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04/11/2017

Libano - Hariri si dimette e ripara in Arabia Saudita

di Stefano Mauro

“Il nostro paese ha bisogno di stabilità ed unità tra tutte le parti politiche per evitare di cadere nel baratro della guerra e delle divisioni” queste le dichiarazioni davanti ai media nazionali del presidente delle repubblica libanese, il cristiano maronita Michel Aoun, ad un anno dalla nomina.

Dopo circa tre anni di contrapposizioni e veti incrociati tra i due principali schieramenti politici libanesi (movimento “14 Marzo” filo saudita e filo-occidentale contrapposto al movimento “8 Marzo” filo siriano)  l’elezione di Aoun, lo scorso 31 Ottobre, aveva sancito definitivamente la capitolazione di Hariri e dell’asse rappresentato dagli sponsor del leader sunnita: USA, Francia e Arabia Saudita. L’elezione del presidente, sostenuto fortemente da Hezbollah, è stata l’ennesima affermazione politica del partito sciita e del suo segretario generale, Hassan Nasrallah, vero mediatore in questi anni di stallo politico.

Nel suo bilancio il presidente Aoun ha indicato i principali risultati ottenuti: la definitiva scomparsa di qualsiasi focolaio jihadista dal Paese dei cedri, l’impegno per una soluzione del conflitto siriano che deve prevedere il rientro del milione di profughi ospitati all’interno dello stato libanese, la riforma fiscale con la presentazione del primo bilancio dopo 12 anni e l’ormai prossima riforma della legge elettorale “ormai datata e aliena all’odierna realtà del Libano”.

Proprio per questi risultati, forse,  le pressioni da parte degli USA e dei suoi principali alleati nell’area (Israele ed Arabia Saudita) sono progressivamente aumentate in questi ultimi mesi. Il presidente americano Trump, dopo le dichiarazioni circa una minaccia terroristica sciita sul territorio americano – definita “pura follia” da molte testate americane a partire dal NYT – ha fatto adottare alcune misure restrittive contro Hezbollah, in chiave anti-iraniana. La prima imporrà limitazioni alle banche che finanziano Hezbollah, la seconda condanna sia l’Iran che la milizia libanese per aver utilizzato i civili come scudi umani nell’ambito del conflitto siriano, in cui Teheran e Hezbollah sostengono il regime siriano del presidente  Bashar al-Assad. La terza misura, infine, esorta l’Unione Europea ad inserire Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. Da parte loro, invece, Tel Aviv continua nella sua campagna di provocazioni ed esercitazioni militari lungo il confine libanese e Riyadh sta intavolando una serie di azioni volte a destabilizzare il governo di Beirut.

Il quotidiano libanese Al Akhbar ha riportato la notizia della visita lampo da parte del primo ministro libanese Saad Hariri a Riyadh definendola come “una vera e propria violazione dei principi diplomatici per il tentativo dei Saud di imporre i propri diktat verso Beirut per riaccendere le divisioni  tra i due schieramenti politici in Libano.” Lo stesso quotidiano riporta che il ministro degli affari del Golfo, Thamer al Sabhane, abbia richiesto ad Hariri “di dimettersi dalla guida del governo per aprire una nuova crisi in Libano” in cambio di un rinnovato sostegno economico allo schieramento anti-Hezbollah. Una richiesta che porterebbe il vecchio pupillo dei sauditi a tornare indietro sui suoi passi dopo il decisivo sostegno del suo partito, il “Mustaqbal”, per l’elezione del presidente Aoun e la sua nomina a primo ministro del governo. Scelta fatta con l’obiettivo dichiarato di agire “per il bene del Libano e di tutti i libanesi”, ma soprattutto per recuperare consensi dopo la cocente sconfitta delle elezioni amministrative del 2016.

Ufficialmente la risposta di Hariri è arrivata oggi attraverso il portavoce del partito, Nader Hariri, che ha assicurato “di voler mantenere l’accordo politico con il  presidente della repubblica Aoun e di continuare a sostenere il governo di unità nazionale”. Unità che comincia a scricchiolare dopo  che una delle principali forze della destra maronita, le Falangi di Samir Geagea (imputato per le stragi di Sabra e Chatila), ha ceduto alle richieste saudite.

Secondo Aoun i tentativi dei sauditi rientrano nella loro attuale azione politica di questi mesi che “mira a creare divisioni confessionali all’interno sia del paese dei cedri che dello stesso Iraq”. Medesima decisione riguardo alle misure contro Hezbollah: “il partito sciita è una risorsa militare difensiva per tutta la popolazione libanese e rappresenta in quest’ottica la forza dell’unità nazionale contro la minaccia dei gruppi jihadisti e contro la politica aggressiva e  colonialista di israeliana. Le sanzioni americane non avranno effetti in Libano come i tentativi precedenti”.

AGGIORNAMENTO

ore 12.20 Si è dimesso il premier Saad Hariri

“Annuncio le mie dimissioni dal ruolo di primo ministro”, ha dichiarato Hariri a Riyadh, suscitando la sorpresa generale. Il premier libanese era giunto ieri in Arabia Saudita per la sua seconda visita in meno di una settimana, volta a “rafforzare la stabilità del Libano e i legami con il paese del Golfo”.  Ha detto di temere di essere assassinato e accusato il movimento sciita libanese Hezbollah e l’Iran di “soffocare” il Libano. Nel suo discorso, ha suggerito di aver paura per la sua vita e ha dichiarato che l’atmosfera nel paese è simile a quella che esisteva prima che il padre, il primo ministro Rafik Hariri, venisse assassinato nel 2005. “Viviamo in un clima simile all’atmosfera prevalsa prima dell’assassinio del martire Rafik al Hariri”, ha dichiarato il premier sottolineando di avere le prove di un complotto per attentare alla sua vita. “Il braccio dell’Iran nella regione sara’ tagliato”. Lo ha detto l’ex premier libanese Saad Hariri attaccando il gruppo militante sciita di Hezbollah.

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