Lo Stato rientra nell’acciaieria ArcelorMittal (ex Ilva) ma lo fa in maniera subalterna, lontano anni luce dalla nazionalizzazione che era stata richiesta in questi anni dai lavoratori dell’ex Ilva.
La mano pubblica entra nella società Am Investco con un aumento di capitale in due tempi: un primo aumento da 400 milioni darà a Invitalia, controllata dal ministero dell’Economia, il 50% dei diritti di voto della società. A maggio del 2022 è programmato, poi, un secondo aumento di capitale, che sarà sottoscritto fino a 680 milioni da parte di Invitalia e “fino” a 70 milioni di parte di Arcelor Mittal (e a casa nostra “fino a” non vuole dire “di 70 milioni”).
In cambio la multinazionale anglofrancese ArcelorMittal porta a casa tutte le sue richieste che comprendono “la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; e l’assenza di misure restrittive, nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata, nei confronti di AM InvestCo". A precisarlo è una nota della stessa ArcelorMittal.
L’accordo raggiunto non piace affatto all’Usb (il secondo sindacato per iscritti all’ex Ilva). “Un governo debole firma un accordo scellerato con il gruppo franco-indiano e investe 400 milioni di euro per lasciare tutto com’è. L’esecutivo nazionale mostra così tutta la sua incapacità di fronte alla grande vertenza, non riuscendo ad incassare alcun risultato di rilievo per la città. Come potrà uno Stato del genere farsi rispettare nella gestione pubblico-privata avviata con questa firma?” commentano in una nota Sasha Colautti coordinatore nazionale industria e Francesco Rizzo avanguardia storica della fabbrica e coordinatore dell’Usb di Taranto.
“Abbiamo sostenuto in tempi non sospetti l’ingresso del pubblico nello stabilimento siderurgico, anche contro chi non era d’accordo e oggi plaude. Noi però intendevamo questo passaggio come una garanzia per il territorio. Soprattutto ci aspettavamo che l’iniezione di risorse pubbliche consentisse di risollevare le sorti della città e quindi potesse rappresentare un aiuto per chi soffre da troppo tempo, andando incontro alle esigenze della comunità in termini di ambiente, salute e occupazione” – precisano i due sindacalisti della Usb – “Certamente la nostra idea non era quella di un intervento del governo per assecondare le richieste di una multinazionale che non ha mai rispettato né il lavoro, né la salute”.
“Quello che sta accadendo è gravissimo, ancor più se si considera che nessuna istanza proveniente dal territorio è stata ascoltata durante questa trattativa: non è stato dato il minimo spazio ai tentativi di dialogo fatti anche dagli enti locali. La firma di questo contratto cosa determina dunque? Che lo Stato darà 400 milioni ad ArcelorMittal, lasciando probabilmente al suo posto un amministratore delegato dall’operato sindacabile; il tutto sulla pelle dei tarantini per l’ennesima volta sacrificati. Se fossero confermate le indiscrezioni circa Lucia Morselli, sarebbe la ciliegina sulla torta e vorrebbe dire che il legame che c’è tra l’ad di Arcelor Mittal e il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha avuto un peso maggiore del grido di dolore di una comunità intera” denunciano Colautti e Rizzo.
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