Ieri si è suicidato l'ennesimo imprenditore - sono oltre 40 dall'inizio dell'anno - stretto fra le formidabili tenaglie del credit crunch
e impossibilitato a far fronte ai debiti. Per loro, la politica non ha
orecchie. Le loro richieste giacciono inascoltate sugli scaffali
polverosi dei ministeri. Ma se il Presidente dell'Abi reclama il
risanamento di una norma che (normalizzando le banche italiane rispetto a
quelle del resto del mondo) azzera le commissioni sui conti corrente
provocando al sistema bancario 10 miliardi di perdite, allora i politici saltano in piedi tra i banconi delle aule alla disperata ricerca di una soluzione. E la soluzione arriva immediatamente.
Secondo Morgan Stanley, sommando l’asta di dicembre a quella del 29 febbraio, la BCE ha dato a Intesa 36 miliardi di euro, 24 a Unicredit, 15 a Monte dei Paschi, 10 e mezzo a Ubi banca e 7 al Banco Popolare. Soldi buoni, avuti a un tasso privilegiato dell'1%
anche per rilanciare l'economia, da restituire in tre anni. Le imprese
non hanno visto niente. Perchè? Secondo la spiegazione comune, con quei
soldi le banche hanno comprato titoli di stato italiani. Per abbassare
lo spread. Per farci un piacere, insomma.
Ma cos'è questo spread? E' un differenziale che esprime confidenza:
ovvero la fiducia che gli investitori hanno nel fatto che i titoli
italiani a dieci anni, raffrontati a quelli analoghi tedeschi, finiscano
per ripagare il loro valore più gli interessi. La misura di questa
fiducia arriva dall'osservazione di come questi titoli vengano scambiati
sul mercato secondario. Se vengono acquistati, significa che c'è
fiducia e lo spread scende. Se vengono venduti, significa che c'è diffidenza e lo spread sale. Capite da soli che acquistare artificialmente titoli di stato, con soldi fabbricati ad hoc dalla BCE, è un'operazione che non può in alcun modo influire sullo spread,
perché è evidente a chiunque che tale acquisto ingente non deriva da
nessuna nuova confidenza acquisita, bensì da una speculazione in atto
per tamponare un'emorragia. Anzi, si può ribaltare il discorso: più le
banche acquistano titoli di stato in quantità massicce, su indicazioni
della Banca Centrale Europea (e con i suoi soldi), più quel titolo di
stato è debole e dunque non rappresenta un buon investimento. Perché
dunque non disfarsene?
Inoltre, se è vero che le banche acquistano titoli di stato italiani
per salvare la nostra economia, allora perchè, pur avendo ricevuto i
soldi ad un tasso di interesse dell'1%, ce li rivendono (acquistando i nostri titoli) ad un tasso medio del 4,8%? Se
quei soldi sono stati "fabbricati" per acquistare i nostri titoli di
stato, e se la BCE non può acquistare titoli di stato per regolamento
interno e per questo li presta alle banche, allora perché queste banche
non comprano i titoli italiani, perlomeno quelli fino a 3 anni, ad un
tasso nominale e simbolico dell'1%? Caricando il 4% di interessi, le
banche non salvano proprio nessuno, se non se stesse, perché non fanno
altro che indebitare ulteriormente il popolo e ricapitalizzarsi sulle
nostre spalle.
Le banche fabbricano quattrini (la chiamano "immissione di liquidità")
per consentire ad altre banche di fare soldi e generare dividendi. La
questione non è ininfluente, perché è proprio a causa di quegli
interessi maturati che oggi i pensionati, i lavoratori, i cittadini
insomma, sono costretti a vendere le case, chiudere le loro imprese e -
alcuni di loro - perfino a scegliere la strada del suicidio.
Fino a quando non ci renderemo conto che questo meccanismo perverso è
sbagliato e rappresenta un cancro che divora dall'interno il benessere
dei popoli, non risolveremo davvero il problema. E non sarà certo un
governo di tecnici e di professori di economia, consulenti Goldman Sachs
e banchieri, a poter gettare sul piatto soluzioni nuove, in grado di
prospettare un futuro diverso nel quale la speculazione finanziaria
assuma un assetto meno predatorio. Anzi: loro sono casomai parte del
problema, avendo contribuito a costruire e poi ad alimentare questo
mastodontico sistema di ingranaggi destinato fatalmente ad incepparsi,
non appena il tasso di impoverimento costante che ne alimenta il
movimento finirà per lievitare a livelli insostenibili.
Fonte.
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