L'ultimo grande inganno di questo governo
è la riforma epocale di welfare e mercato del lavoro che vedrà
lavoratori, studenti, precari, disoccupati vivere eternamente sotto il
ricatto di perdere il lavoro (con ripercussioni negative su salario,
sicurezza e salute) e con una copertura in caso di perdita del lavoro pressoché dimezzata.
Ma l'inganno
ancora più grande sta nelle motivazioni e nelle giustificazioni del
governo stesso che in modo truffaldino mette in bocca dei media la
parola magica MODELLO TEDESCO. Un modello applicato in
un paese con una disoccupazione giovanile all'8%, contro il 22% della
media europea, il 23% della Francia e il 29% circa dell'Italia. A parte
questo dato che indica, semmai, una differenza netta fra sistemi
economici e produttivi fra i due paesi e non certo l'art.18, l'inganno
sta nel fatto di raccontare solo una parte di quel modello. Detto in
parole semplici, in Germania in caso di licenziamento illegittimo per
motivi economici, è il giudice che decide se concedere al lavoratore la
reintegra sul posto di lavoro oppure se sanzionare l'azienda con il
pagamento di un'indennità al lavoratore. Il datore di lavoro,
spiegandone le ragioni, può però rifiutarsi di ridare il posto al
lavoratore. In questo caso, deve risarcire il lavoratore con
un'indennità che va da 12 a 18 mensilità in base all'anzianità di
lavoro. Il giudice può stabilire anche una quota aggiuntiva, sulla base
dell'età e del nucleo familiare.
Con
la riforma Monti-Fornero, invece, la reintegra sul posto di lavoro
rischia di passare da essere un diritto del lavoratore (in caso di
riconoscimento di illegittimità del licenziamento il lavoratore ha diritto a scegliere se essere reintegrato o ricevere un'indennità) a un
diritto dell'azienda di mandare via illegittimamente un lavoratore
pagando. Perfino Bersani, no Di Vittorio o Che Guevara, si è
adirato per questa norma, visto che è peggiorativa rispetto al modello
di art.18 alla tedesca che tanto piaceva al Pd. La riforma Monti-Fornero
per mischiare le carte,prevede l'estensione dell'art.18, ormai
depotenziato, anche alle aziende sotto i 15 dipendenti. Un po' come
offrire un po' d'acqua ormai avvelenata e non più potabile a un
assetato.
Ma il modello tedesco è
anche altro e difficilmente qualcuno ne sentirà parlare nei Tg o sui
giornali. Un po' come successe con la legge Treu e poi con la Biagi,
quando tutti tessevano le lodi del nuovo sistema di flessibilità in
entrata nel mercato del lavoro senza raccontare che tutti i modelli di
flessibilità avevano anche una "seconda gamba" volta a garantire i nuovi
precari nei periodi di transizione da un lavoro all'altro o quando non
venivano riconfermati. E come successe già 10 anni fa, anche questa
volta, dei modelli liberisti e limitativi dei diritti che ci sono in
giro e che hanno già fatto danni noi prendiamo solo la parte
negativa. Probabilmente perché il popolo italiano crede a tutto ed è
facile da imbrogliare e perché il sistema politico e sindacale è ancora
più corrotto che negli altri paesi.
Ma vediamo nel concreto cos'è questo famigerato modello tedesco.
In
Germania il sistema assicurativo contro la disoccupazione è
obbligatorio per tutti i lavoratori subordinati che siano impiegati per
almeno 18 ore settimanali e che percepiscano una retribuzione superiore a
una soglia prestabilita. La cassa integrazione viene finanziata dunque
dalla contribuzione sociale pari al 6,5% circa delle retribuzioni lorde,
ripartito equamente tra datori e lavoratori. L'erogazione dell'indennità di disoccupazione ('Arbeitslosengeld') è
subordinata a determinati requisiti (come la disponibilità ad accettare
un lavoro confacente al proprio patrimonio professionale e una ricerca
attiva di un'occupazione). L'entità del sussidio è calcolata sulla media
delle retribuzioni dell'ultimo anno di servizio; la durata della
prestazione, variabile tra i 6 e i 32 mesi, dipende dall'età e dall'anzianità contributiva del beneficiario. E' presente anche un sistema assistenziale, a carico della fiscalità generale, che prevede l'erogazione di un sussidio di disoccupazione ('Arbeitlosenhilfe') in
favore dei lavoratori che hanno percepito l'indennità di
disoccupazione, ma che alla cessazione del sussidio sono ancora
disoccupati. Questo sussidio di disoccupazione è molto simile alla
nostra 'indennità di mobilita'' (che la riforma Monti-Fornero
eliminerà), ma ha requisiti meno severi per essere concesso. A queste
forme di sostegno del reddito si aggiunge una terza forma di sussidio ('Sozialhilfe'), erogato a coloro che non rientrano nei due campi precedenti.
Da queste poche righe appare chiaro come in
Italia si stia procedendo a un grosso taglio della spesa sui sistemi di
assicurazione e sostegno in caso di perdita del lavoro,
proprio in un momento in cui cassa integrazione e mobilità stanno
contenendo gli effetti della crisi. Con la modifica dell'art.18
assisteremo anche a un progressivo allontanamento dal lavoro dei lavoratori più anziani (che
costano di più). Aggiungiamo a questo mix mortale lo spostamento in
avanti dell'età pensionabile posta in essere pochi mesi or sono dal governo fra le lacrime
della Fornero, e avremo un perfetto risultato da modello sudamericano
anni '80 in termine di politiche economiche e una deriva greca in
termini di disastro sociale.
Ma cosa farà ora la Cgil? Semplice,
cercherà di non rimanere isolata (altro mantra Cgilelino che preclude a
un compromesso al ribasso) come già dimostrato dal voto della
direzione nazionale. In poche parole Cgil e Pd cercheranno di darsi una
mano per far vedere che in questo teatrino anche loro sono attori
protagonisti e più che altro il Pd dovrà evitare di rompersi fra ex Ds
che stanno con la Cgil e neomontiani a cui la riforma va bene così. Il
teatrino girerà intorno all'art.18. Alla fine Pd e Cgil grideranno che
vogliono il MODELLO TEDESCO ma solo per quanto riguarda i licenziamenti
(ci mancherebbe avere sistemi protettivi come i tedeschi...). Quindi a
livello sindacale e in parlamento la riforma passerà se ci sarà il
correttivo sulla decisione del giudice sulla reintegra.
Quindi cambierà poco rispetto alla bozza di ieri, ma rimarranno
i tagli alla cassa integrazione straordinaria e alla mobilità in cambio
solo di un anno di Assicurazione Sociale per l'Impiego (Aspi) e
rimarranno quasi tutte le forme contrattuali precarie. Insomma, alla fine la riforma andrà in porto, l'art.18 uscirà depotenziato ma soprattutto il sistema di welfare in caso di perdita del lavoro sarà quasi dimezzato (vedi scheda). Unici
vantaggi saranno gli importi leggermente aumentati e l'estensione
dell'indennità agli apprendisti. Molto poco rispetto a ciò che viene
eliminato (la mobilità che è più lunga ma anche la cassa integrazione
straordinaria in caso di cessazione attività). Ed in ogni caso, essendo
mantenute molte delle tipologie di contratto "precario" l'impostazione
originaria dell'Aspi (che doveva essere applicata a un contratto unico
di lavoro dipendente) va a morire prima di nascere. L'indennità di
disoccupazione con requisiti ridotti sarà invece sostituito con il
mini-Aspi con requisiti calcolati non più sulle 78 giornate lavorative
dell'anno precedente ma su 13 settimane di contribuzione nelle ultime 52
settimane al momento della disoccupazione.
L'art.18
è quindi solo una parte del disastro in atto. Non sarà solo più facile
essere licenziati ma una volta perso il lavoro il sistema di protezione
durerà solo 1 anno (al massimo 18 mesi per gli over55 con incremento di
durata al sud) mentre prima fra cassa integrazione straordinaria e
mobilità si poteva anche essere protetti per 4 anni. Gli over50
saranno quindi i più penalizzati, ma i giovani non hanno certo da
festeggiare. Se infatti l'assegno di disoccupazione sarà più consistente
e leggermente più lungo (da 8 mesi si passa a 12), tuttavia l'Aspi non
spetterà a tutte quelle forme di lavoro precario come il lavoro a
chiamata, co.co.pro (eliminata anche l'una tantum di Tremonti), partite
iva mascherate, prestazioni occasionali ecc... che il governo ha
lasciato in essere. E' stata confermata anche l'anzianità contributiva
di 2 anni per accedervi, così per un giovane passeranno anni prima che
riesca a "conquistare" questo nuovo strumento.
Se
aspettiamo partiti, sindacati e parlamento il destino è segnato. Solo
una reazione veemente e unita di lavoratori, precari, disoccupati,
immigrati, sfrattati, studenti ecc...può fermare questo disastro.
Fonte.
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