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07/03/2018

Considerazioni ed esperienze di viaggio, oltre il 4 marzo

È il giorno dopo il giorno-dopo delle elezioni politiche, quelle che a detta di molti sono le più brutte di sempre, sia per come si è svolta la campagna elettorale sia per gli scenari che si aprono ora dopo il risultato finale. È la fine della Seconda Repubblica, forse l’inizio della Terza: morta ‘na Repubblica, se ne fa sempre un’altra! Gli esiti delle elezioni sono stati largamente discussi da giornali, telegiornali, analisti politici e maratoneti notturni. Le dichiarazioni dei principali esponenti politici sono state rilasciate: chi ha vinto lo ha fatto secondo i suoi numeri e i suoi criteri; chi ha perso e si è dimesso lo ha fatto alle sue condizioni.

È una mattina uggiosa e piovosa a Roma. Piove governo ladro (sì, ma quale?). Si ritorna alla solita normalità di sistema: sfruttati da una parte e sfruttatori dall’altra. Non ce ne siamo mai allontanati: le elezioni non cambiano e non cambieranno mai questi rapporti. Si ritorna nei territori, nei posti di lavoro (per chi ce l’ha), nelle scuole e nelle università, dove tutti i giorni siamo abituati a lottare perché sappiamo che lì possiamo cambiare effettivamente qualcosa. Io torno a Parigi, dove vivo e studio da un anno e mezzo. Questo tempo mi ricorda Parigi e mi prepara nuovamente a quel grigio a cui ancora non riesco ad abituarmi. Lo zaino sulle spalle è pieno e pesante: dentro ci sono i materiali (bandiere, adesivi, libri, ecc) che ho promesso alle compagne e ai compagni di Potere al Popolo Parigi. Ebbene sì, per chi ancora non lo sapesse, Potere al Popolo è presente anche in tante città d’Europa, a Città del Messico e pure a Sidney! Vorrei portare una maglietta a ciascuno di loro, ma ho già parecchie cose, più i viveri che ogni italiano all’estero è solito mettere in valigia prima di ripartire.

I compagni di Parigi non vedono l’ora di avere le bandiere e gli opuscoli. Domani sera è già in programma una riunione per discutere i risultati elettorali, fare qualche considerazione e cominciare a costruire il dopo 4 marzo di cui abbiamo già parlato durante la campagna elettorale. Mi sono mancati in questi giorni i compagni di Parigi. Ci conosciamo da poco più di un mese, ma le assemblee, le mobilitazioni e tutto il resto hanno già contribuito a creare un gruppo solido e organizzato.

Mi mancano già i compagni di Roma. Loro li conosco ormai da qualche anno, li ho rivisti al termine di questa campagna elettorale, un po’ stanchi ma entusiasti di quello che si è fatto e ottimisti per quello che si farà. Con loro ho trascorso gli ultimi giorni della campagna elettorale, tra la festa di chiusura all’Alpheus, il presidio alla Banca d’Italia, e la nottata dello spoglio, aspettando e commentando le proiezioni e i risultati fino alla tarda notte. Penso alla mia famiglia, che mi ha supportato e sopportato (come sempre) in questi pochi giorni passati insieme, incastrando le tante cose da fare e le tante persone da vedere. Penso agli amici e ai compagni all’estero che si sono impegnati nella campagna elettorale, ma che non hanno potuto votare PaP nella Circoscrizione Europa o che non sono potuti tornare in Italia per votare.

Sono nella sala d’attesa dell’aeroporto. Mentre aspetto il volo per Parigi, leggo dalla pagina di Potere al Popoli i messaggi che arrivano dai sostenitori. Sono davvero spontanei e genuini; mi colpiscono quelli che rimarcano come l’1,2% sia soltanto un (grande) inizio. Non è un autocompiacimento né una consolazione tra compagni e militanti, ma piuttosto un affettuoso e caloroso ringraziamento da parte di chi crede nelle potenzialità e nella forza che Potere al Popolo è riuscita ad esprimere e manifestare in questi tre mesi. Mentre molti tra quelli al 18% vogliono la testa del leader, quelli al 1,2% vorrebbero soltanto abbracciare Viola e gli altri compagni ripresi dalle telecamere di La7 durante la maratona elettorale di domenica notte. Anche in queste piccole cose si vede la differenza tra chi si ispira a principi di mutualismo e solidarietà e chi invece è da sempre lacerato da faide e competizioni intestine per una poltrona.

Guardo la maglietta di Potere al Popolo e devo dire che è incredibilmente bella, unica e speciale. Non tanto per la maglietta o la scritta in sé, ma per quello che c’è dietro. Una signora, seduta davanti a me, mi guarda e sorride. Poi si alza e mi viene vicino; con un viso pieno di gioia, mi chiede: “Scusa, anche tu hai votato per Potere al Popolo?”. Credo che già sapesse la risposta, ma comunque le rispondo soddisfatto con un “ovviamente”, come se non ci fosse nulla di speciale, come se fosse qualcosa di ovvio, normale, qualcosa che si è sempre fatto e alla quale si è ormai abituati. Ed invece non è così, almeno per me.

Alle precedenti elezioni politiche avevo annullato la scheda, mentre alle amministrative ho sempre votato per qualcosa o qualcuno che ci ha provato e non ha mai raggiunto neanche il 2%. Stavolta ho votato convintamente per Potere al Popolo! Per la prima volta in vita mia (a 23 anni, quasi tutte le esperienze sono una “prima volta”) ho partecipato attivamente – seppur nel mio piccolo e in gran parte dall’estero – alla campagna elettorale. Scusate la digressione sulle esperienze personali.

Alla mia risposta, la signora si illumina con un fiero sorriso: “Pure io l’ho votato e l’ho detto ad amici e vicini di casa”, mi dice soddisfatta e poi aggiunge “A sto giro è andata così, ma la prossima volta ci arriviamo sicuramente”. Ammiro il suo animo battagliero e il fatto che non si sia arresa a guardare il mero risultato elettorale. Cominciamo a parlare, perché nel nostro ambiente è la cosa che ci viene più naturale: discutere, confrontarsi e condividere storie e percorsi. Mi dice che è della Garbatella, storico quartiere popolare di Roma, è in pensione, dopo una vita spesa come maestra di scuola elementare.

Sta aspettando il volo per Vienna, va a trovare il figlio che lavora lì da ormai dieci anni, uno dei tanti emigrati italiani all’estero, in continua crescita dalla crisi. Mi confida che in realtà vuole vedere la nipotina, perché “non è la stessa cosa che al telefono o al computer”. Tra romani, almeno di certi quartieri, è così, si prende subito confidenza e ci si racconta vita, morte e miracoli. Le racconto del nostro impegno all’estero per raccogliere le firme necessarie per presentare la lista di Potere al Popolo nella Circoscrizione Europa, degli impedimenti e delle ostruzioni che abbiamo incontrato e constatato nei Consolati. Le parlo della campagna “Adotta il mio voto” che abbiamo organizzato con tutti i gruppi di PaP in Europa per incentivare indecisi e astenuti ad adottare il voto degli italiani all’estero per Potere al Popolo.

È sorpresa per il grande impegno che ha coinvolto tanti italiani emigrati e al tempo stesso dispiaciuta e rammarica perché “se pure loro avessero votato, chissà se... vabbè, guardiamo avanti”. Le comunico che domenica 18 marzo ci sarà l’Assemblea nazionale a Roma, per continuare a costruire un fronte politico e sociale compatto che non sprechi il gran lavoro fatto finora. Non riesco neanche a finire di parlare che con decisione mi dice “ci sarò sicuramente”. Mi dice che, a memoria sua, è la prima volta che si lancia un appuntamento così importante e fondamentale dopo delle elezioni in cui non si è vinto. A mio avviso, non si vince prendendo il 3%, ma qui il discorso diventerebbe davvero lungo.

Mi racconta di tutti i partiti e le coalizioni che ha votato, ai tempi del PCI in maniera convinta, ma turandosi sempre più il naso con il passare degli anni, facendo un sacrificio enorme votando Bersani (e non il PD, ha specificato) alle precedenti elezioni. “Stavolta non ci vado a votare, mi ero detta; Renzi non lo posso vedere perché mi ricorda troppo Berlusconi; Liberi e Uguali... macché sono di sinistra? Il Movimento 5 Stelle... manco morta! Di Maio c’ha la faccia da furbetto e Salvini è davvero pericoloso. Poi ho scoperto che esisteva Potere al Popolo, ho visto qualche manifesto in strada e poi le interviste a Viola in televisione. Non puoi capire cosa ho provato, mi si è riaccesa la passione nel cuore. Questa ragazza giovane che parlava di abolire la Fornero, di tassare i più ricchi e di redistribuire a quelli impoveriti dalla crisi, di essere contro i fascisti... tutto quello che mi pareva normale e che cercavo in quella che io chiamo sinistra, lei lo diceva apertamente e sinceramente”.

Non posso che essere d’accordo con tutto quello che dice, annuisco e la ascolto con interesse. Poi, come volesse dare un consiglio da mamma e da maestra, mi dice “Mo però non facciamo le solite stupidaggini, andiamo avanti, bisogna rimanere concentrati. Soprattutto perché con Salvini e i fascisti non dobbiamo mollare niente”.

Cerco di rassicurarla che stavolta possiamo e dobbiamo costruire qualcosa di forte e duraturo, di organizzato e partecipativo, che continueremo a lottare come abbiamo sempre fatto e come sempre faremo. Abbiamo tanto da imparare e tanto su cui dover migliorare; siamo un po’ autodidatti ma ci sappiamo fare. Abbiamo tanto da fare perché le nostre non erano non promesse elettorali ma un programma politico e sociale di lotta. Abbiamo tanto da organizzare, in maniera più strutturata, perché solo così potremo ricostruire un blocco politico e sociale unitario, che altri cercano di opprimere a suon di austerity e repressione poliziesca o di distruggere alimentano la guerra tra poveri.

La signora quasi si commuove: “Abbiamo bisogno dell’entusiasmo e della forza di voi giovani, voi che ci credete e non vi arrendete”. Questi ringraziamenti mi fanno pensare ai compagni di Napoli, a quei “matti” del Centro Sociale Je Só Pazzo che a novembre lanciarono quella che sembra una sfida assurda, a quelli di Roma e di Parigi con cui ho condiviso tanti momenti di questa campagna elettorale, alle persone che ho incontrato in questi mesi e soprattutto a tutti quelli che non ho conosciuto ma so che c’erano e che ci saranno anche domani. Ci salutiamo, come se ci conoscessimo ormai da tempo: “A presto e Potere al Popolo!”.

Salgo sull’aereo, un po’ stanco, vorrei solo dormire. Ma dentro di me ripenso alla chiacchierata di prima con la maestra pensionata e realizzo che una testimonianza così merita di essere riportata e condivisa. Perché, alla fine, quello che rimane da tutta questa esperienza non è l’1,2%, ma la solidarietà e la passione dei compagni e dei sostenitori, con la voglia di continuare e di non mollare da parte di tutte e tutti. Il numero di voti in un’elezione non costituisce parte della nostra esistenza né tantomeno della nostra resistenza; invece storie e racconti di questo tipo fanno parte del bagaglio storico e politico di chi viene da molto lontano e va molto lontano.

Ecco, si potrebbero fare (e sicuramente andranno fatte) tante analisi di quello che è stato, cosa ha funzionato e cosa no in questi mesi, dove siamo stati bravi e dove invece bisogna migliorare. Eppure una breve chiacchierata con chi ha deciso di sostenere – e non solo di votare – Potere al Popolo aiuta a capire e a riflettere su come continuare questo percorso. Bisogna organizzarsi per andare avanti perché indietro non si può e non si deve tornare; bisogna lottare perché non possiamo e non dobbiamo rinunciare alla nostra natura e ai nostri metodi; bisogna crederci e impegnarsi con tutte le nostre forze perché possiamo e dobbiamo trasformare lo stato esistente delle cose.

Ce n’est qu’un début, continuons le combat!

Ora e sempre, Potere al Popolo!

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