Merita usare il titolo del romanzo più
conosciuto del grande Tom Wolfe, che ci ha raccontato nel 1987 uno
spaccato di Stati Uniti nell’anno della prima grande caduta di Wall
Street dal ’29. Uno spaccato che ci ha rivelato poi un mondo a venire. Il falò delle vanità si adatta bene ad un eventuale nuovo governo leghista-pentastellato.
Già perché se l’indirizzo di governo è quello che emerge in questi
giorni – tra dichiarazioni ufficiali e rivelazioni – una generazione,
nuova, di ceto politico sta velocemente mettendo al rogo il proprio patrimonio di consenso politico così velocemente conquistato.
Certo, si tratta di un falò delle vanità
– dello status, dei simboli del potere – che si candida ad essere
accelerato e doloroso. O, in alternativa, doloroso con lentezza. Ma, in
ogni caso, il falò è certo. Si tratta di capire solo quando sarà acceso
il cerino. E quali effetti avranno i suoi bagliori sulla società
italiana.
Perché? Per due motivi opposti ma dall’esito simile: se
il governo leghista-pentastellato nasce e si fa condizionare
dall’“Europa” finisce soffocato dall’abbraccio mortale di Bruxelles,
Berlino, Francoforte etc. Se invece entra in conflitto con l’ “Europa” finisce umiliato dalle forze preponderanti del mainstream finanziario e politico.
In ogni caso, quindi, si tratta di un governo destinato a perdere
consenso perché connivente con l’Europa o sotto attacco del mondo.
Verrebbe da dire che lo schieramento leghista-pentastellato non
ha assimilato bene le, peraltro difficili da digerire, lezioni della
breve esperienza di governo Tsipras-Varoufakis. Se non fosse che queste
esperienze dovevano esser assimilate da una sinistra che, invece, le ha
semplicemente rimosse. Resta poi il dettaglio dell’effetto, sul
tenore di vita delle popolazioni, del rapporto critico, che si
annuncia, tra governo nazionale e governance europea. Cosa accadrà è
intuibile: ogni dettaglio sul peggioramento delle condizioni di vita
della popolazione in questa incertezza verrà mediaticamente brandito
come la prova provata della legittimità politica di questo o quel
comportamento da parte di questa o quella fazione in campo.
Ma cosa è cambiato da quando, circa due
mesi fa abbiamo scritto che un governo 5 Stelle-Lega avrebbe importato
la guerra finanziaria nel nostro paese?
Il semplice dettaglio che siamo passati
dalla teoria alla pratica. E’ bastata la pubblicazione di una bozza
della possibile intesa tra 5 stelle e Lega che il giorno dopo la borsa
di Milano ha lasciato sul campo oltre il 2% in un giorno, perdendo
specie nei titoli bancari che dipendono comunque molto dalle scelte dei
governi, “guadagnando” 150 punti di spread dai bund tedeschi (e quindi
la possibilità di aumentare il debito pubblico).
Ora, intendiamoci, Milano quest’anno è
andata bene, qualche perdita ci può stare, e 150 punti di spread non
sono moltissimi. Ci sono dinamiche di salvataggio dei bond nazionali,
attuabili da Francoforte, che nella crisi dello spread del 2011 non
c’erano. E, per le tensioni che si sono accumulate sull’Italia, come
hanno detto diversi analisti, in fondo è andata bene. Ma è la
dinamica che si è innestata in questi giorni che è da mettere sotto
osservazione. Intendendosi, prima di tutto, su un concetto. Quello di
guerra finanziaria. Si tratta un conflitto, che si basa
sull’uso aggressivo delle dinamiche di compravendita di azioni ed
obbligazioni, per mettere in difficoltà uno stato e per trarre seri
profitti dalle difficoltà del suo debito, del suo sistema bancario o di quello delle imprese.
La guerra finanziaria può essere mossa da alcuni stati contro altri,
vedi l’attacco al rublo del 2014, da grandi corporation finanziarie
contro stati in difficoltà, vedi la crisi europea del debito sovrano,
oppure da una miscela tra i due soggetti. Gli effetti collaterali di questa
guerra toccano direttamente la società, l’economia, ciò che rimane
dello stato sociale.
La guerra finanziaria non avviene mai
per caso, ci sono delle debolezze strutturali che un paese mostra che
finiscono per attrarla. Debolezze che mostrano che lo stato in questione
può, o deve, essere finanziariamente messo in condizioni di criticità o
per motivi strettamente politici o di vera speculazione.
Nel caso dell’alleanza 5
stelle-Lega la guerra finanziaria si può attrarre sia per condizionare
l’Italia riportandola nelle regole della governance Ue oppure perché i
fondi speculativi hanno trovano un bersaglio che, una volta colpito,
genera uova d’oro. Perché il capitale non perdona i figli più
deboli, alto debito, crescita bassa, bilancio dello stato messo in forse
dalle politiche possibili del governo del “cambiamento”: si addensano
molte delle condizioni di attacco. Diversi analisti dicono che, rispetto
al 2011, l’Europa è strutturalmente più forte. Possibile, ma non
l’Italia che dal 2014 a oggi, in termini di ripresa, ha fatto meglio
solo della Grecia. E se la “crescita” globale allenta i rischi, un
paese cosi’ debole, ne intravede al proprio orizzonte.
La pubblicazione a mezzo stampa della bozza d’intesa di governo è un benchmark per capire
che, così procedendo, per ora si sta porgendo il fianco a entrambe le
possibilità. Quelle dell’attacco istituzionale e quelle delle dinamiche
di predazione del mercato finanziario. Perché si chiede l’applicazione
delle regole europee per la sterilizzazione del debito pubblico, 250
miliardi, che non ci sono (anche quelle una intervista a Borghi che
rettificava il documento sono scritte tutte sulla sabbia) perché i
rumors sul referendum consultivo sull’uscita dall’euro sono,
contestualmente, pericolosi per un paese che ha bisogno di trovare 400
miliardi l’anno di debito pubblico da rifinanziare ogni anno. E
hai voglia di spararla e poi minimizzare: come si è visto, alla prima
tensione mediatica su governance europea e euro, l’Italia brucia
miliardi in borsa e potenzialmente alimenta debito pubblico con
l’allargarsi dello spread. Poi su chi ha fatto questo danno, sparando
missili fatti di disinvestimento, la discussione è aperta.
Ed è questa dinamica, che rivedremo in
caso di governo leghista-pentastellato, che è destinata a ripetersi nel
futuro. A volte in modo più drammatico. Ed è lo ribadiamo, questa
dinamica che passa tra il comportamento del governo, le risposte della
governance europea, l’infiammarsi dei conflitti finanziari che comporrà
il falò delle vanità, e delle conseguenti aspirazioni, di questo ceto
politico che si candida a classe dirigente. Ceto che finirà per
bruciarsi in questo gioco. Le sparate di Borghi, economista vicino a
Salvini, sui mercati che disinvestono in Italia perché “non capiscono
nulla di economia” finiranno per essere pagate care e tutte. Naturalmente
cercheranno poi di compensare questa potenziale perdita di consensi con
un martellamento mediatico fatto di immagini e spot che andranno a
colpire inesorabilmente i più disperati con un contorno di qualche
tonnellata di retorica su ordine e legalità.
Certo, una buona parte della popolazione
italiana subirà questa situazione. E’ già accaduto nel 2008, poi con la
crisi del debito sovrano. Accadrà di nuovo fino a quando le sinistre
vedranno la realtà come un qualcosa che vola via, velocissimo,
inafferrabile, incomprensibile. Balbettando formule deboli, logore e
inadeguate.
Redazione, 17 maggio 2018
Quando si parla e si vuole organizzare una raccolta firme per una legge d'iniziativa popolare che renda possibile l'indizione di un referendum consultivo sull'UE e l'Euro bisognerebbe tener da conto il discorso dei compagni livornesi, in Italia per il momento gli unici a battere e dedicarsi alla questione del braccio armato finanziario, di come viene esercitato e come si muove
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