Alcuni mesi
fa sulla nostra edizione cartacea, in un articolo intitolato “Autostrade
PD S.p.A.”, parlavamo appunto della carriera di Antonio Bargone e di
come l’affare Tirrenica sia un groviglio di incredibili conflitti
d’interesse che ruotano intorno all’ala dalemiana del PD e vedono
coinvolti politici, istituti bancari, imprese di costruzione bipartisan
(più o meno le solite di sempre). Una specie di TAV in salsa toscana.
Ripercorriamo i punti fondamentali di questa storia, partendo proprio
dal “manager” Bargone.
Antonio
Bargone, avvocato brindisino 65enne, eletto deputato nel 1987, viene
descritto come “il plenipotenziario di D’Alema” nel Salento (1). È lui
che si fa promotore della cosiddetta “cena del risotto”, nella quale
D’Alema e Di Pietro concordano la scesa in campo dell’ex magistrato. Di
Pietro viene eletto nel collego blindato del Mugello e diventa Ministro
dei Lavori Pubblici del governo di centrosinistra guidato da Prodi
(1996). Antonio Bargone viene premiato con la carica di sottosegretario.
Nel
frattempo la SAT (Società Autostrada Tirrenica) è alla canna del gas.
Creata nel 1969 per costruire l’autostrada Livorno-Civitavecchia, è
ancora una società totalmente pubblica (gruppo ANAS). Ma nel 1976 il
progetto viene accantonato perché si ritiene che le grandi opere di
questo tipo avrebbero portato alla bancarotta lo Stato, poi nel ’90
arriva un’altra bocciatura, stavolta per motivi ambientali. Alla SAT
rimane quindi solo la gestione del tratto Collesalvetti- Rosignano,
costruito negli anni ’80, ma nonostante il pedaggio esoso la SAT non
riesca a far quadrare i conti e sta per dichiarare fallimento.
Fatto
sta che il governo Prodi, di cui Bargone è sottosegretario, decide di
rimborsare alla SAT 172 miliardi e mezzo per la costruzione della
Collesalvetti-Rosignano. Il resto dell’autostrada rimane congelato.
Dopodiché le autostrade vengono privatizzate (sempre dal centrosinistra)
e la SAT passa sotto il controllo del gruppo Benetton.
Alle
elezioni del 2001 Bargone viene trombato, ma lo soccorre benevolmente
l’assessore alle infrastrutture della Regione Toscana, Riccardo Conti
(anche lui dalemiano), che gli affida un incarico di consulenza. Quasi
contemporaneamente Bargone entra anche nel consiglio d’amministrazione
della SAT, di cui diventerà presidente nel 2003.
Il
governo Berlusconi (il cui Ministro delle Infrastrutture è Lunardi che
come ingegnere aveva collaborato al progetto iniziale della Tirrenica)
restituisce alla SAT la possibilità di costruire l’intera autostrada. Ma
il colpo di scena più clamoroso avviene nel 2009, quando il governo
Berlusconi nomina Bargone commissario per l’autostrada tirrenica con
l’incarico di vigilare sulla SAT, società che presiede. Bargone in veste
di commissario di se stesso costa alla pubblica amministrazione quasi
300.000 euro l’anno (2) (vedi tabella).
La risposta di Bargone quando qualcuno gli contesta questo gigantesco conflitto d’interessi è disarmante: “Concessionaria e commissario non hanno interessi in conflitto, ma convergenti, cioè realizzare l’opera”. Appunto!
Il 14 maggio scorso
Autostrade per l’Italia (cioè Benetton) vende il 70% delle quote SAT. A
chi? Ce lo dice Repubblica: “Banca Monte Paschi, Holcoa, Vianco (Vianini
lavori del gruppo Caltagirone, il cui patron è a sua volta socio di
Mps). Holcoa è una società della Lega delle Cooperative, di cui fa parte
anche l’Unipol (ve la ricorderete nella famosa intercettazione di
Fassino “abbiamo una banca!”). Sono le stesse cooperative implicate
nell’affare TAV, e non solo in quello. La mitica CMC di Ravenna, di cui
secondo Marco Travaglio il segretario PD Bersani è stato amministratore,
ha le mani in pasta nelle basi americane di Sigonella e Vicenza, e si
era infilata perfino nel Ponte sullo Stretto di Messina.
“Le
coop e la Vianini” scrive Il Fatto Quotidiano “potranno così spartirsi
un portafoglio di lavori tra un miliardo e un miliardo e mezzo di euro,
secondo le stime. Il Monte dei Paschi si è messo in pole position per
gestire il flusso di finanziamenti dell’operazione, che gli garantirà
commissioni per diversi milioni”.
Qual
è il senso dell’operazione secondo Repubblica? “Arrivano la finanza e i
costruttori “rossi” a spingere la realizzazione della Tirrenica. Lo
fanno entrando massicciamente nel capitale di SAT (...) incagliata in
opposizioni municipali e ambientaliste, pastoie e problemi finanziari
che la nuova compagine, tra l’altro più vicina al territorio e alla
politica locale, sembra poter almeno in parte risolvere”.
Quindi
Repubblica, notoriamente vicina al PD, scrive candidamente che
l’acquisto della SAT da parte di imprenditori legati al centro sinistra
appianerà ogni opposizione delle amministrazioni locali di centro
sinistra alla realizzazione dell’Autostrada Tirrenica. Alla faccia
dell’autonomia della politica!
Intanto
Conti, come scrivevamo nel nostro articolo per il cartaceo, dopo le
regionali 2010 non è più assessore, ma non sta con le mani in mano: è
coordinatore nazionale del PD per le infrastrutture, e quindici giorni
dopo aver lasciato l’incarico è già entrato nel consiglio di
amministrazione del Fondo Italiano per le Infrastrutture, noto anche con
la sigla “F2i”.
Si tratta di una
finanziaria che investe i risparmi in azioni di società attive nei
settori di porti, aeroporti, autostrade, interporti, ferrovie, reti di
elettricità, gas e acqua, sanità, servizi pubblici locali e
infrastrutture sociali ecc.”.
Gli
affari vanno a gonfie vele: nel 2009 F2i aveva assicurato un rendimento
del 15% sul capitale versato. F2i ha quote anche in Iren, socio di
maggioranza dell’Asa e implicata nell’affare offshore. In poche parole
il responsabile nazionale del PD per le infrastrutture, e assessore
regionale “al ramo” per dieci anni, dirige una finanziaria che investe
sulle infrastrutture. Chi ha indicato Conti come consigliere di
amministrazione di F2i ce lo dice lui stesso “La Fondazione Monte dei
Paschi”.
Detto così en passant,
il commissario fiorentino all’ambiente del Comune di Livorno, Grassi, è
stato definito dal Tirreno uomo dell’entourage di Conti, e se così è
non ci stupisce che sia venuto qui con il dichiarato intento di
scontrarsi frontalmente con i comitati ambientalisti e garantire la
“libertà d’impresa”. Finora non è stato molto fortunato, visto che la
discarica del Limoncino è stata sequestrata e l’unica libertà d’impresa
che è riuscito a garantire è quella della compagnia Grimaldi alla quale
non ha saputo imporre un piano di recupero efficiente e tempestivo dei
bidoni persi in mare. Ma stiamo divagando...
Proprio
in questi giorni, è uscita la notizia che Conti è indagato per una
storiaccia di 29 milioni di soldi pubblici finiti in una “bretella” mai
costruita dalle parti di Prato.
Abbiamo
quindi voluto ripercorrere questa storia sia a seguito delle
esternazioni del “manager” Bargone (nella foto qui accanto), sia in
occasione dell’indagine che riguarda Conti, ma anche per sottolineare
come i protagonisti degli affari sulle infrastrutture sono in fondo
sempre gli stessi. Politici, imprenditori e gruppi mediatici. E il
meccanismo è sempre lo stesso. Si fanno grandi opere inutili che
prosciugano le casse pubbliche e arricchiscono gli amici degli amici, e
si devasta il territorio senza tener conto dell’opposizione dei
cittadini. I media (spesso controllati dagli stessi gruppi imprendoriali
(vedi Ligresti con la RCS editrice del Corriere della Sera)
sottolineano la necessità delle infrastrutture, sparano panzane sulla
crescita e agitano il ricatto occupazionale.
È
un modello ormai generalizzato nella cosiddetta Seconda Repubblica.
Oggi qualcuno comincia a acandalizzarsi (o finge di scandalizzarsi) di
fronte all'epidemia di scandali che sono usciti, ma la soluzione non può
essere affidata alla magistratura. Che la devastazione del territorio
venga attuata con tutti i crismi di un bel piano regolatore o con
l'ausilio di qualche bustarella, sempre devastazione resta e dovranno
essere i cittadini a liberarsi di questi predatori. La Val Susa insegna.
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