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16/03/2012

Dal lavoro che non c'è alle pensioni dimezzate: ricominciamo dall'informazione

Lunedì 12, nel pomeriggio, c'è stato l'incontro tra il Ministro Fornero e le "parti sociali" sulla complessiva situazione del lavoro. Il Ministro vuole chiudere in 10 giorni, la Camusso, CGIL, ritiene che non sia possibile in queste condizioni. Avranno parlato anche di pensioni? Io credo di sì, e lo credo a ragion veduta. Infatti la mattina del 12, dalle 9 alle 10, in "Brontolo" su Rai Tre avevo tra gli altri ospite Raffaele Bonanni, segretario CISL, che ha spergiurato che ne avrebbe parlato il pomeriggio alla Fornero, entrando il tema nel collegato sul lavoro o essendone per meglio dire una faccia complementare. La trasmissione era intitolata "Mezza pensione". Bonanni ha ribadito che la riforma pensionistica così com'è non va: "La riforma delle pensioni è stata un disastro: una riforma non gestita né dalle parti sociali né dal Parlamento che ha lasciato piu di centomila persone senza alcuna prospettiva, che ha colpito i padri senza fare nulla per i loro figli".

Un altro ospite, Matteo Colaninno, PD, sosteneva che effettivamente questa riforma era stata più un "segnale doveroso" che il nuovo Governo mandava ai partners europei che non una autentica e urgente necessità. Perché, lo diceva la collega Rai da Bruxelles, la bravissima Paterniti, commentando il Libro Bianco sulle pensioni del Vecchio Continente, eravamo già considerati tra i più "virtuosi" dalla UE. E lo ha confermato Giuliano Cazzola, PDL, uno che ha detto di "aver festeggiato la fine delle pensioni di anzianità", come chiedeva da esperto da tempo. Ma forse, ha ammesso lui stesso, la cosa più urgente era "mandare un messaggio".

Che in soldoni significa che nel 2020 per uomini e donne andremo in pensione a 66 anni e 11 mesi, secondi solo alla Francia (67) che però prevede 62 per le donne, quindi in testa alla "hit parade" della durezza in un Paese in cui i giovani che rischiano seriamente di non avere una pensione se non stracciona stanno mantenendo insieme agli immigrati regolari un esercito di anziani, il numero maggiore per aspettativa di vita sul pianeta (con il Giappone). Una piramide rovesciata, una base lavorativa esigua e precaria, un vertice densissimo che sta passando dal metodo retributivo a quello contributivo. Tutto questo un "segnale" o un "messaggio"? Sapete di che cosa sto parlando, vero? In studio non era poi così chiaro e immediato.

Quindi un collega del ramo come Walter Passerini, di "Tuttolavoro" per "La Stampa", autore con Ignazio Marino di "Senza pensioni", ed. Chiarelettere, ha messo a fuoco l'aspetto che mi preme di più qui, oggi: quello dell'informazione. Ha idee precise, e condivisibili. A grandi linee: con il sistema contributivo forse si è raggiunta la sostenibilità finanziaria degli enti, super Inps compreso, ma non quella dei cittadini e soprattutto dei giovani.

E' quindi urgente avviare un processo di sensibilizzazione e di informazione che spieghi che cosa è cambiato con il sistema contributivo e quale futuro ci aspetta. Sarebbe importante per il lavoratore avere non solo l'estratto conto con i contributi versati dai cittadini, ma anche la simulazione del valore della futura pensione. Una specie di "busta arancione" che informi tutti e ciascuno. Ma soprattutto sarebbe importante avviare un programma di incentivazione della previdenza complementare, senza la quale l'assegno pensionistico futuro coprirà solo una parte del reddito, rischiando di creare un esercito di nuovi poveri. Andando per punti essenziali:

1) I giovani e gli immigrati, che insieme versano allo Stato italiano quasi 10 miliardi all'anno, stanno appunto sostenendo le casse previdenziali (1,4 miliardi di attivo) e pagando le pensioni di chi ha avuto un impiego sicuro e ben remunerato. Prima che scoppi uno scontro generazionale e sociale, bisogna investire sui giovani facendoli entrare molto prima nel mercato del lavoro, ed eliminare le iniquità tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi , tra vecchie e nuove generazioni di lavoratori.
2) I giovani che non versano i contributi avranno solo l'assegno sociale (poco più di 300 euro mensili al raggiungimento dei 65 anni di età). Il che equivale a passare la seconda parte della vita a fare i conti con la povertà.
3) Le donne sono state scippate: i 4 miliardi di risparmio da qui ai prossimi 10 anni, in seguito all'innalzamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche a 65 anni, sarebbero dovuti servire per finanziare politiche a favore del lavoro delle donne, degli asili nido, della maternità. Ma così non è stato.
4) La quota versata dagli immigrati nel 2008 ammontava a 7,5 miliardi (pari al 4 per cento del totale annuo di incassi dell'Inps). Di fatto le entrate contributive degli immigrati sono elevate, mentre molto basse risultano le uscite ... Gli stranieri diventano così dei benefattori del nostro sistema pensionistico...
5) I dati diffusi dalla Ragioneria dello Stato parlano chiaro: i tassi di sostituzione (ovvero il rapporto tra la pensione e l'ultimo reddito percepito) sono destinati a dimezzarsi.

E' sufficiente per aprire un dibattito pubblico? E dove avete letto qualche cosa su questo?

Fonte.

Parole sante, peccato che sì continui a starnazzare di art.18 che inibisce la crescita italiana...

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