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08/03/2012

Israele e Usa. Un patto sull’intervento militare in Iran

Il governo israeliano si prende il via libera per l’attacco all’Iran. Gli Usa vogliono però avere voce in capitolo sulle conseguenze. Il richiamo alla “sopravvivenza degli ebrei” da parte di Netanyahu getta una luce inquietante sugli scenari. L'Iran consente ispezione dell'Aiea a un sito nucleare.

In occasione del suo incontro di ieri alla Casa Bianca con il presidente Obama, il primo ministro israeliano Netanyahu ha affrontato la questione Iran ribadendo che Israele deve avere la possibilità di difendersi. “Israele e Stati Uniti hanno una posizione comune sul programma nucleare iraniano – ha detto Netanyahu alla stampa Usa. Dal canto suo Obama ha ribadito che il programma nucleare dell'Iran è inaccettabile, aggiungendo che Israele può contare sul sostegno costante degli Stati Uniti su questo tema. Intervenendo domenica negli Usa al Congresso dell’American Israel Public Affairs Committee, il presidente israeliano Shimon Peres aveva dichiarato che “Non abbiamo perso nessuna guerra e non possiamo permetterci di perderne neanche una e abbiamo il diritto e il dovere di difenderci”. Intervenendo nello stesso consesso, il presidente americano Barack Obama aveva ribadito di fronte ad una delle più potenti lobby negli Usa, che gli Stati Uniti si fanno garanti “per mantenere la superiorità militare di Israele” rispetto ai suoi nemici. Sull’Iran, Obama ha invocato una soluzione diplomatica dicendo che “si parla con troppa leggerezza di guerra”. Pur ribadendo che un'operazione militare resta possibile per impedire all'Iran di acquisire armi nucleari, Obama ha chiesto più tempo perché le sanzioni internazionali abbiano effetto.

Netanyahu ha giocato come al solito sull’immaginario collettivo pescando a piene mani dalla storia delle persecuzioni e dei massacri contro gli ebrei. Intervendo all’Aipac ha mostrato al pubblico dell'American Israel Public Affari Committee due documenti del 1944. Il primo è una richiesta del congresso Ebraico Mondiale che implora il governo americano di bombardare il campo di sterminio di Auschwitz per metter fine al genocidio degli ebrei. Il secondo è la risposta di quello che era allora il dipartimento di Guerra Usa, secondo il quale un'operazione del genere avrebbe impiegato forze aeree necessarie altrove, sarebbe stata di dubbia efficacia e avrebbe potuto provocare azioni anche più vendicative da parte dei tedeschi. “Il governo americano di oggi è differente”, ha affermato Netanyahu, ma è diversa anche la situazione degli ebrei. “Oggi abbiamo un nostro Stato. E lo scopo dello stato ebraico è difendere le vite degli ebrei e assicurare un futuro ebraico”. “Apprezziamo profondamente la grande alleanza fra i nostri paesi, ma quando si parla di sopravvivenza di Israele , dobbiamo sempre rimanere padroni del nostro destino», ha aggiunto, ripetendo quanto detto prima dell'incontro alla Casa Bianca con il presidente americano Barack Obama. La strategia contro il programma nucleare iraniano, mentre si moltiplicano le voci di un possibile raid militare israeliano, è stata infatti l'argomento centrale della missione di Netanyahu negli Stati Uniti. Fonti citate da Haaretz, riferiscono che il capo di Stato maggiore israeliano Benny Gantz sarà a Washington fra due settimane.

La riluttanza degli Usa verso un attacco preventivo israeliano preoccupava ancora Tel Aviv. In queste settimane è emerso in modo evidente che c'è un'intesa tra Usa e Israele sul piantare i paletti sull’Iran, resta il problema di quali siano i limiti entro o oltre cui piantarli. A cominciare dalla definizione del punto di non ritorno. Per gli Usa è quando l'Iran inizierà a costruire la bomba, per Israele è quando avrà la conoscenza tecnica e il materiale per farla. Meta che, secondo Tel Aviv, è davvero vicina mentre a Washington pensano che gli ayatollah non abbiano deciso cosa fare. Un dibattito che sconfina nel tecnico. Gli americani ritengono di avere armi sofisticate per poter distruggere anche i bunker più profondi, Israele ritiene invece che più passano i giorni e più sarà difficile distruggere i tunnel. Non solo, gli esperti Usa avanzano parecchi dubbi sui risultati definitivi di un eventuale raid, mente non ne hanno sulle conseguenze destabilizzanti di un intervento militare in Iran in tutta la regione. Sull'esito del colloquio di due ore - terminato senza che venisse pubblicato un testo congiunto - i pareri discordano. Diversi giornali scrivono che Netanyahu non è riuscito a persuadere Obama. Da parte sua il quotidiano israeliano Yediot Ahronot sostiene che Obama ha assicurato a Netanyahu che se pazienterà secondo le sue aspettative, in un eventuale "giorno del destino" gli Stati Uniti agirebbero militarmente contro l'Iran. Su questo, afferma il giornale, c'è adesso un impegno solenne.

L'Iran intanto consentirà agli esperti dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) di accedere alla sua base militare di Parchin. È quanto rivela l'ufficio dell'inviato di Teheran presso l'Aiea, a Vienna, con una nota rilanciata dall'agenzia Isna. «Consentiremo all'Aiea di visitare (il sito di Parchin, ndr) ancora una volta», si legge nella nota, la quale precisa che «Parchin è una base militare e per potervi accedere c'è un processo che richiede tempo, per questo le visite non possono essere autorizzate di frequente».

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