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25/05/2018

I giudici: “il PP è corrotto”. Governo Rajoy al capolinea?

Dall’autunno scorso il Partito Nazionalista Basco condizionava il suo sostegno alla Legge di Bilancio del governo PP-Ciudadanos – che da soli non avevano i voti sufficienti per approvarla – alla fine del commissariamento da parte di Madrid delle istituzioni catalane, sottoposte all’articolo 155 della Costituzione dopo la celebrazione del referendum dell’1 ottobre e la simbolica proclamazione della Repubblica Catalana. Ma mercoledì scorso, nonostante l’esecutivo spagnolo abbia deciso di bloccare il varo del nuovo governo catalano e di mantenere il 155, il partito della borghesia autonomista di Bilbao ha improvvisamente dato luce verde a Rajoy, in cambio di un lieve aumento delle pensioni e di alcuni consistenti investimenti nel Paese Basco, che il PNV potrà rivendicare nella prossima campagna elettorale.

Sembrava che il premier Mariano Rajoy potesse tornare a respirare. D’altronde il Partito Popolare, erede di quella Alianza Popular fondata nella seconda metà degli anni ’70 dalle ali più intransigenti del partito franchista e divenuto dopo neanche venti anni partito di governo, è sopravvissuto quasi indenne a momenti assai più complicati. Come quando, nel 2015, una grossa fetta del suo elettorato decise di abbandonare Rajoy dopo anni di sacrifici a senso unico inflitti alla popolazione sotto dettatura della Troika e numerosi casi di corruzione. In molti avevano predestinato il prossimo tracollo del PP e la fine del “regime del '78” prodotto dall’autoriforma del franchismo e dall’accordo con il grosso dell’ex opposizione antifascista. Ma le elezioni del 2016 – convocate vista l’impossibilità di formare un nuovo esecutivo – videro una nuova ascesa dei popolari e la riconferma di Rajoy alla guida di un esecutivo che contò sul sostegno della nuova destra di Ciudadanos e sulla tolleranza dei socialisti.

Ma in molti si chiedono se gli eventi di queste ore saranno in grado di affondare definitivamente la destra postfranchista spagnola.

Poche ore prima che Rajoy ricevesse l’ok dei regionalisti baschi, finiva in manette per corruzione l’ex ministro e dirigente del PP Eduardo Zaplana, ex portavoce del primo ministro tra il 2004 e il 2008. In un vero e proprio crescendo, la Audiencia Nacional ha emesso ieri una sentenza durissima sul “caso Gürtel” scatenando un vero e proprio terremoto.

Il Tribunale ha condannato a un totale di 351 anni di reclusione 29 dei 37 accusati di aver organizzato una trama criminale tra il 1999 e il 2005, finalizzata a finanziare illegalmente il Partito Popolare e alcuni suoi dirigenti approfittando della gestione da parte della destra delle comunità autonome di Valencia e Madrid. La Corte ha condannato a 51 anni di carcere il capofila della ‘banda’, l’imprenditore Francisco Correa, e a 33 anni l’ex tesoriere del PP Luis Barcenas. La moglie di quest’ultimo è stata condannata a 15 anni di reclusione, mentre il vice di Correa a 37. Al sindaco del comune di Majadahonda sono stati inflitti 38 anni.

Quel che è più grave – per Rajoy e i suoi, ovviamente – è che la sentenza considera il PP in quanto formazione politica come responsabile dell’appropriazione indebita di almeno 245 mila euro, e certifica l’esistenza di una contabilità parallela del partito di destra, la cosiddetta ‘Caja B’. All’interno dei registri sequestrati a Barcenas compare anche il nome dell’attuale premier come ‘utilizzatore finale’ delle donazioni illegali intercettate grazie alla rete di corruzione gestita dall’allora tesoriere. I contributi non dichiarati provenivano per lo più da imprenditori che in cambio ricevevano favori e facilitazioni da parte dei governi locali gestiti dal PP. La sentenza afferma che l’impresa di Francisco Correa e il PP hanno creato “un autentico ed efficace sistema di corruzione istituzionale attraverso meccanismi di manipolazione della contrattazione pubblica centrale, autonomica e locale” contando sulla complicità non solo dei governi locali e regionali ma anche sulla collaborazione di alcuni esponenti di punta del governo statale che in cambio dei favori concessi alle imprese nell’aggiudicazione degli appalti pubblici ricevevano una “commissione” del 3 o 4%.

Di scandali di corruzione che hanno investito esponenti del PP fin dalla sua nascita il curriculum della formazione – definita dai rapporti europei, sulla base del numero di inchieste e condanne, il “partito più corrotto” del continente – è pieno zeppo.

Ma le conseguenze politiche del “caso Gürtel”, tutte da verificare vista l’assuefazione dell’elettorato di destra spagnolo alla corruzione, potrebbero essere maggiori rispetto al passato. Perché la sentenza colpevolizza in PP in quanto tale, e non alcuni suoi esponenti o dirigenti come era avvenuto in passato.

Nel tentativo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica, ieri il governo ha scatenato una maxi operazione di polizia in Catalogna finalizzata a trovare le prove del presunto utilizzo da parte delle autorità di Barcellona di fondi pubblici per la cooperazione, destinati invece all’organizzazione del referendum sull’autodeterminazione. L’ingente mobilitazione di forze dell’ordine, l’alto numero di fermi e perquisizioni ha però portato ad un nulla di fatto.

Rajoy in una intervista si è difeso affermando che “il PP è molto più di dieci o quindici casi isolati di corruzione” (!). Ma stavolta la tegola che gli è piovuta addosso è davvero pesante. L’ex leader della formazione, José Maria Aznar, ha chiesto le dimissioni del segretario del partito nel tentativo di tornare in sella e di evitare che la formazione politica venga travolta. I sondaggi degli ultimi mesi segnalavano già un calo significativo dei consensi per il PP, che ora potrebbe diventare assai più consistente, ad un anno esatto dalle elezioni europee, da quelle comunali e di alcuni appuntamenti regionali.

Secondo i sondaggi – per quello che valgono – ad approfittare dell’ennesima crisi del PP sarebbe soprattutto Ciudadanos, il partito di destra nato in Catalogna nel 2005 per controbilanciare il vento indipendentista è da qualche tempo diventato una forza politica di consistente peso politico statale, capace di attirare i consensi in fuga dal PP e anche dal Psoe. Dall’inizio della crisi catalana i suoi leader Albert Rivera ed Ines Arrimadas hanno impresso un notevole giro a destra del messaggio della formazione, che si caratterizza ancora più del PP per la sua ideologia nazionalista e reazionaria e i suoi crescenti legami con l’estrema destra neofascista. Finora Ciudadanos è servito come “caja B” del PP, fornendo agli elettori scontenti un comodo approdo in grado di tenere a galla l’esecutivo e di rafforzare il ‘regime del 78’, passato da bipartito a tripartito. Ma la sentenza sul “caso Gürtel” potrebbe sancire lo storico sorpasso da parte della nuova destra.

Si capirà nelle prossime ore se Rivera, reduce da una kermesse ultranazionalista finalizzata ad un allargamento del partito ad altre aree politiche reazionarie, approfitterà del colpo inferito dalla magistratura al suo alleato Rajoy per buttare giù l’esecutivo e andare rapidamente ad elezioni anticipate che potrebbero decretarne la vittoria. Nel frattempo i socialisti hanno presentato una mozione di sfiducia che, col sostegno dei partiti di opposizione Unidos Podemos, Erc, PDeCAT, Compromis, Bildu e Nueva Canaria, potrebbe arrivare ad un passo dalla spallata.

Se a votare la sfiducia fossero anche i deputati del Partito Nazionalista Basco – o qualche ‘franco tiratore’ di Ciudadanos, il governo Rajoy potrebbe avere i giorni contati. Ma non necessariamente Madrid ne uscirebbe a sinistra.

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