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19/03/2012

Autostrada Tirrenica: Bargone, Conti e gli inciuci del PD

Il mondo alla rovescia: ci tocca leggere sul Tirreno che Antonio Bargone, presidente della SAT, fa la voce grossa e recita la parte del manager efficientissimo bloccato da mille pastoie burocratiche, dalla sindrome NIMBY e dalle cervellotiche pretese dei cittadini che non vogliono pagare il pedaggio. Un “format” molto di moda di questi tempi, che ha come presupposto una stampa compiacente e soprattutto quella terribile assenza di memoria che è uno dei peggiori limiti di questo Paese.
Alcuni mesi fa sulla nostra edizione cartacea, in un articolo intitolato “Autostrade PD S.p.A.”, parlavamo appunto della carriera di Antonio Bargone e di come l’affare Tirrenica sia un groviglio di incredibili conflitti d’interesse che ruotano intorno all’ala dalemiana del PD e vedono coinvolti politici, istituti bancari, imprese di costruzione bipartisan (più o meno le solite di sempre). Una specie di TAV in salsa toscana. Ripercorriamo i punti fondamentali di questa storia, partendo proprio dal “manager” Bargone.
Antonio Bargone, avvocato brindisino 65enne, eletto deputato nel 1987, viene descritto come “il plenipotenziario di D’Alema” nel Salento (1). È lui che si fa promotore della cosiddetta “cena del risotto”, nella quale D’Alema e Di Pietro concordano la scesa in campo dell’ex magistrato. Di Pietro viene eletto nel collego blindato del Mugello e diventa Ministro dei Lavori Pubblici del governo di centrosinistra guidato da Prodi (1996). Antonio Bargone viene premiato con la carica di sottosegretario.
Nel frattempo la SAT (Società Autostrada Tirrenica) è alla canna del gas. Creata nel 1969 per costruire l’autostrada Livorno-Civitavecchia, è ancora una società totalmente pubblica (gruppo ANAS). Ma nel 1976 il progetto viene accantonato perché si ritiene che le grandi opere di questo tipo avrebbero portato alla bancarotta lo Stato, poi nel ’90 arriva un’altra bocciatura, stavolta per motivi ambientali. Alla SAT rimane quindi solo la gestione del tratto Collesalvetti- Rosignano, costruito negli anni ’80, ma nonostante il pedaggio esoso la SAT non riesca a far quadrare i conti e sta per dichiarare fallimento.
Fatto sta che il governo Prodi, di cui Bargone è sottosegretario, decide di rimborsare alla SAT 172 miliardi e mezzo per la costruzione della Collesalvetti-Rosignano. Il resto dell’autostrada rimane  congelato. Dopodiché le autostrade vengono privatizzate (sempre dal centrosinistra) e la SAT passa sotto il controllo del gruppo Benetton.
Alle elezioni del 2001 Bargone viene trombato, ma lo soccorre benevolmente l’assessore alle infrastrutture della Regione Toscana, Riccardo Conti (anche lui dalemiano), che gli affida un incarico di consulenza. Quasi contemporaneamente Bargone entra anche nel consiglio d’amministrazione della SAT, di cui diventerà presidente nel 2003.
Il governo Berlusconi (il cui Ministro delle Infrastrutture è Lunardi che come ingegnere aveva collaborato al progetto iniziale della Tirrenica) restituisce alla SAT la possibilità di costruire l’intera autostrada. Ma il colpo di scena più clamoroso avviene nel 2009, quando il governo Berlusconi nomina  Bargone commissario per l’autostrada tirrenica con l’incarico di vigilare sulla SAT, società che presiede. Bargone in veste di commissario di se stesso costa alla pubblica amministrazione quasi  300.000 euro l’anno (2) (vedi tabella).

compensi_bargone
La risposta di Bargone quando qualcuno gli contesta questo gigantesco conflitto d’interessi è disarmante: “Concessionaria e commissario non hanno interessi in conflitto, ma convergenti, cioè realizzare l’opera”. Appunto!
Il 14 maggio scorso Autostrade per l’Italia (cioè Benetton) vende il 70% delle quote SAT. A chi? Ce lo dice Repubblica: “Banca Monte Paschi, Holcoa, Vianco (Vianini lavori del gruppo Caltagirone, il cui patron è a sua volta socio di Mps). Holcoa è una società della Lega delle Cooperative, di cui fa parte anche l’Unipol (ve la ricorderete nella famosa intercettazione di  Fassino “abbiamo una banca!”). Sono le stesse cooperative implicate nell’affare TAV, e non solo in quello. La mitica CMC di Ravenna, di cui secondo Marco Travaglio il segretario PD Bersani è stato amministratore, ha le mani in pasta nelle basi americane di Sigonella e Vicenza, e si era infilata perfino nel Ponte sullo Stretto di Messina.
“Le coop e la Vianini” scrive Il Fatto Quotidiano “potranno così spartirsi un portafoglio di lavori tra un miliardo e un miliardo e mezzo di euro, secondo le stime. Il Monte dei Paschi si è messo in pole position per gestire il flusso di finanziamenti dell’operazione, che gli garantirà commissioni per diversi milioni”.
Qual è il senso dell’operazione secondo Repubblica? “Arrivano la finanza e i costruttori “rossi” a spingere la realizzazione della Tirrenica. Lo fanno entrando massicciamente nel capitale di SAT (...) incagliata in opposizioni municipali e ambientaliste, pastoie e problemi finanziari che la nuova compagine, tra l’altro più vicina al territorio e alla politica locale, sembra poter almeno in parte risolvere”.
Quindi Repubblica, notoriamente vicina al PD, scrive candidamente che l’acquisto della SAT da parte di imprenditori legati al centro sinistra appianerà ogni opposizione delle amministrazioni locali  di centro sinistra alla realizzazione dell’Autostrada Tirrenica. Alla faccia dell’autonomia della politica!
Intanto Conti, come scrivevamo nel nostro articolo per il cartaceo, dopo le regionali 2010 non è più assessore, ma non sta con le mani in mano: è coordinatore nazionale del PD per le infrastrutture, e quindici giorni dopo aver lasciato l’incarico è già entrato nel consiglio di amministrazione del Fondo Italiano per le Infrastrutture, noto anche con la sigla “F2i”.
Si tratta di una finanziaria che investe i risparmi in azioni di società attive nei settori di porti, aeroporti, autostrade, interporti, ferrovie, reti di elettricità, gas e acqua, sanità, servizi pubblici locali e infrastrutture sociali ecc.”.
Gli affari vanno a gonfie vele: nel 2009 F2i aveva assicurato un rendimento del 15% sul capitale versato. F2i ha quote anche in Iren, socio di maggioranza dell’Asa e implicata nell’affare offshore. In poche parole il responsabile nazionale del PD per le infrastrutture, e assessore regionale “al ramo” per dieci anni, dirige una finanziaria che investe sulle infrastrutture. Chi ha indicato Conti come consigliere di amministrazione di F2i ce lo dice lui stesso “La Fondazione Monte dei Paschi”.
Detto così en passant, il commissario fiorentino all’ambiente del Comune di Livorno, Grassi, è stato definito dal Tirreno uomo dell’entourage di Conti, e se così è non ci stupisce che sia venuto qui con il dichiarato intento di scontrarsi frontalmente con i comitati ambientalisti e garantire la “libertà d’impresa”. Finora non è stato molto fortunato, visto che la discarica del Limoncino è stata sequestrata e l’unica libertà d’impresa che è riuscito a garantire è quella della compagnia Grimaldi alla quale non ha saputo imporre un piano di recupero efficiente e tempestivo dei bidoni persi in mare. Ma stiamo divagando...
Proprio in questi giorni, è uscita la notizia che Conti è indagato per una storiaccia di 29 milioni di soldi pubblici finiti in una “bretella” mai costruita dalle parti di Prato.
antonio_bargoneAbbiamo quindi voluto ripercorrere questa storia sia a seguito delle esternazioni del “manager” Bargone (nella foto qui accanto), sia in occasione dell’indagine che riguarda Conti, ma anche per sottolineare come i protagonisti degli affari sulle infrastrutture sono in fondo sempre gli stessi. Politici, imprenditori e gruppi mediatici. E il meccanismo è sempre lo stesso. Si fanno grandi opere inutili che prosciugano le casse pubbliche e arricchiscono gli amici degli amici, e si devasta il territorio senza tener conto dell’opposizione dei cittadini. I media (spesso controllati dagli stessi gruppi imprendoriali (vedi Ligresti con la RCS editrice del Corriere della Sera) sottolineano la necessità delle infrastrutture, sparano panzane sulla crescita e agitano il ricatto occupazionale.
È un modello ormai generalizzato nella cosiddetta Seconda Repubblica. Oggi qualcuno comincia a acandalizzarsi (o finge di scandalizzarsi) di fronte all'epidemia di scandali che sono usciti, ma la soluzione non può essere affidata alla magistratura. Che la devastazione del territorio venga attuata con tutti i crismi di un bel piano regolatore o con l'ausilio di qualche bustarella, sempre devastazione resta e dovranno essere i cittadini a liberarsi di questi predatori. La Val Susa insegna.

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