Lunedì 12, nel pomeriggio, c'è stato l'incontro tra il Ministro Fornero e le "parti sociali"
sulla complessiva situazione del lavoro. Il Ministro vuole chiudere in
10 giorni, la Camusso, CGIL, ritiene che non sia possibile in queste
condizioni. Avranno parlato anche di pensioni? Io credo di sì, e lo
credo a ragion veduta. Infatti la mattina del 12, dalle 9 alle 10, in
"Brontolo" su Rai Tre avevo tra gli altri ospite Raffaele Bonanni,
segretario CISL, che ha spergiurato che ne avrebbe parlato il
pomeriggio alla Fornero, entrando il tema nel collegato sul lavoro o
essendone per meglio dire una faccia complementare. La trasmissione era
intitolata "Mezza pensione". Bonanni ha ribadito che la riforma
pensionistica così com'è non va: "La riforma delle pensioni è stata un disastro:
una riforma non gestita né dalle parti sociali né dal Parlamento che ha
lasciato piu di centomila persone senza alcuna prospettiva, che ha
colpito i padri senza fare nulla per i loro figli".
Un altro ospite, Matteo Colaninno, PD, sosteneva che
effettivamente questa riforma era stata più un "segnale doveroso" che il
nuovo Governo mandava ai partners europei che non una autentica e
urgente necessità. Perché, lo diceva la collega Rai da Bruxelles, la
bravissima Paterniti, commentando il Libro Bianco sulle pensioni del
Vecchio Continente, eravamo già considerati tra i più "virtuosi" dalla
UE. E lo ha confermato Giuliano Cazzola, PDL, uno che ha detto di "aver
festeggiato la fine delle pensioni di anzianità", come chiedeva da
esperto da tempo. Ma forse, ha ammesso lui stesso, la cosa più urgente
era "mandare un messaggio".
Che in soldoni significa che nel 2020 per uomini e
donne andremo in pensione a 66 anni e 11 mesi, secondi solo alla Francia
(67) che però prevede 62 per le donne, quindi in testa alla "hit
parade" della durezza in un Paese in cui i giovani che rischiano
seriamente di non avere una pensione se non stracciona stanno mantenendo
insieme agli immigrati regolari un esercito di anziani, il numero
maggiore per aspettativa di vita sul pianeta (con il Giappone). Una
piramide rovesciata, una base lavorativa esigua e precaria, un vertice
densissimo che sta passando dal metodo retributivo a quello
contributivo. Tutto questo un "segnale" o un "messaggio"? Sapete di che
cosa sto parlando, vero? In studio non era poi così chiaro e immediato.
Quindi un collega del ramo come Walter Passerini, di "Tuttolavoro" per "La Stampa", autore con Ignazio Marino di "Senza pensioni", ed. Chiarelettere,
ha messo a fuoco l'aspetto che mi preme di più qui, oggi: quello
dell'informazione. Ha idee precise, e condivisibili. A grandi linee: con
il sistema contributivo forse si è raggiunta la sostenibilità
finanziaria degli enti, super Inps compreso, ma non quella dei cittadini
e soprattutto dei giovani.
E' quindi urgente avviare un processo di sensibilizzazione
e di informazione che spieghi che cosa è cambiato con il sistema
contributivo e quale futuro ci aspetta. Sarebbe importante per il
lavoratore avere non solo l'estratto conto con i contributi versati dai
cittadini, ma anche la simulazione del valore della futura pensione. Una
specie di "busta arancione" che informi tutti e ciascuno. Ma
soprattutto sarebbe importante avviare un programma di incentivazione
della previdenza complementare, senza la quale l'assegno pensionistico
futuro coprirà solo una parte del reddito, rischiando di creare un
esercito di nuovi poveri. Andando per punti essenziali:
1) I giovani e gli immigrati, che insieme versano allo
Stato italiano quasi 10 miliardi all'anno, stanno appunto sostenendo le
casse previdenziali (1,4 miliardi di attivo) e pagando le pensioni di
chi ha avuto un impiego sicuro e ben remunerato. Prima che scoppi uno
scontro generazionale e sociale, bisogna investire sui giovani facendoli
entrare molto prima nel mercato del lavoro, ed eliminare le iniquità
tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi , tra vecchie e nuove
generazioni di lavoratori.
2) I giovani che non versano i contributi avranno solo
l'assegno sociale (poco più di 300 euro mensili al raggiungimento dei 65
anni di età). Il che equivale a passare la seconda parte della vita a
fare i conti con la povertà.
3) Le donne sono state scippate: i 4 miliardi di
risparmio da qui ai prossimi 10 anni, in seguito all'innalzamento
dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche a 65 anni, sarebbero
dovuti servire per finanziare politiche a favore del lavoro delle donne,
degli asili nido, della maternità. Ma così non è stato.
4) La quota versata dagli immigrati nel 2008 ammontava a
7,5 miliardi (pari al 4 per cento del totale annuo di incassi
dell'Inps). Di fatto le entrate contributive degli immigrati sono
elevate, mentre molto basse risultano le uscite ... Gli stranieri
diventano così dei benefattori del nostro sistema pensionistico...
5) I dati diffusi dalla Ragioneria dello Stato parlano
chiaro: i tassi di sostituzione (ovvero il rapporto tra la pensione e
l'ultimo reddito percepito) sono destinati a dimezzarsi.
E' sufficiente per aprire un dibattito pubblico? E dove avete letto qualche cosa su questo?
Fonte.
Parole sante, peccato che sì continui a starnazzare di art.18 che inibisce la crescita italiana...
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