di Sandro Moiso
Quando i rappresentanti dei vertici economico-finanziari e dei media
mainstream iniziano a starnazzare sul pericolo di rivolte e di rimessa
in discussione dei principali assunti dell’attuale modo di produzione è
il momento di alzare le antenne e aprire bene le orecchie.
Recentemente, con riferimento alle élite che non sono disposte ad
apportare cambiamenti radicali all’economia statunitense, Anand
Giridharadas, editor-at-large della rivista Time e autore del libro Winners Take All,
ha affermato “queste persone, sinceramente, stanno
chiedendo, supplicando di essere detronizzate e devono aprire gli occhi
riguardo alla fase in cui si trovano”.
Su questo punto concorda con Ray Dalio, che dirige l’hedge fund più
grande del mondo (che in base a una stima di Forbes ha un patrimonio di
18,4 miliardi di dollari) e che ha detto, sia durante il programma
televisivo “60 Minutes” sia su LinkedIn, che gli attuali livelli di
disuguaglianza sono “un’emergenza nazionale”, aggiungendo che “il sogno
americano è andato perduto”.
Entrambi, poi, concordano su una cosa: se il capitalismo negli Stati
Uniti non subirà una riforma entro un certo periodo, scoppierà qualche
tipo di rivolta.
Queste affermazioni, parzialmente inaspettate dalla bocca di chi fa
parte della classe dirigente, fanno sì che diventi ancor più
significativo il fatto che ormai da diversi anni proprio dagli Stati
Uniti provengano opere letterarie che trattano il tema della guerra
civile oppure della resistenza armata contro lo Stato e tutti i suoi
addentellati economici, politici e militari.
Un autore come Paul Auster, con il suo Man in the Dark (uscito in Italia per Einaudi con il titolo Uomo nel buio),
nel 2008 è stato uno dei primi a introdurre il tema all’interno della
letteratura non di genere, seguito poi da diversi altri scrittori.
Ma è proprio nel corso dell’ultimo anno che sono uscite due opere,
una cinematografica e l’altra a fumetti, che mostrano come il tema sia
diventato importantissimo e dirimente all’interno della cultura e
dell’immaginario statunitense.
Nel primo caso si tratta di Captive State, un film di
fantascienza del 2019, diretto da Rupert Wyatt e interpretato, tra gli
altri, da John Goodman e Vera Farmiga, uscito nelle sale italiane con lo
stesso titolo. Nel secondo si tratta di Days of Hate – Atto primo
di Ales Kot e Danijel Zezelj, opera pubblicata in Italia dalla sempre
lodevole, per le scelte intelligenti operate nel settore dei comics,
Eris di Torino.1
Nel primo, dichiaratamente ispirato a film quali La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo e L’armata degli eroi
di Jean-Pierre Melville, lo spettatore viene catapultato negli Stati
Uniti sul finire degli anni Venti del XXI secolo quando, a causa della
sottomissione del governo della Casa Bianca agli interessi di carattere
estrattivista di invasori alieni provenienti dall’outer space,
le condizioni di vita di gran parte della popolazione sono nettamente
peggiorate e non resta altro alla maggioranza della stessa che opporsi,
armi alla mano e attraverso l’organizzazione in strutture
politico-militari clandestine, alle scelte devastanti operate in nome
del benessere “collettivo” e della sicurezza nazionale.
Il clima è cupo, l’ambientazione claustrofobica e Chicago la città
prescelta per lo svolgersi di tutti i principali avvenimenti narrati. Le
basi aliene ricordano i tunnel delle grandi opere, i resistenti
bianchi e neri agiscono sapendo che la loro vita non vale più nulla una
volta imboccata la strada della lotta. Agiscono in clandestinità senza
poterlo, naturalmente, rivelare nemmeno alle persone più care. Vivono
come se fossero già morti per poter ridare la vita e la speranza ad una
società schiantata dalla miseria e dalla repressione.
La polizia e la guardia nazionale (servi dei servi dei servi)
controllano le strade rinviandoci alle immagini delle ultime rivolte
americane, al clima di paura dei governi securitari, ai discorsi
infingardi sul benessere collettivo di Trump e di tutti gli altri
governi dell’Occidente e non solo.
La scelta di resistere appare quindi sempre più disperata e isolata, infarcita di tradimenti e di dolore. Eppure, eppure...
Il fumetto di Kot e Zezelj, già apprezzatissimo il primo (originario
della Repubblica Ceca) per il lavoro di sceneggiatura di importanti e
innovative serie della Marvel e importantissimo come illustratore il
secondo2
(di origini croate) per case editrici di comics quali Vertigo, DC
Comics, Dark Horse e Marvel, è però, se possibile, ancora più cupo e
spietato.
Nell’America del 2022, qui la data è precisa, in una società ormai
dilaniata da un conflitto civile che vede contrapporsi, con gli
strumenti del terrore di Stato da un lato e del terrorismo
individualista dall’altro, i suprematisti bianchi e i rappresentanti del
potere politico e dei culti televisivi ai difensori della diversità di
genere e etnia e delle ultime istanze di libertà collettiva e
individuale, non vi è più spazio per l’umanità o per l’amore. L’ultimo,
almeno, deve essere rimosso e allontanato e trasformato in mero
esercizio fisico per il raggiungimento di qualche altro, comunque
indicibile, fine.
La resistenza (ma esistono davvero altri nuclei di
resistenti oltre a quello formato dai protagonisti?) è organizzata a
gruppi di tre. Non si possono conoscere più aderenti, pena il cadere in
tradimenti di vasta e devastante portata. Ancora una volta è il film di
Jean-Pierre Melville (“Tuo marito è al corrente della tua attività?”
“Ovviamente no. E nemmeno i miei figli”) ad essere citato per
l’atmosfera generale che pervade la storia.
Ma i riferimenti storico-politici e culturali vanno dagli Stati Uniti
dell’era Trump al nazismo di Reinhard Heydrich fino alla regista
Kathryn Bigelow, finendo col dare vita ad un mosaico nel quale nulla
sembra essere davvero ciò che afferma di essere e in cui l’unica cosa
che conta davvero per entrambe le parti in lotta è colpire e distruggere
il nemico. Anche attraverso gli affetti famigliari o il simulacro di
amore che resta sul fondo dell’animo degli individui.
Sono infatti, come recita il titolo, i giorni dell’odio e sembra non possa esistere altro all’infuori di esso.
L’editore ha annunciato l’uscita dell’atto secondo per l’autunno di quest’anno.
Se leggerete, come vi consiglio, il primo, non potrete certo lasciarvi sfuggire quello successivo.
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