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15/11/2018

Duecentomila fascisti a Varsavia

Domenica 11 novembre, nel 100° anniversario dell’indipendenza della Polonia, 200 mila fascisti hanno marciato per le strade di Varsavia. Nella marea di bandiere nere spiccavano anche quelle dei fascisti italiani di Forza Nuova, mentre il leader di FN, Roberto Fiore, era in testa al corteo, assieme agli altri leader fascisti e dell’estrema destra polacca ed europea. Ma, se è possibile, qualcosa di ancor più grave si è verificato a Varsavia: assieme ai 200 mila fascisti, nello stesso corteo, gridando le stesse parole d’ordine (“Potere bianco”, “No all’Ue”, “ Meglio un’Europa bianca anche se spopolata”) hanno marciato il Presidente della Repubblica polacca, Andrzej Duda, il capo del governo polacco, Mateus Morawiecki e Jaroslaw Kaczinski, il leader del partito di maggioranza e di destra PiS (Diritto e Giustizia) che governa in Polonia. E ciò che ancor più produce inquietudine è il fatto che, ormai, queste notizie (le notizie dei fascisti in marcia in Europa) non sollevano più il necessario clamore, il necessario allarme, ma cominciano ad essere vissute come “normali”. Dalla Germania alla Polonia, passando per l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda e altri Paesi, il fascismo rialza la testa e ormai in troppi abbassano gli occhi.

I comunisti non possono farlo, la loro storia di dura lotta antifascista non glielo permette e, anzi, essi sono chiamati a capire le ragioni di questo ritorno nero e a partire dalla comprensione di ciò riprendere vigorosamente la battaglia politica e sociale.

Capire, dunque, e si può farlo anche a partire dalla lettura politica degli slogan che nelle strade di Varsavia i fascisti polacchi ed europei hanno condiviso assieme ai massimi leader istituzionali e politici polacchi.

“No all’Ue”, hanno gridato assieme e da qui si comprendono le colpe profonde che ha avuto, tuttora ha e che ancora avrà l’Ue nel sospingere a destra, con le sue politiche ferocemente antipopolari, il senso comune di massa europeo. Ma il fatto che “No all’Ue” sia stato gridato dai fascisti a Varsavia, assieme agli uomini del partito di destra PiS, ai governanti, ci parla anche del drammatico fallimento delle forze socialdemocratiche e socialiste dell’Ue, che genuflettendosi ai voleri dell’Ue, della BCE, del FMI e di Berlino hanno riconsegnato le piazze e i consensi popolari di massa ai fascisti e alle destre. Ma il fatto che “No all’Ue” sia oggi una parola d’ordine che segna di sé cortei di destra e di massa come quelli di Varsavia parla anche alle forze politiche che tentano di porsi alla sinistra delle socialdemocrazie, senza, tuttavia, assumere esse la parola d’ordine, ormai storicamente inevitabile, “Fuori dall’Ue e dall’Euro”, cincischiando su slogan vuoti e ambigui come “Un’altra Europa”. Più le forze della sinistra passeranno il tempo a cincischiare sull’Ue, su di “Un’altra Ue”, senza porre il problema di una rottura definitiva con l’Ue e con la sua ferocemente antisociale moneta unica, più le piazze si riempiranno di fascisti e di forze di destra, più i voti passeranno alle forze populiste e reazionarie.

Ma anche gli altri slogan che sono stati gridati a Varsavia (“Potere bianco”, “Meglio un’Europa bianca anche se spopolata”) rappresentano, per l’intera sinistra, per i comunisti stessi, una formidabile lezione. In questo senso: anche a sinistra, persino tra qualche frangia comunista, si è creduto, si crede che, poiché una politica anti immigrazione paga sul piano elettorale, quella politica, la mitologia oscura della “sicurezza” interpretata in salsa razzista, debba iniziare a far parte anche del bagaglio politico della sinistra e dei comunisti. Nulla di più tragicamente sbagliato! Nessuno può infatti dimenticare come, storicamente, il razzismo sia stato sempre anche una maschera, un feroce marchingegno, volto ad organizzare consensi di massa funzionali a politiche reazionarie generali, antioperaie, antipopolari, imperialiste, colonialiste, guerrafondaie e, infine, indispensabili per il grande capitale. Fu così per il nazismo tedesco, per il fascismo italiano e così è ancora oggi per la Lega di Salvini, che urlando in modo razzista contro gli immigrati, organizza un consenso di massa funzionale a ribadire, mascherandola, la propria scelta filo imperialista, genuflessa agli USA e alla NATO e la propria sostanziale accettazione dell’Ue, contro la quale si può gridare, da destra, ma con la quale non si vuole rompere realmente, poiché rompere con l’Ue significherebbe rompere con il grande capitale transnazionale europeo, cosa che i fascisti che erano a Varsavia, le destre governative polacche, lo stesso Orban, la stessa Marine Le Pen, lo stesso Salvini non vogliono assolutamente. Così come il Mussolini finto “fustigatore” della borghesia italiana non voleva assolutamente rompere con il grande capitale italiano, indispensabile al fascismo per vincere, così come la vittoria fascista era indispensabile al grande capitale italiano degli anni ’20 per sconfiggere i socialisti, i comunisti e tutto il vento della Rivoluzione d’Ottobre.

Il razzismo, in tutte le sue forme, da quelle più plateali a quelle meno appariscenti, non può appartenere in nessun modo alla cultura politica della sinistra di classe e dei comunisti. Se iniziasse ad aprirsi anche qualche minima falla nel muro antirazzista della sinistra di classe e dei comunisti in virtù di una qualche vaga forma di fascinazione per il consenso elettorale che tali posizione porterebbero, lo stesso impianto culturale generale della sinistra e dei comunisti inizierebbe ad incrinarsi. Mentre ben altro è il compito della sinistra di classe e dei comunisti: guardare lontano, ben al di là delle prossime scadenze elettorali, comprendendo che nei prossimi decenni un nuovo e vasto blocco proletario bianco e nero si costituirà inevitabilmente nei Paesi dell’Ue e su quel nuovo blocco dovrà poggiare la lotta e la trasformazione sociale.

Ma la manifestazione dei 200 mila fascisti a Varsavia, organizzata per il 100° dell’indipendenza della Polonia, ha messo prepotentemente in campo un’altra categoria politico-ideologica che ormai da tempo viene di nuovo agitata dalle forze fasciste, populiste e di destra dell’Ue: il nazionalismo, tradotto ora in “sovranismo”.

Bene: anche questa categoria sta rischiando, per il suo attuale successo elettorale, di introdursi tra le maglie culturali della sinistra e dei comunisti. Anche a partire dalla Varsavia dello scorso 11 novembre, dove il nazionalismo è esploso tra le bandiere nere, dobbiamo essere chiari: il nazionalismo non appartiene in nessun modo alla cultura e alla politica della sinistra di classe e dei comunisti, che non per nulla sono, invece, internazionalisti. Il nazionalismo, storicamente, è sempre stata l’arma ideologica per l’organizzazione delle conquiste, delle espansioni militari imperialiste e colonialiste. E occorre sempre tracciare una profonda differenza tra la difesa degli interessi nazionali in sintonia con la difesa degli interessi popolari (Togliatti, in Italia) e il marciume del nazionalismo.

La svendita, da parte del governo italiano Lega-M5S, dell’ILVA di Taranto alla “ArceloMittal” francese, con l’odioso beneplacito dell’Ue, è un caso tipico di cessione di sovranità nazionale da parte di forze che si richiamano al “sovranismo” ma che sono (soprattutto la Lega) solo forze nazionaliste di destra inevitabilmente volte alla subordinazione al grande capitale europeo e italiano e quindi contrarie a politiche di difesa degli interessi nazionali.

Le forze istituzionali e governative polacche e i dirigenti politici del partito PiS polacco che sostiene il governo e che hanno sfilato a Varsavia a fianco dei fascisti europei e che hanno gridato “No all’Ue”, fingendo, dunque, un loro “sovranismo”, sono le stesse forze politiche istituzionali che hanno voluto dedicare, in questa fase, una grande base NATO in Polonia (la Polonia è entrata nella NATO nel marzo del 1999) a Donald Trump, “Base NATO Trump”.

E il parallelo tra finti “sovranisti” non è difficile: anche il governo “sovranista” italiano, critico (fintamente critico) verso l’Ue, è poi corso a Washington a riverire Trump e, attraverso Conte, ad accettare tutte le nuove e pesanti richieste di contributi economici italiani per la NATO.

C’è un ulteriore fatto che va messo a fuoco, in relazione alla manifestazione di Varsavia: una parte significativa dell’ex Solidarnosc oggi fa parte di quel partito nazionalista, di destra, volto a mettere i comunisti nell’illegalità che è il PiS governativo, il PiS che ha marciato assieme ai 200 mila fascisti d’Europa. Chissà se ciò, la confluenza di parte del partito di Lec Walesa nel PiS, può far riaprire una riflessione sulla stessa storia moderna polacca, sul sindacato e poi sul partito Solidarnosc, che partendo (guidati dagli USA e da Papa Wojtyla) dalla distruzione del Partito Comunista e del socialismo polacco hanno aperto la strada prima al liberismo e poi alle forze reazionarie e fasciste che oggi governano a Varsavia.

Il fascismo e le forze dell’estrema destra stanno violentemente sollevando la testa in tanti Paesi dell’Ue. Occorre rialzare la guardia dell’antifascismo militante. Per non ripetere l’ignavia del Partito Socialista Italiano che nel 1919 assisteva inerte agli assassinii e agli orrori delle squadracce fasciste che preparavano il Ventennio, occorre rispondere nella lotta e nelle piazze. E soprattutto occorre sottrarre alle destre populiste le parole d’ordine della lotta contro l’Ue, chiarendo di fronte ai lavoratori che c’è una sola lotta da condurre contro l’Ue e contro l’Euro: uscirne, riconsegnando l’indipendenza ai popoli.

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