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31/05/2018

Il morto è vivo. Clamoroso falso dell’Ucraina e del Parlamento Europeo

Si sa che la propaganda di guerra può giocare brutti scherzi. L’apparizione in vita del giornalista russo rifugiatosi in Ucraina, Arkady Babchenko, dichiarato morto, anzi assassinato dai perfidi servizi segreti russi, ha seppellito sotto una montagna di sterco sia le autorità ucraine sia quelle europee che, in questo come nel caso dell’ex agente russo ucciso in Gran Bretagna, avevano già fatto istruttoria ed emesso sentenza contro la Russia.

Qui di seguito la dichiarazione del presidente del parlamento europeo Tajani rilasciata quando si era da poco diffusa la notizia dell’uccisione di Babchenko. Antonio Tajani era intervenuto martedì alla assemblea plenaria di Strasburgo con le seguenti parole:
“Ieri il giornalista russo Arkady Babchenko è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella sua casa a Kiev. E’ stato tra i più importanti corrispondenti russi e ha dovuto lasciare il suo paese dopo essere stato vittima di minacce di morte e di una campagna di odio per il suo lavoro e le sue opinioni politiche. Si tratta di un vile assassinio ed un attacco alla libertà di stampa e ai giornalisti che vegliano sui nostri valori e le nostre democrazie”. “Il Parlamento europeo chiede che venga fatta piena luce su quanto accaduto e che non solo gli esecutori materiali dell’omicidio, ma anche i mandanti di questo feroce omicidio, siano assicurati alla giustizia. Onoriamo la memoria dei giornalisti che hanno pagato con la propria vita la loro sete di verità come Anna Politovskaya, Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak. Finché non scopriremo i mandanti di questi due ultimi giornalisti non rimarremo in silenzio”.
Ma Arkady Babchenko, il giornalista russo dato per vittima di un assassinio a Kiev, è vivo ed è apparso ieri in una conferenza stampa insieme con il capo dei servizi di sicurezza ucraini a Kiev. La sua morte, ha detto quest’ultimo, è stata una messa in scena.

Secondo l’intelligence ucraina, “è stato scoperto un piano per assassinare Babchenko ed è stata presa la decisione di organizzare un’operazione speciale durante la quale siamo riusciti a raccogliere prove inconfutabili dell’attività terroristica dei servizi speciali russi nel territorio ucraino”. Insomma una toppa peggiore del buco. Mentre già si era messa in moto simultaneamente la macchina mass mediatica e diplomatica (anche qui probabilmente agisce una sorta di pilota automatico) contro “l’ennesimo crimine dei perfidi russi”, qualcosa deve essere andato storto e non è stato possibile far passare un vivo per un morto.

Il risultato, al di là delle conseguenze di immagine e di credibilità già abbondantemente usurata delle autorità ucraine, è la valanga di palta che ha seppellito il presidente del Parlamento europeo Tajani e le istituzioni “democratiche” dei nostri paesi, prone e pronte a scattare con condanne, esecrazioni e sanzioni all’insegna di una guerra che di fatto già c’è e che viene mascherata da difesa dei valori liberali e occidentali. Già la vicenda dell’ex agente russo ucciso in Gran Bretagna puzzava di montatura lontano un miglio. In compenso l’Unione Europea ha approvato nei giorni scorsi un finanziamento di 1 miliardo di euro per l’Ucraina, un paese con il più alto tasso di corruzione del mondo. Quello che non finirà in tangenti e bustarelle, finirà nelle spese militari sul fronte orientale contro le repubbliche indipendenti del Donbass.

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