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04/07/2020

India - Modi, missione lampo sul confine conteso

“L’epoca dell’espansionismo è terminata, viviamo nell’età dello sviluppo. La storia testimonia che le forze dell’espansionismo hanno perso oppure devono far retromarcia”. Questo dice il premier indiano Modi al cospetto dei generali impegnati sul confine conteso con l’esercito cinese, nella regione himalayana del Ladakh. Modi si è recato sul posto e, pur evitando di nominare l’altro gigante asiatico, ha voluto offrire un segnale un po’ distensivo, un po’ ammonitore. Il leader del Bjp, al secondo mandato governativo, non può venir meno al collante della sua politica rappresentato dall’acceso nazionalismo che in queste ore ha subìto un ulteriore smacco internazionale con la decisione della Corte dell’Aja di far giudicare in Italia i marò Latorre e Girone, imbarcati sulla petroliera ‘Enrica Lexie’ e imputati di omicidio di due pescatori indiani. Il sanguinoso episodio, avvenuto nel febbraio 2012, che infiammò la successiva campagna elettorale del partito del premier, passa quasi in second’ordine sulla stampa indiana rispetto alle cogenti questioni attuali. Un governo italiano di centrosinistra (Letta) si battè per aiutare i fucilieri della nostra Marina, utilizzati secondo norme introdotte da governi di centrodestra (Berlusconi) come vigilantes d’una compagnìa navale privata. Nello zelo con cui assolvevano il compito, i due spararono sui pescatori, peraltro sotto costa indiana, (la loro difesa sostiene che le acque fossero internazionali e che non avessero tirato sulle imbarcazioni, ma in mare aperto). Comunque la sentenza dell’Aja prevede un risarcimento dei familiari delle vittime da parte dello Stato italiano, e ciò lenisce lo smacco ricevuto da Delhi.

La questione cinese risulta assai più complessa perché rinfiamma contrasti di vecchia data, che s’ingigantiscono alla luce di piani interni ed esteri delle due mega nazioni. La morte addirittura di 20 militari e il ferimento di altri 76 elementi, è un affronto che le Forze Armate indiane non digeriscono. Nel viaggio-lampo in alta quota Modi ha al fianco il capo di Stato Maggiore, il generale Naravane. Nonostante un abbassamento dei toni polemici sul fronte politico, i due eserciti, nelle due settimane successive alle sanguinose scaramucce, hanno ammassato un gran numero di truppe nell’area della cosiddetta Lac (Attuale linea di controllo). A inasprire le tensioni avevano contribuito entrambi i governi che, in violazione agli accordi, hanno aperto nuove vie d’accesso nell’area (Delhi) e costruito edifici (Pechino). In più la cancellazione dell’articolo 370 della Costituzione indiana che garantiva l’autonomia del Kashmir, ha posto il Ladakh sotto la giurisdizione dell’esecutivo Modi che ha avviato i citati e contestati lavori stradali. Un pronunciamento dell’Assemblea delle Nazioni Unite contesta i comportamenti di ciascuna potenza, ma, come spesso accade, queste iniziative restano lettera morta. Occorrerà capire quanto spazio ogni governo vuol lasciare alla diplomazia, rinunciando ad aver la meglio su tutto, e quanto spingeranno le componenti militari di Pechino e di Delhi, che sempre più si caratterizzano per spirito di corpo, desiderio di protagonismo e misure draconiane.

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