di poter sanzionare quelle vere che rivelano il loro mondo immondo...

Qui l’articolato del disegno di legge: gambaro

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