Mentre crescono le proteste dei lavoratori dopo l’ennesimo morto sul lavoro all’Ilva di Taranto – dal 1° gennaio i morti sul lavoro sono stati 266, molti di più gli infortuni con conseguenze anche molto gravi – pensavamo di aver letto e sentito tutto il peggio di un mondo del lavoro che non tiene più in alcun conto le persone che lo svolgono, ma non è così. L’incidente, che ha causato l’amputazione della gamba ad un giovane di 28 anni, probabilmente non sarà neanche considerato incidente sul lavoro visto che il suo “non” lavoro era quello di consegnare i pasti a domicilio per Just eat: obbligo la velocità. Bicicletta o moto devi sfrecciare per ore tra il traffico della città, ma secondo il Tribunale di Torino questi sono lavoratori autonomi. Sarebbe meglio dire a cottimo, visto che sono pagati in base al numero delle consegne. L’indignazione che prende nel leggere queste notizie diventa rabbia nel rendersi conto che nessun mezzo di informazione, almeno i principali, ha la correttezza di chiamarlo incidente sul lavoro, ma lo relega a spiacevole incidente stradale. Vedi il drammatico VIDEO dell’incidente.
Di seguito il comunicato dell’Unione Sindacale di Base
Milano, dove una gamba amputata a un fattorino non è un incidente sul lavoro
A 28 anni stava consegnando un pasto a domicilio e lo faceva correndo, come tutti i quasi 3000 fattorini che sfrecciano in bicicletta o in motorino in giro per Milano, ogni giorno. Gli hanno amputato una gamba perché è finito sotto ad un tram. Era un lavoratore di ‘Just eat’. Non possiamo sapere se gli verrà riconosciuto l’infortunio sul lavoro, perché anche se retribuito, poco e male; anche se tracciato in ogni suo spostamento, per la legislazione il suo non è un lavoro ma un job,un lavoretto non equiparabile al lavoro subordinato, anche se quel job lo fai ogni giorno per parecchie ore settimanali.
Infatti oggi nessun giornale parla di incidente sul lavoro: questa la triste realtà che vivono i riders, i fattorini che consegnano pasti a domicilio. La chiamano innovazione, lavoro digitale, gig economy, solo per non dare tutele a questi lavoratori, in primo luogo un’assicurazione e il riconoscimento della posizione di lavoratori subordinati, che garantirebbe loro l’uscita dalla schiavitù e il contratto di lavoro del trasporto merci e della logistica.
Eppure questi lavoratori, giovani e meno giovani, alcuni padri o madri di famiglia, senza contratto, vengono monitorati e i loro percorsi quotidiani tracciati attraverso algoritmi che ne valutano efficienza e produttività; controllati attraverso un moderno caporalato digitale capace di tagliare le commesse a chi non ha prestazioni di super efficienza. Scaricano una App sui loro cellulari, da lì inizia la moderna schiavitù: nessuna busta paga, ma carte di credito o prepagate su cui vengono accreditati i corrispettivi economici del lavoro svolto, guai a chiamarli stipendi. Sei in costante competizione coi tuoi ’colleghi’: più pedali o corri con il motorino e più commesse prenderai. Se protesti per le condizioni di lavoro e chiedi diritti non vieni licenziato, parola desueta, vieni sloggato, ovvero la tua app non ti permette più di lavorare non ti dà più commesse; stessa cosa se vai piano o se per qualche giorno non dai la tua disponibilità. Devi correre veloce, più del tuo amico, andare contromano, tagliare la strada, mettere a rischio la tua vita e quella degli altri per il lavoro, perché più corri veloce e più la tua app ti fa guadagnare. Niente diritti, tutele, sicurezze.
USB chiede che venga a cessare questo moderno caporalato, che venga istituito un salario minimo contrattuale per i riders e ritmi di lavoro normati e umani, oltreché un regolamento e l’applicazione del CCNL della logistica e del trasporto merci per far uscire dal sommerso questi lavoratori, che quotidianamente rischiano la vita. Per questo USB chiederà oggi stesso un incontro con l’Assessore alle politiche del lavoro del Comune di Milano Cristina Tajani, per illustrare le nostre proposte e sentire quelle dei fattorini. È necessario che Milano si doti di un registro dei riders da cui le aziende possano chiamare i lavoratori e con il quale il Comune garantisca alcune tutele da costruire in un tavolo condiviso. È necessario che il comune ascolti questi lavoratori e i loro collettivi, costruendo il tavolo milanese di discussione tra lavoratori, istituzione e parti datoriali, arrivando in tempi brevi ad una carta condivisa delle tutele.
Chiediamo all’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Milano-Lodi di prendere atto delle condizioni di lavoro esistenti in tutte le aziende che a Milano consegnano pasti a domicilio e nello specifico che apra una indagine su ‘Just eat’ per verificare la posizione lavorativa del lavoratore a cui è stata amputata la gamba. Lo chiediamo ben sapendo che gli ispettorati del lavoro sono sottorganico e che gli Ispettori non riescono a garantire nemmeno il lavoro ordinario. Lo chiediamo nella consapevolezza che tutto questo fa parte di un unico progetto, quello di smantellare quei diritti e quelle garanzie che i lavoratori con le loro lotte si sono conquistati nel tempo, attraverso lo smantellamento della legislazione del lavoro e l’indebolimento se non la completa scomparsa dei controlli sulla sicurezza del lavoro volti a garantire condizioni di lavoro dignitose e appunto sicure.
Chiediamo ai funzionari di Vigilanza INAIL che facciano i controlli necessari per verificare se sussistano fenomeni di lavoro sommerso/irregolare e l’eventuale valutazione del rischio per i lavoratori, che facciano accertamenti sulle violazioni in materia previdenziale e che valutino la posizione assicurativa del fattorino vittima di questo incidente sul lavoro.
USB si stringe attorno alla famiglia del lavoratore ai suoi amici e colleghi e come organizzazione sindacale si mette a disposizione del lavoratore vittima dell’infortunio e di tutti i lavoratori ed i collettivi di riders Milanesi a cui chiediamo un incontro in tempi brevi.
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