Il discorso di Vladimir Putin allo Spief a San Pietroburgo, al di là delle inevitabili interpretazioni delle contrapposte propagande, obiettivamente aiuta a capire la portata reale della guerra in corso. E perché, in buona misura, le si attaglia l’aggettivo “storica”.
Un premessa è necessaria. Il nostro giudizio sulla Russia attuale è stato dato decine di volte e i nostri lettori hanno l’imbarazzo della scelta, se vogliono trovare argomenti anti-oligarchi e anti-Putin.
Quindi cerchiamo di fare un’analisi quanto più possibile obiettiva, perché l’opposizione a questa guerra richiede uno sguardo che sia asciutto sugli eventi, e dunque chilometri al di sopra dei bla bla bla della propaganda di regime.
Vediamo prima cosa Putin ha detto, così come riportato da tutte le agenzie di stampa.
“Gli Usa pensano di essere l’unico centro del mondo. Dopo aver rivendicato la vittoria nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si sono dichiarati il messaggero di Dio sulla Terra, che non ha obblighi, ma solo interessi, e questi interessi sono sacrosanti”.
“L’Occidente mina intenzionalmente le fondamenta internazionali in nome delle loro illusioni geopolitiche. Ma l‘era dell’ordine mondiale unipolare è finita, nonostante tutti i tentativi di conservarlo con qualsiasi mezzo“.
Le sanzioni contro la Russia “sono folli e sconsiderate, il loro scopo è schiacciare l’economia della Federazione russa ma non non hanno funzionato“. I paesi che le hanno varate “Hanno già causato con le loro stesse mani seri danni alla propria economia”
L’attuale situazione in Europa “porterà a un’ondata di radicalismo e in prospettiva ad un cambiamento di élite“. Perché “i reali interessi delle persone in Europa sono stati messi da parte”, e l’Europa stessa ha perso “la sua sovranità politica”, vista la nuova subordinazione agli Usa.
Il mondo in questo momento sta vivendo cambiamenti “fondamentali”, un vero e proprio “spartiacque”, perché “si tratta di cambiamenti nella geopolitica, nell’economia globale, nella sfera tecnologica, nell’intero sistema di relazioni internazionali”.
“Non si stanno accorgendo che i centri di potere sono cambiati. E’ sbagliato pensare che si possa, per così dire, pensare che dopo un periodo di cambiamenti turbolenti tutto tornerà alla normalità e sarà come prima. Assolutamente no!”.
Sul piano della “comunicazione”, tanto caro ai nostri media euro-atlantici, sicuramente è un linguaggio brutale, senza giri di parole, senza riferimenti ad “alti valori” o “regole” dal contenuto sfuggente (il “doppio standard” è una regola imperialista, come sappiamo).
È il linguaggio degli interessi messi chiaramente in campo, in contrapposizione con altri interessi, comunque camuffati.
E in effetti è proprio questa pesante rivendicazione di potenza eguale e contraria rispetto alla Nato (Usa più Unione Europea) che permette ad un osservatore esterno di sottrarsi alla melassa ideologica euro-atlantica, ormai un calderone inascoltabile di “buoni sentimenti”, ipocrisia a piene mani, affermazioni apodittiche smentite dalla pratica quotidiana, manipolazioni e fake news.
E quindi permette di osservare la realtà dei rapporti mondiali per quello che sono, senza veli.
In ballo c’è “l’ordine mondiale” nato dalla caduta dell’Unione Sovietica, quello che per 30 anni ha visto gli Stati Uniti imporre le proprie volontà al mondo, ma presentate come “regole” e “difesa della democrazia”, con circonvoluzioni logiche e verbali condensate – una volta per tutte – da slogan come “ingerenza umanitaria”, guerra infinita”, fino all’ossimoro osceno della “guerra umanitaria”.
Come se a Belgrado, Baghdad, Fallujah, Mogadiscio, Tripoli, Kabul e in cento altri luoghi fossero stati lanciati cioccolatini dagli aerei...
In questi trenta anni sono cresciuti altri poteri, spesso grazie alle “delocalizzazioni” programmate dal capitale multinazionale per ridurre al minimo i costi, a partire da quello del lavoro per unità di prodotto, mentre nelle borse occidentali cresceva “l’economia di carta”, la pura speculazione finanziaria.
Sono cresciute altre economie, alcune in modo esplosivo come quella cinese (un mix di pianificazione centralizzata e “iniziativa privata”, fin qui clamorosamente efficiente). Ed è impossibile – diciamo da diversi anni – che nuovi poteri economici restino privi di protagonismo politico.
È del resto questa l’ambizione di fondo che ha motivato la nascita e la strutturazione progressiva dell’Unione Europea, sorpresa a metà del guado da un’accelerazione della crisi mondiale cui non è sufficientemente preparata a rispondere come potenza imperialista concorrenziale. Sul piano militare, in primo luogo, vista la sua dipendenza dalla Nato…
Con il suo linguaggio ruvido Putin prova a farsi faro di un altro “ordine”, multipolare. Sa che questo è un bisogno generalizzato nel mondo al di fuori delle metropoli occidentali. E’ una necessità per la Cina, che da tempo prova a costruire le basi su cui farlo poggiare (dalla “nuova via della seta” alla Banca asiatica di investimento in infrastrutture, ecc). Ma anche per l’India, il Pakistan, l’Africa, l’America Latina, antico “cortile di casa” a disposizione di Washington.
La Russia attuale non ha la forza economica per disegnare questo nuovo ordine, ma ha un arsenale nucleare che ne impedisce la riduzione a comparsa sullo sfondo. E una disponibilità di materie prime senza le quali la manifattura mondiale va in affanno.
Ci sta andando già ora, “grazie” a sanzioni che stanno destabilizzando – l’inflazione crescente è solo uno dei sintomi più evidenti – l’economia occidentale e le catene del valore che vi fanno capo.
E quindi? Quindi c’è da capire come i popoli riusciranno a liberarsi da questa competizione tra imperi, lottando ognuno contro il proprio imperialismo e rifiutando l’ordine di arruolamento al fianco dei propri sfruttatori.
Guardare al mondo com’è è solo il primo passo...
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