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10/12/2023

Gaza - Alto numero di perdite israeliane. Usa e Israele isolate all’Onu

Fonti israeliane, citate dalla tv Kan, prevedono che la guerra dentro Gaza possa andare avanti per “due mesi”. Le stesse fonti hanno aggiunto che dopo questo periodo non ci sarà alcun cessate il fuoco, ma operazioni localizzate condotte da forze militari che resteranno in prossimità della Striscia. Canale 13, citando fonti diplomatiche non specificate, ha riferito di una telefonata nel fine settimana tra il presidente americano Joe Biden e il primo ministro Benyamin Netanyahu nella quale quest’ultimo ha detto che le operazioni a Khan Yunis, nel sud della Striscia, potranno proseguire “per 3-4 settimane”.

Le perdite tra i militari israeliani si fanno pesanti

L’occupazione israeliana di Gaza non è a costo zero. L’esercito israeliano ha annunciato la morte di altri cinque soldati, uno per le ferite riportate il 7 ottobre e quattro uccisi durante i combattimenti nel sud della Striscia di Gaza durante il fine settimana.

Il bilancio dei soldati uccisi durante l’offensiva di terra a Gaza è salito a 97. Tra le nuove morti c’è anche il nipote dell’ex capo di stato maggiore dell’IDF e attuale ministro osservatore del gabinetto di guerra Gadi Eisenkot, il quale in questa operazione ha perso anche il figlio solo pochi giorni fa.

L’aumento dei soldati israeliani feriti

Nei bollettini militari israeliani vengono comunicati i soldati morti nei feroci combattimenti tra le macerie di Gaza. Ma la cifra che non viene pubblicata tutti i giorni è il numero o le condizioni dei militari feriti.

Un servizio dell’agenzia stampa israeliana Ynet news, si è incaricato di andare a indagare la situazione dei feriti. E qui i dati, quantitativamente e qualitativamente, sono decisamente più pesanti di quanto abbiano lasciato credere le autorità militari e politiche israeliane. “Ogni giorno, circa 60 nuovi feriti vengono ricoverati solo dalla Divisione di Riabilitazione, che accompagna i feriti delle forze di sicurezza e di riserva, esclusi i feriti dell’esercito regolare. I numeri cumulativi dal 7 ottobre sono astronomici: più di 2.000 soldati, agenti di polizia e altri membri delle forze di sicurezza sono stati ufficialmente riconosciuti come soldati disabili dell’IDF e in carico aal Ministero della Difesa”, scrive l’agenzia Ynet news.

Nell’inchiesta è stata intervistata una responsabile della Divisione Riabilitazione del Ministero della Difesa israeliano, a sua volta rimasta invalida per le ferite riportate in guerra negli anni ‘90.

“Non abbiamo mai vissuto nulla di simile”, spiega Limor Luria, capo della Divisione Riabilitazione del Ministero della Difesa, “Più del 58% dei feriti che riceviamo sono con gravi lesioni alle braccia e alle gambe, comprese quelle che richiedono amputazioni. Circa il 12% sono lesioni interne: milza, reni, lacerazione degli organi interni. Ci sono anche lesioni alla testa e agli occhi, e circa il 7% sono malati di mente, un numero che sappiamo salterà all’impazzata, sia perché si presume che ogni persona ferita nel corpo sia anche mentalmente ferita, sia perché le lesioni mentali vengono sempre scoperte mesi o più dopo la guerra”.

Anche il presidente dell’Organizzazione Disabili dell’IDF, l’avvocato Idan Kaliman, dipinge un quadro simile: “Lo Stato di Israele sta entrando in un evento senza precedenti a livello globale, e questo prima ancora che abbiamo parlato dei civili che sono considerati vittime delle ostilità. C’è un’enorme massa di feriti qui, anche prima dell’ondata di post-trauma che ci travolgerà tra un anno o giù di lì”.

All’Onu gli Stati Uniti e Israele sono praticamente isolati

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è “paralizzato” dalle divisioni geopolitiche e “la sua credibilità è stata minata dall’incapacità di approvare una risoluzione che sollecitasse il cessate il fuoco” nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato oggi il segretario generale Onu, Antonio Guterres, intervenendo al Forum di Doha 2023, in corso nella capitale qatariota fino a domani, 11 dicembre

Gli Stati Uniti si sono trovati praticamente isolati ponendo il veto ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che chiedeva un “cessate il fuoco immediato”. Gli altri 13 membri del Consiglio hanno sostenuto la risoluzione, mentre solo il Regno Unito si è astenuto.

I paesi che hanno votato a favore della risoluzione sono stati rispettivamente: Albania, Brasile, Ecuador, Gabon, Ghana, Giappone, Malta, Mozambico, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, più tre di membri permamenti del Consiglio di Sicurezza: Cina, Russia, Francia.

Mercoledì, il Segretario Generale dell’Onu Guterres, aveva invocato l’Articolo 99 della Carta Onu per convocare una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza sul cessate il fuoco, attirandosi nuovamente l’ira di Israele.

La risoluzione, era stata presentata dagli Emirati Arabi Uniti ma è stata appoggiata da ben 97 Paesi e chiedeva un cessate il fuoco immediato come anche il rilascio di tutti gli ostaggi.

Per il vice rappresentante Usa all’Onu, Robert Wood, il testo però non denunciava a sufficienza le azioni di Hamas. Il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, che era tornato ad attaccare il Segretario Generale dell’Onu, ha ovviamente ringraziato Washington per aver bloccato la risoluzione ponendo il veto e spiegato che un cessate il fuoco “potrebbe impedire il crollo dell’organizzazione terroristica Hamas, che sta commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità e le permetterebbe di continuare a governare la Striscia di Gaza”.

Le reazioni alla scelta statunitense di dire no al cessate il fuoco a Gaza e sostenere ancora una volta Israele, inclusi i suoi crimini di guerra, non sono mancate.

“Qual è il messaggio che stiamo inviando ai palestinesi se non riusciamo a unirci dietro un appello per fermare l’incessante bombardamento di Gaza?” ha chiesto il vice ambasciatore all’Onu degli Emirati Arabi Uniti Mohamed Abushaha dopo il voto. “In effetti, qual è il messaggio che stiamo inviando ai civili di tutto il mondo che potrebbero trovarsi in situazioni simili?”

Le Monde ricorda come “L’ombrello americano su Israele al Consiglio di Sicurezza, per risparmiargli la condanna, è una tradizione di lunga data. Il voto di venerdì è stato il 35° veto americano dal 1970”.

Libano. Raffica di missili Hezbollah lungo tutto la giornata

Secondo quanto riferito dalla televisione Al Manar, Hezbollah ha continuato sabato a colpire i vari siti israeliani al confine con il Libano, infliggendo pesanti perdite al nemico. Non vengono però forniti dati precisi su questo. Fonti israeliane confermano che ci sarebbero tre soldati israeliani feriti.

“I combattenti della Resistenza islamica hanno preso di mira, alle 12:15 di oggi (sabato), un raduno di soldati dell’esercito di occupazione nelle vicinanze del sito di Al-Mutela con armi appropriate, causando colpi diretti” hanno detto i media militari di Hezbollah in una prima dichiarazione.

Una seconda dichiarazione indicava che i combattenti della Resistenza islamica avevano preso di mira, alle 14:55 di sabato 9 dicembre 2023, un raduno di soldati nemici nelle vicinanze del sito di Ramya con armi appropriate, ottenendo colpi diretti. Secondo quanto dichiarato, i combattenti della Resistenza islamica hanno preso di mira, sempre alle 14:55 di sabato 9 dicembre il sito di Al-Samaqa nelle fattorie libanesi occupate di Shebaa. Hanno anche preso di mira il dispiegamento di soldati nemici nelle sue vicinanze con missili. Preso di mira, alle 15:30 anche una concentrazione militare israeliana a Ruweisat Al-Assi. Nel pomeriggio di sabato è stato preso di mira con i missili il quartier generale della 91a divisione nella caserma Branit.

Secondo quanto riporta il Times of Israel, Hezbollah ha ammesso che uno dei tre membri uccisi venerdì in un attacco di droni israeliani in Siria era Hassan Ali Dakdouk, il figlio di Ali Mussa Dakdouk, ritenuto responsabile delle operazioni dell’organizzazione nel sud della Siria. Le forze israeliane hanno effettuato vari attacchi nel sud del Libano, prendendo di mira i siti di Hezbollah e centri di comando.

In Iraq e Siria undici attacchi a strutture statunitensi in 24 ore

La Resistenza islamica in Iraq ha rilasciato ieri una dichiarazione per rivendicare 11 attacchi contro le basi statunitensi in Iraq e Siria nelle ultime 24 ore. “In risposta ai crimini del nemico commessi contro il nostro popolo a Gaza, la Resistenza Islamica in Iraq ha preso di mira le basi di occupazione statunitensi in Iraq e Siria in undici operazioni ieri. Li ha martellati con dozzine di razzi e droni, colpendo direttamente i suoi obiettivi, si legge nella dichiarazione” afferma in un comunicato annunciando la continuazione delle sue operazioni.

Fonte

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