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24/05/2018

Tribunale internazionale contro Erdogan

Bruxelles: giuria internazionale pubblica la sentenza sui crimini di guerra del Presidente turco nei confronti dei curdi

In effetti denota molta sfacciataggine, se proprio il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan esprime la critica più dura rispetto al bagno di sangue che l’esercito israeliano con i suoi cecchini ha perpetrato nei confronti dei manifestanti nella striscia di Gaza. Ma allo stesso tempo con le sue parole aspre e il ritiro del suo ambasciatore da Tel Aviv, ha messo a nudo le tiepide reazioni dei suoi partner della NATO rispetto ai crimini israeliani presso la recinzione di confine. Proprio Erdogan, che per brutalità e spregio dei diritti del suo procedere militare contro la popolazione curda non è in nulla inferiore a Netanyahu. Entrambi sono criminali di guerra «alla pari», ma immuni da qualsiasi responsabilità penale come molti altri criminali di guerra ai vertici degli Stati.

Per superare questa impotenza rispetto ai crimini della guerra in Vietnam, il filosofo e matematico Bertrand Russell e il politico e scrittore Ken Coates, oltre 50 anni fa crearono il primo tribunale internazionale per misurare la strategia di guerra degli statunitensi secondo le norme penali dei principi di Norimberga del 1945. A Londra, Roskilde e Stoccolma nel 1966 e 1967 si incontrarono scrittori e intellettuali come tra gli altri Günther Anders e Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre e Peter Weiss, per assumere prove sulla storia, i retroscena e l’attuale strategia di guerra.

La sentenza fu univoca ma restò senza conseguenze, perché il tribunale non aveva potere sanzionatorio e il governo colpevole non si mostrò impressionato. Seguirono numerosi tribunali, dopo la morte di Russell sotto il patrocinio di Lelio Basso e dopo la sua morte come «Permanent Peoples Tribunal». Il conflitto palestinese nel 2010 e 2011 è stato oggetto di quattro tribunali a Barcellona, Londra, Città del Capo e New York, con sentenza altrettanto univoca e allo stesso modo priva di influenza sulle successive guerre.

Oggi viene resa pubblica a Bruxelles la sentenza del per ora ultimo tribunale sulla guerra di Erdogan contro i curdi nel proprio Paese. Si è svolto il 15 e 16 marzo a Parigi e ha seguito lo stesso svolgimento dei precedenti tribunali, oramai sulla base del diritto penale internazionale codificato nello Statuto di Roma del 1998. Sotto la guida di una giuria internazionale composta di sette persone, l’avvocato belga Jan Fermon ha esposto l’accusa contro il Presidente Erdogan e il Generale Adem Huditi per gravi crimini di guerra nel periodo che va dal luglio 2015 al dicembre 2017 e crimini di Stato dal 2003. Oggetto dell’ampia assunzione di prove tramite testimoni, foto, video, documenti e esperti, sono stati gli attacchi militari contro località e civili nel sudest curdo della Turchia, nonché gli assassinii mirati, esecuzioni extragiudiziali e il «far sparire» di attiviste e attivisti curdi da parte dei servizi segreti turchi e delle forze di sicurezza, fino al sequestro di Abdullah Öcalan nel 1999 dal Kenya. La Turchia era invitata a inviare un rappresentante per la sua difesa. Lo ha ignorato. Sono seguiti due giorni di rapporti, foto e video sconvolgenti sulle vittime della guerra di anni che nei media di queste parti solo raramente hanno ottenuto la stessa attenzione dell’indignazione per la persecuzione di giornaliste e giornalisti.

La giuria nella sua sentenza vede nelle cause del conflitto la negazione del diritto all’autodeterminazione per i curdi, ai quali per decenni è stata negata la propria identità come popolo. Dalla fondazione dello Stato turco nel 1923, questo avrebbe continuamente condotto a nuove rivolte e scontro militari e anche oggi sarebbe la ragione per la disdetta da parte del governo del processo di pace iniziato nel 2012. La giuria affronta in modo approfondito il diritto all’autodeterminazione che riconosce al popolo curdo incondizionatamente il diritto all’autonomia e all’amministrazione autonoma. Respinge l’accusa che il PKK sarebbe un’organizzazione terroristica e riconosce il suo status in base al diritto internazionale come combattente in un «conflitto non internazionale» con l’esercito turco. In questo ha gli stessi diritti e doveri secondo le Convenzioni di Ginevra. Gli attacchi dell’esercito alla città vecchia di Sur a Diyarbakir, le località Cizre, Silopi, Nusaybin ecc. erano attacchi mirati contro istituzioni civili con gravi devastazioni e numerose vittime – evidenti crimini di guerra.

Invece di una sentenza penale, la giuria alla fine pronuncia raccomandazioni al governo turco: cessare tutte le attività militari e riprendere i negoziati, punire i colpevoli, ripristinare lo stato di diritto e un’amnistia per i numerosi prigionieri. Perché anche per questo tribunale vale quello che disse Jean-Paul Sartre per il tribunale sul Vietnam: «Non abbiamo né il potere di condannare né di assolvere qualcuno ... ma giudici ci sono ovunque, sono i popoli ... ed è proprio per loro che lavoriamo».

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