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28/05/2018

Mattarella, articoli della Costituzione e bufale mediatiche

Sul web, in queste ore, è tutto un discettare sulla costituzionalità del comportamento di Mattarella. Cerchiamo di chiarire almeno parzialmente la questione. Gli articoli coinvolti sono l’articolo 92 e l’articolo 47.

L’articolo 47 recita così “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Possiamo dire che Mattarella a questo proposito abbia tutelato il risparmio? No, perché per farlo in questa forma Mattarella dovrebbe avere capacità previsionali che non ha e non può avere. Inoltre, se volesse garantire il risparmio da tutti i possibili rischi, la controfirma ministeriale a tutte le finanziarie sarebbe stato un processo oltre modo lungo e difficile, ma così non è stato. Perciò possiamo inferire che l’intenzione del Presidente della Repubblica, in questo senso, non sia del tutto trasparente.

L’articolo 92 recita così: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”.

Che senso hanno in questo contesto i termini “nomina” e “proposta”? Costantino Mortati, in quanto relatore all’epoca diceva: “il Capo dello Stato deve valutare quella che è la situazione politica in relazione alle elezioni e deve designare per la composizione del Governo la persona che si suppone più adatta ad esprimere questo indirizzo o gli indirizzi dominanti nei gruppi espressi dalle elezioni popolari”. E aggiunge: “Richiama, quindi, l’attenzione dei colleghi sull’opportunità di pronunciarsi in merito alla posizione giuridica del Primo Ministro: se, cioè, questa debba essere diversa da quella dei Ministri che verrebbero nominati in un secondo momento e su proposta, appunto, del Primo Ministro. A questo proposito fa presente che, sia negli articoli che ha proposto personalmente, sia in quelli del Comitato, la nomina del Primo Ministro ha un carattere pregiudiziale rispetto a quella dei Ministri, che dovrebbero, quindi, godere della fiducia tanto del Presidente della Repubblica che del Primo Ministro. Si concede, cioè, a quest’ultimo una maggiore discrezionalità nella scelta degli uomini che debbono consentirgli di realizzare un determinato indirizzo politico, appunto in quanto lo si considera responsabile della politica generale del Governo”.

Non a caso Einaudi considera la nomina del Presidente del Consiglio da parte del Presidente un procedimento elastico e non rigido e cioè tale da favorire l’approvazione da parte del Parlamento.

Infatti egli dice “La scelta da parte del Capo dello Stato di una determinata persona ha luogo dopo consultazioni ed accordi tra personalità e gruppi politici, e il designato, prima di accettare, si assicura la collaborazione di un certo numero di membri del Parlamento, i quali alla loro volta hanno un certo seguito in seno alle Camere. In tal modo è prevedibile che la persona designata avrà un voto favorevole dal Parlamento”.

Il limite all’arbitrio del Presidente della Repubblica viene esplicitato anche da Tosato che afferma “la nomina del Primo Ministro deve essere preceduta da quelle consultazioni che sono ritenute necessarie affinché la scelta fatta dal Capo dello Stato soddisfi le esigenze della maggioranza parlamentare. Del resto, ritiene che quest’obbligo del Capo dello Stato sia costituzionalmente garantito dalla norma, già approvata, che dichiara il Presidente della Repubblica responsabile qualora, nell’esercizio delle sue funzioni (cioè anche nel caso che proceda alla nomina di un Governo non assolutamente a base parlamentare), violi la Costituzione”.

Ancora Mortati asserisce nei lavori della Costituente: “È ormai universalmente accettato il sistema di procedere in primo luogo alla designazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, lasciando a questi di condurre le trattative per la scelta dei Ministri, ed è assurdo pensare che il Presidente della Repubblica possa presumere di scegliere egli stesso i Ministri” ed Einaudi aggiunge precisando il senso del termine “proposta” che: “Con l’espressione: «I Ministri sono nominati e revocati dal Presidente della Repubblica su proposta del Primo Ministro», si afferma appunto questo concetto, che è necessario per l’unità del Gabinetto ed implica che i Ministri non possono essere proposti – se non indirettamente – dai partiti al Primo Ministro; ma questi li sceglierà da sé tra i rappresentanti dei partiti politici che gli possano assicurare una maggioranza”.

Discutendo una proposta di emendamento Tosato diceva: “Altra conseguenza dell’accoglimento di questa formula sarebbe la seguente: il ritorno a posizioni antiche, superate, caratteristiche dei primi ordinamenti costituzionali, quando tutti i Ministri erano nella stessa posizione di fronte al Capo dello Stato, e il Capo dello Stato nominava indistintamente, uno per uno, i singoli Ministri, ponendoli tutti, però, sullo stesso piano. Donde, in definitiva, un aumento del potere del Capo dello Stato, al quale è riservato lo stesso potere di scelta sia per quanto riguarda il Primo Ministro, sia per quanto riguarda tutti gli altri Ministri. Io credo che queste semplici considerazioni siano sufficienti a far comprendere la inammissibilità di questo emendamento”.

Ruini diceva poi “In caso di crisi il Capo dello Stato, dopo aver incaricato un uomo politico di formare il nuovo Gabinetto, lo nomina, ove egli riesca, Presidente del Consiglio con un decreto distinto; poi, su proposta del Presidente stesso, nomina i Ministri che comporranno, sotto la presidenza del già nominato Presidente, il Consiglio dei Ministri. Sono due atti distinti di nomina; e che siano distinti è perfettamente logico e costituzionalmente corretto”.

Dunque gli eventuali veti, come sinora si è verificato, non devono riguardare le idee o i programmi che si possono mettere in relazione al candidato ministro quanto piuttosto il suo profilo etico personale in relazione al dicastero considerato e tutto questo in vista della possibile approvazione del nascente governo in Parlamento. Questa possibilità di valutazione era concessa dal fatto che era possibile la formazione di un governo di coalizione che non rispecchiasse sic et simpliciter i programmi dei partiti isolatamente considerati e ci sarebbe stato bisogno di un bilanciamento finalizzato però esclusivamente all’approvazione del Parlamento. La riserva del Presidente della Repubblica deve cioè concretizzare il timore che il governo nascente non abbia l’approvazione delle Camere.

Sulla Stampa di ieri c’è poi il riferimento ad un articolo 65 sulla funzioni e le prerogative attribuibili al Presidente della Repubblica (tra le quali ci sarebbe l’assicurare il rispetto dei trattati internazionali) che però sulla Costituzione in vigore non è dato di vedere, né negli articoli che effettivamente riguardano il Presidente della Repubblica c’è questa specifica funzione (una bufala?).

Alla luce di queste considerazioni, quella di Mattarella è stata effettivamente una forzatura che non rispetta lo spirito della Costituzione repubblicana.

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