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01/10/2022

Il meraviglioso mondo di Elly

di Giovanni Iozzoli

Se si vuole capire perchè la “sinistra” italiana sia stata travolta dalla destra in queste elezioni, Elly Schlein rappresenta una buona cartina di tornasole, soprattutto in vista di una sua imminente candidatura alla guida del PD. Apparentemente Elly è la candidata giusta, per ricoprire l’improbo ruolo: moderna, dinamica, anglosassone a partire dal nome, europeista nell’anima, con una accorata ed esibita sensibilità ambientalista e “di sinistra”. Nell’ultima esternazione che ha reso prima della chiusura delle urne, Elly ha dichiarato: non sono una mamma, vivo con una donna e non mi sento per questo meno donna! Apparentemente un controcanto a Giorgia, la mamma cristiana. Gli slogan servono a quello, restano nell’aria, si piantano nella testa delle platee televisive, racchiudono universi di senso e rimandano al proprio mondo valoriale. Ma ad una lettura più approfondita, qual è il messaggio che voleva lanciare Elly con quelle parole? Io non è che l’abbia proprio capito. Forse che la nuova famiglia arcobaleno è più “moderna”, più in linea con l’Europa, o con la “sinistra”: ma in che senso? Non è che io ce l’abbia con la Schlein, è solo per capire: perchè io, elettore di sinistra, dovrei farmi suggestionare da questa specie di competizione tra “vecchia e nuova famiglia”?

Io ho idea che Elly scenda sullo stesso terreno – che a me non piace – di Giorgia Meloni, cercando di proporre un calco, più civile e progressisticamente potabile, del medesimo immaginario. Giorgia ha usato il suo corpo, il suo essere donna, la sua maternità, per dare un’aura di credibilità alla propria leadership – e questo è molto “de destra”: votate una brava mamma italiana e fidatevi. Ma Elly, in fondo, la mette sullo stesso piano; vuole dire: anche io “tengo famiglia” ma la mia è più moderna della tua e sullo stesso mercato il mio prodotto è più competitivo perchè convivo con una donna! Ma Elly, scusa: ma chi se ne frega? Perché dovresti risultare più convincente o affidabile? Per le tue scelte affettive? Ma saranno bene affari tuoi. A me elettore devi parlare d’altro. Tanto il modello di Giorgia sarà ancora maggioritario, almeno per una altra trentina d’anni. Quindi il controcanto risulta oggettivamente inefficace, anche sul mercato elettorale.

Una volta la destra era molto interessata a quel che succede “dalla cintola in giù”. I gusti sessuali, le frequentazioni e lo stile di vita degli avversari, erano argomenti sui quali si costruivano polemiche furiose e tentativi di egemonia nella società. La vita privata di Pasolini, davanti al suo giganteggiare come intellettuale antifascista, diventò un bersaglio continuo di giornali e campagne scandalistiche della destra. A sinistra si rivendicava la libertà di scelta, ma soprattutto si cercava di riportare il discorso sul terreno sociale e collettivo: del resto un/a omosessuale è prima di tutto un/a cittadino/a e quasi sempre un lavoratore/ice; questa idea fantasiosa che esista un mondo LGBT alieno dai rapporti sociali e dai normali problemi della vita ordinaria, è una convinzione farlocca con cui spesso ci si autoillude, alla continua ricerca di “nuovi soggetti”, nicchie e spazi elettorali. Gli LGBT sono persone comuni che votano come gli pare e difficilmente si fanno inquadrare dentro una categoria sociologica. È per quello che le dame della carità che cercano fortuna nel mondo LGBT – come la Cirinnà – quasi sempre finiscono male.

Oggi i paradigmi sono rovesciati: è la “sinistra” di Elly che sbandiera il corpo, l’affettività e la sessualità, mentre la destra appare assai meno interessata all’argomento e preferisce “buttarla in politica”. Forse perchè Elly non trova sostanzialmente null’altro da mettere sul piatto della bilancia, e si sposta su un terreno meno problematico del reddito o della bolletta energetica? Sembra quasi perseguire l’operazione opposta alla manovra delle destre: scomporre l’elettorato popolare a partire non dalla condizione materiale, ma da gusti e stili di vita. Del resto, se stai nel PD di che vuoi parlare? Le politiche di bilancio sono blindate, Europa, Nato, guerra – tutto è già definito nel famigerato pacchetto Draghi-Letta che gli italiani hanno gentilmente respinto al mittente dentro le urne. Quindi? Meglio puntare tutto sul refrain dei “diritti civili”, che al momento non paiono, francamente, messi in discussione da alcuno (a breve, la sora Georgia avrà ben altre gatte da pelare).

Va bene, probabilmente la pragmatica Elly ha superato il dualismo platonico – e quindi il corpo desiderante, singolare e libero deve occupare il centro dell’agenda politica. Ma bisogna che questi corpi siano nutriti, riscaldati, curati, se diamo loro solo il diritto di rivendicare alterità di genere, alla fine pure loro – i presunti “alteri” – voteranno per la Mamma Cristiana, che magari risulta un pò più consapevole della vita sul pianeta terra. Le nostre bollette nulla raccontano del nostro mondo affettivo: c’è solo un codice cliente.

Ho detto che non ce l’ho con Elly. In realtà non è vero, un pò mi ha fatto incazzare. Qualche tempo addietro, i facchini e gli operai modenesi, inquisiti in centinaia di processi attualmente istruiti presso il Tribunale di Modena, cercarono di coinvolgere la Schlein in una discussione pubblica su libertà sindacale e repressione. Niente di troppo compromettente, un dibattito pubblico in una sala cittadina, insieme ad altri parlamentari. Lei, vicepresidente della Regione Emilia Romagna, aveva capeggiato una lista denominata La Coraggiosa – quindi mica si tirerà indietro, no? Invece, dopo aver cincischiato un po’ con i suoi portavoce-filtri, diede proprio l’impressione di volersi tirare indietro, accampando problematiche e impegni vari. In realtà si può supporre che la Coraggiosa, in virtù del suo ruolo istituzionale, non volesse farsi vedere troppo vicina a questi imbarazzanti operai, inquisiti e dal picchetto facile. La prossima volta si potrebbe tenderle una trappola: inviarle un finto invito per parlare della maternità surrogata o di omogenitorialità, e poi – zanghete! – rinchiuderla dentro la sala pubblica e costringerla a parlare di salari, contratti e processi: che dici, Coraggiosa, sei con noi o con Confindustria? Poi dopo, con calma, direbbe la sua anche sul resto. Dopo.

Immagino che queste argomentazioni suonino farraginose, vecchie, poco in linea con l’agenda pubblica contemporanea – oddio, qua si separano i diritti sociali dai diritti civili! E un po’ vecchie lo sono, lo ammetto. Ma non bisogna dare per risolte e assodate, alcune contraddizioni essenziali, che forse dal chiuso dei Palazzi non si possono cogliere (parafrasando una canzone di Fiorella Mannoia: quello che i compagni non dicono...). Chi si sporca le mani con l’organizzazione materiale dei proletari, in fabbrica o nei quartieri, deve gestire spesso il problema delle “alleanze variabili”: i lavoratori stranieri sono i più generosi e consapevoli nel conflitto, ma anche quelli più allergici ai temi cari alla Schlein. E alcune questioni etiche restano maledettamente aperte: vedi l’utero in affitto, che nessun comunista perbene riterrebbe accettabile. Non esiste una ricetta comoda per uscirne. L’importante è non fingere che i problemi non ci siano.

Sarà la vecchiaia? La crisi? Le delusioni ideologiche? Non lo so. So solo che, come molti altri, comincio a provare una specie di delicata ritrosia o pudore, anzi, quasi fastidio, verso tutto il menù del politicamente corretto – sempre calato dall’alto, formattato dalla serialità televisiva, non mediabile, non spacchettabile, da assumere in toto – che ci stanno mettendo sotto al muso per ingozzarci di malavoglia, come l’olio di fegato di merluzzo che si dava ai bimbi. Non ce la faccio più. E so che questo scetticismo rischia di mischiare il bambino dei diritti e delle libertà, con l’acqua sporca dell’american way of life che vogliono farmi digerire. Perchè di stili di vita si parla, oltre che di diritti. Cioè di modelli ideologici. E mentre il vecchio vessillo del Dio-Patria-Famiglia (a cui non credono più neanche i suoi sbandieratori pubblici) sembra decisamente fuori mercato, l’estremismo dell’individualismo liberale mi pare oggettivamente più in linea con le esigenze del capitalismo contemporaneo. Da questo punto di vista, la “modernità” di certe scelte di vita coincide con la forma moderna degli assetti sociali. E questo non è bene e non è male, ma è meglio dircelo, per individuare le tendenze – ciò che sta decantando e ciò che si sviluppa, e come collocarci dentro questo groviglio di contraddizioni irrisolte.

L’impressione è che negli ultimi anni il personale, si è spettacolarizzato, è diventato discorso egemone e s’è mangiato il politico, fino ad eclissarlo. Sottraiamoci ai diktat di una discussione pre-impostata, che spesso sembra più calata dall’alto che espressa da bisogni diffusi. Ricominciamo a dare centralità alla dimensione collettiva, di massa e spieghiamo come secondo noi dovrebbe funzionare la società: a prescindere da chi sposa chi (come direbbe qualche mio amico facchino, con la brutale saggezza della gente semplice).

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