Ci facciamo guidare da due persone, all'epoca marito e moglie, che passarono di lì attorno all'ora cruciale.
Li chiameremo "signori Caetani" - preferiamo tutelarne la riservatezza. La loro testimonianza è molto utile perché fa saltare subito agli occhi che i conti del racconto ufficiale, ancora una volta, non tornano: da notare che i nostri due amici non si sono decisi solo ora, dopo trentaquattro anni, a raccontare quello che videro quel giorno. Non sarebbero credibili dopo tanto tempo. Lo fecero subito. Il giorno dopo il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro andarono al palazzo di Giustizia e lì, presso l'ufficio del 'Nucleo Tribunale', cercarono di spiegare quello che ora raccontano di nuovo a noi. Ma quel giorno gli dissero: guardate, lasciateci lavorare, i nostri uomini già alle 12,30 erano nella via in cui è stata lasciata la Renualt 4 rossa, voi dite di essere passati alle 12,50. Vi sbagliate. La storia della ragazza con il mazzo di fiori, poi, è una "pura fantasia femminile"...
E così i signori Caetani uscirono a testa bassa, prendendo di nuovo verso casa, senza dimenticare la scena alla quale avevano assistito: un racconto che oggi vale la pena di ripercorrere perché suggerisce che dalla famosa telefonata delle Br al collaboratore di Moro, Francesco Tritto (ore 12,13 c'è scritto nel verbale del 10 maggio 1978 che raccoglie la loro testimonianza), al momento in cui effettivamente i primi agenti arrivarono in via Caetani, c'è un intervallo troppo lungo. Nessuno sa cosa sia effettivamente successo in quei minuti durante i quali quella via è stata trasformata in una terra di nessuno, accidentalmente attraversata dai nostri amici.
"All'epoca i nostri affari giravano bene. Eravamo appena tornati da una lunga vacanza a Londra, abitavamo in via del Babbuino". Inizia così il racconto dei nostri testimoni. "Quella mattina, era martedì, eravamo stati a vedere una mostra di archeologia in Campidoglio [per chi non conosce Roma, proprio dietro via Caetani]. Volevamo arrivare a casa per le 13.30 per vedere il telegiornale. Come tutti, attendevamo notizie del caso Moro, ogni giorno che passava sembrava ormai quello decisivo per una soluzione. Però, ormai, si era fatto tardi: era poco prima delle 13, all'incirca le 12,50 [è l'ora che i nostri due amici riferirono nel verbale che abbiamo potuto rintracciare] quando, scendendo verso il ghetto, ci fermammo a prendere un panino in una piccola osteria che stava per chiudere. Uscimmo di lì e riprendemmo la nostra passeggiata: consumando il nostro pranzo, entrammo in via Michelangelo Caetani dalla parte di via dei Funari. Era l'una, cinque minuti prima o dopo. Ci trovammo in una strada quasi deserta. C'era soltanto un uomo, il custode del Palazzo Antici-Mattei, al civico 32, appoggiato allo stipite destro del portone, a godersi il sole. Poco più avanti, guardando verso via delle Botteghe Oscure, sul lato sinistro della strada, c'erano quattro operai, vestiti con una tuta azzurrina elettrica, sembrava stirata da poco. Non stavano mangiando, erano in silenzio".
"Li notai bene - dice la signora Caetani - perché, mentre mio marito si girò per leggere un manifesto su un evento d'arte, io mi sentii osservata dai quattro che erano lì immobili, silenziosi. Uno dei tre aveva i capelli bianchi. Un altro era più alto. Tutto sembravano, tranne che operai in pausa. Sentivo l'imbarazzo per l'attenzione nei miei confronti. La strada era vuota. Solo in fondo c'era un altro signore: credo davanti ad un negozio di stoffe. Camminammo ancora e poi venimmo sorpassati da una ragazza molto bella, formosa, con belle gambe, vestita con uno chemisier bianco fiorato, cintura in vita e tacchi alti, capelli lunghi neri, mossi sulle spalle. Ci supera e notiamo che porta un grande mazzo di fiori, tanto grande che lo tiene appoggiato sulle due braccia. Non corre ma è decisa nel passo. Noi camminiamo dietro di lei e ci troviamo a seguire i suoi movimenti: lasciamo via Caetani, prendiamo via delle Botteghe Oscure e la attraversiamo subito, la ragazza con i fiori sempre davanti a noi. Continuiamo a camminare e giriamo per la piccola via Celsa, dove all'epoca c'era un piccolo marciapiede pedonale, la guardiamo mentre sbuca in piazza del Gesù. All'epoca la piazza era ben diversa, non c'erano marciapiedi rialzati: davanti alla Chiesa del Gesù c'era un uomo di circa 40-45 anni, viso allungato, dentatura irregolare, praticamente un viso da cavallo, vestiva con una camicia a quadri di madras, capelli lisci e anche un po' unti, sporchi. I due si scambiano una battuta di pochi secondi, poi la ragazza gli dà i fiori e si separano. Uno prende verso piazza Venezia, l'altra verso largo Argentina. Colpiti dalla scena e del tutto disorientati, ci dirigemmo a quel punto verso casa".
Solo l'indomani mattina, dove aver pensato e ripensato alla loro breve esperienza, dopo una consultazione con qualche amico e la lettura dei giornali con le tante deposizioni contrastanti sull'ora di arrivo della Renault, i signori Caetani vanno al palazzo di Giustizia dove il loro racconto viene inficiato perché, gli dicono, alle 12,30 c'erano già uomini della polizia sul posto. La storia della ragazza con i fiori neanche viene presa in considerazione e non verrà mai messa a verbale. Ma perché, vi chiederete, è così importante?
Dunque, andiamo per gradi. Cominciamo con il dire che i nostri due amici non parlano mai di una Renault 4 rossa. Loro non sanno se, quando passano, l'auto con il suo terribile carico fosse già lì. Non l'hanno notata. Sicuramente non c'erano auto parcheggiate in modo disordinato, cioè che invadevano la strada - come ha fatto la prima macchina della Polizia giunta sul luogo nel quale c'erano tre agenti, uno dei quali, Nicola Marucci, ci ha confermato al telefono la posizione nella quale lasciarono la loro automobile. I nostri amici insistono solo nel dire che sono passati di lì qualche minuto prima o dopo l'una. E' quanto hanno scritto nel loro verbale, è quanto dicono oggi, è quanto hanno sempre detto. Ed allora? Il problema è che non sembra probabile che alle 12,35 una macchina della Polizia fosse già arrivata. Altri testimoni confermano questo sospetto, come emerge dagli atti. La signora Francesca Loverci, addirittura, parcheggiò la sua automobile proprio dietro la Renault 4 rossa alle ore 13,05: nessuno glielo impedì. Alle 13,15, dopo essere andata a comprare un panino, entra nel suo ufficio, al centro studi americani, e solo dopo scatta il caos di sirene. Naturalmente, non potè riprendere l'auto, lasciata involontariamente sulla scena del crimine. E la telefonata delle Br a Tritto arriva alle 12,13, come è scritto nel verbale? Secondo il rapporto dei periti Ugolini e Merli, no: "alcuni minuti dopo le ore 13 del giorno 9 maggio 1978 una voce giovanile non conosciuta annunciava con una telefonata al figlio del dottor Tritto che le Br riconsegnavano il corpo dell'onorevole Moro. Infatti, (...) sul posto subito accorrevano auto della polizia e dei carabinieri per verificare la veridicità della telefonata e, alcuni minuti prima delle ore 14,00 uno di noi (Ugolini) veniva immediatamente convocato sul posto per poter iniziare le operazioni peritali". Secondo l'appunto riservato del Piano Mike, quello predisposto dal ministero dell'Interno nel caso Moro fosse trovato morto - c'era poi il Piano Victor nell'ipotesi felice della liberazione - il procuratore della Repubblica è informato alle 13,50 del ritrovamento del cadavere di Moro. Subito dopo sono inviati gli artificieri.
Nelle carte c'è un'incomprensibile differenza di almeno 40 minuti tra una versione (telefonata a Tritto ore 12,13) e l'altra (telefonata a Tritto, ore 13 e qualche minuto). Una differenza ancora più grande se teniamo in considerazione le parole di uno dei carcerieri: "Sono quasi le due del pomeriggio, oltre cinque ore sono passate da quando il corpo di Moro è uscito di casa, quattro da quando la famiglia è stata informata del luogo in cui poterlo trovare" (Prospero Gallinari, Un contadino nella metropoli. Ricordi di un militante delle Br, Bompiani, 2006, pag.194). Se la telefonata arrivò verso le 10 del mattino, che cosa accadde durante quelle lunghissime ore? Non si sa ma quella differenza di tempo un senso deve pur averlo, comunque copre un segreto importantissimo, condiviso da Stato e Br.
Di certo, si è perso un dato fornito dalla testimonianza dei signori Caetani - ma non intendiamo dire che questo sia stato l'obiettivo di quella confusione: è stato omesso, cioè, il racconto della ragazza con il mazzo di fiori. Sarebbe stato utile conoscerlo quando si è poi appreso che il segnale che aveva dato il via libera all'operazione di via Fani era stato un mazzo di fiori sventolato dalla compagna Marzia (Rita Algranati) appena avvistata l'auto blu del presidente: probabilmente, lo stesso segnale che ne decretò la triste chiusura.
Ma ciò che appare ben più rilevante è quel tempo vuoto trascorso dall'ora presunta della telefonata delle Br al momento in cui tutto fu compiuto.
Perché tanta confusione? Perché la testimonianza di due coniugi che passeggiano in una via spettrale in un'ora cruciale viene 'infoibata'?
Quella mattina Francesco Cossiga, e con lui altri, aspettavano la liberazione del presidente della Democrazia cristiana: sarebbe stato l'esito concordato ma qualcosa non andò per il verso giusto. Cosa accadde in quei minuti in cui via Caetani fu trasformata in una zona franca? Si è parlato di un passaggio di consegne del prigioniero.
Una volta ne parlai con un uomo dell'Anello, il servizio segreto che ebbe un ruolo almeno nelle trattative intraprese dal Vaticano e personalmente da Paolo VI. Mi confermava quanto già intuito da alcuni (il presidente Giovanni Pellegrino ne parlò molto), cioè che l'operazione Moro ebbe una duplice paternità: quella delle Brigate rosse, che ne firmarono l'avvio, e un'altra, ancora da scoprire, che ne decretò l'esito mortale.
"Ma non può essere! - obiettai. Alla fine fu Valerio Morucci a chiamare!". E lui rispose: "e tu che ne sai quanto costò quella telefonata?".
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