18/11/2018
Emigrazione italiana all’estero. Ormai è un esodo: di giovani, di risorse, di futuro
Quante volte abbiamo sentito: “se non mi va bene questa, parto?”. Tantissime. Amici e parenti, noi stessi.
Siamo ormai milioni e, stando ai dati, ogni anno di più. Curricula mandati ovunque, per qualsiasi tipo di lavoro. Porte sbattute in faccia? Centinaia. L’assenza di un briciolo di risposta? Migliaia di volte. “Se non sei contenta/o, quella è la porta.” Quante volte? Quante?
Fuori dall’Italia cerchiamo qualcosa che qui non c’è. Un lavoro innanzitutto. Un salario più alto, maggiori diritti. Ma anche dignità e soddisfazione. Il non dover fare battaglie immani per il mero rispetto dei diritti più elementari. La sensazione di essere “importante” e non un peso per la società. Il volersi scacciar via quella fastidiosa sensazione di colpa che cercano di farci crescere dentro.
Fuori non c’è il paradiso. Lo dice bene Giovanna, da sei anni ad Amburgo. “Non è che qui i datori di lavoro siano più buoni”.
La Germania, con Gran Bretagna, Francia e Svizzera, è uno dei paesi che ha accolto più emigranti italiani. 115mila nel 2016. Altrettanti nel 2017. Moltissimi dal Sud. I giovani, poi, sono un esercito. Gli under 40 sfiorano quota 40mila. Ogni anno.
“La Repubblica” si cruccia semplicemente del fatto che l’Italia perda “high skill workers”, laureati e ricercatori, “cervelli in fuga”; noi vediamo i nostri fratelli e le nostre sorelle partire per diventare i “camerieri d’Europa” e ce ne crucciamo ugualmente. Il loro classismo non ci appartiene.
Rimuginare non serve a niente. Stare con le mani in mano men che meno. Per questo come Potere al Popolo! abbiamo iniziato da un anno a organizzarci. In buona parte dell’Europa. Con le comunità di emigranti. Sono nate decine di assemblee territoriali in tutto il continente e ora hanno delegati al coordinamento nazionale. Perché non dobbiamo recidere i legami, non dobbiamo farci spacchettare e isolare.
La resistenza la pratichiamo ovunque viviamo. E se ci organizziamo insieme, se scambiamo pratiche ed esperienze, siamo più forti. Servono lavoro, dignità, servizi. Serve una visione di futuro. Quella che stiamo costruendo, faticosamente nel giorno dopo giorno, con Potere al Popolo! Mettendo al centro – e non solo retoricamente – noi stessi: i soggetti che soffrono le conseguenze della crisi e della sua gestione, da parte di governi di destra, sinistra e, oggi, anche del presunto “cambiamento”.
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