I familiari delle vittime della strage di Ustica, per il momento,
non saranno risarciti. Nel settembre scorso, il Tribunale civile di
Palermo aveva condannato i Ministeri dei Trasporti e della Difesa a
riconoscere di non essere stati in grado di garantire la sicurezza sui
nostri cieli, risarcendo i parenti delle vittime della strage con oltre
cento milioni di euro. In febbraio, l’avvocatura dello Stato aveva
chiesto la sospensione del provvedimento, e la notizia di oggi è che la
Corte di Appello di Palermo ha accolto quella richiesta. Sospensione,
dunque. Fino a quando? Fino ad aprile 2015, data cui è stato rinviato il
processo.
Come interpretare la decisione della Corte di Appello di Palermo? Facciamo un passo indietro. Anzi, trentadue passi indietro.
Ustica,
27 giugno 1980. Un aereo di linea in volo da Bologna a Palermo esplode
in aria. Ottantuno morti, nessun sopravvissuto. Per anni non se ne
parla. Incidente? Attentato? Sono tante le ipotesi che vengono fatte.
Missile? Sembra incredibile. Chi dovrebbe sparare un missile contro un
aereo civile in tempo di pace? Eppure dalle registrazioni radar sembra
sia andata proprio così. Si vede un caccia, in manovra di attacco. E poi
c’è quel Mig 23 dell’aviazione libica precipitato misteriosamente sui
monti della Sila, con fori di proiettile sulla carcassa. Di cui anni
dopo Giovanni Spadolini dirà: «Scoprite la verità sul Mig libico e
avrete trovato la chiave per la strage di Ustica». Poi ci furono gli
insabbiamenti, i depistaggi, decine di morti sospette. Qualcuno non
voleva che la verità venisse svelata. Ma è difficile tenere nascosta una
battaglia aerea. E nel 1997 la magistratura riuscirà a ottenere dalla
Nato un documento (http://www.stragi80.it/documenti/ricostruzioni/nato_97.pdf)
che conferma: in volo, quella sera, intorno al DC-9 dell’Itavia c’erano
diversi aerei militari. Ma come? La Difesa l’aveva sempre negato.
Eppure.
Eppure. Un avverbio esemplificativo della storia di
Ustica. C’erano aerei militari in volo quella sera, eppure la nostra
Aeronautica ci aveva rassicurato sulla totale assenza di “attività
volativa”, come dicono loro. C’era la guerra, quella sera, sui nostri
cieli. Eppure, eravamo in tempo di pace. C’era qualcuno che avrebbe
dovuto garantire la sicurezza di un volo civile, con undici bambini a
bordo. Eppure quel qualcuno, lo Stato, non vuole assumersi questa
responsabilità. Ci sono paesi stranieri che dovrebbero rispondere alle
rogatorie della nostra magistratura, che chiede di conoscere le
nazionalità degli aerei militari in volo quella sera. Eppure non lo
fanno. Né il nostro governo, tanto solerte nel chiedere di sospendere il
risarcimento per le famiglie private di giustizia, si premura di
sollecitare i governi dei paesi amici. Potrebbe farlo, anche se è un
governo tecnico. Eppure, non lo fa.
Ustica è una verità ancora
troppo scomoda. La decisione della Corte di Appello di Palermo lo
conferma. Come ha commentato Daria Bonfietti, presidente
dell’Associazione dei parenti delle vittime, questa sentenza denota le persistenti
difficoltà nel prendere atto della verità su questa tragica vicenda.
“Se si prendesse atto del fatto un aereo civile è stato abbattuto
all’interno di un episodio di guerra aerea – sottolinea l’ex senatrice
del Pd – inevitabilmente si prenderebbe atto anche delle responsabilità
in capo ai Ministeri, e quindi di uomini dell’apparato dello Stato,
nell’aver impedito per 32 anni l’accertamento della verità”.
Se
non sono bastati 32 anni, quanto tempo ancora dovremo attendere prima
che lo Stato italiano riconosca le proprie responsabilità? Oggi, ne
abbiamo la conferma, non è ancora il tempo. Nel 2015 chissà.
Fonte.
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