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22/05/2018

Sanzioni USA all'Iran, "le più dure della storia"

di Michele Giorgio – Il Manifesto
Tra minacce, rivolte anche agli europei, anatemi e accuse a raffica, è partita ieri la ‎‎crociata ‎dell’amministrazione Trump contro l’Iran, attesa dopo la decisione presa ‎‎a inizio mese dal ‎presidente americano di far uscire gli Stati Uniti dall’accordo ‎‎internazionale sul nucleare ‎iraniano (‎Jcpoa, 2015).

Il segretario di Stato Mike ‎‎Pompeo, nemico giurato dell’Iran, ‎parlando alla Heritage Foundation, ha ‎‎annunciato sanzioni durissime contro Tehran, ‎«le più ‎dure della storia‎». ‎«Sono ‎‎dodici condizioni draconiane per un nuovo accordo sul nucleare‎», ‎ha spiegato il ‎‎braccio esecutivo della politica estera di Trump, che ha intimato all’Iran il ‎ritiro ‎‎totale dalla Siria – chiesto a gran voce dal governo israeliano – se vuole evitare ‎il ‎‎collasso economico e l’accerchiamento diplomatico. Parole che suonano come ‎una ‎‎sentenza in una fase in cui anche la Russia, che pure non si muove in linea ‎con ‎‎Washington in Medio Oriente, insiste, per ora dietro le quinte, per il ritiro di tutte ‎‎le ‎forze straniere dalla Siria, quindi anche dei combattenti libanesi di Hezbollah, ‎‎della Guardia ‎repubblicana iraniana e delle altre milizie che fanno capo a Tehran.
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‎Se gli iraniani non rispetteranno le 12 condizioni – messe su carta con ogni ‎‎probabilità ‎assieme a Israele –, il segretario di Stato ha lasciato capire che le ‎‎conseguenze non saranno ‎solo economiche e diplomatiche. Sarà la guerra lo ‎‎sbocco del confronto con Tehran. E ‎quanto chiede Washington è fatto apposta per ‎‎non essere accettato dall’Iran. La ‎condizione madre è di ‎«dismettere il programma ‎‎nucleare, chiudere i reattori, ‎interrompere l’arricchimento dell’uranio, consentire il ‎‎totale accesso all’Agenzia ‎internazionale per l’energia atomica in ogni parte del ‎‎Paese e fornire un dettagliato e ‎aggiornato resoconto del programma finora portato ‎‎avanti‎».
L’interruzione del programma ‎missilistico, rimasto fuori dall’accordo del ‎‎‎2015, è un’altra condizione che l’Iran respingerà ‎perché, non avendo un’aviazione ‎‎militare adeguata, lo lascerebbe senza alcun potere di ‎deterrenza nei confronti di ‎‎un possibile attacco militare israelo-americano o di altri suoi ‎nemici in Medio ‎‎Oriente. Quattro condizioni riguardano il ‎«sostegno‎» che l’Iran ‎garantirebbe ai ‎‎suoi alleati. Tehran, ha detto Pompeo, deve interrompere l’appoggio a ‎Hezbollah, ‎‎Hamas, il Jihad islamico palestinese e i Taleban in Afghanistan. Un’accusa ‎in ‎‎quest’ultimo caso inventata qualche giorno fa dal comandante delle forze ‎‎statunitensi in ‎Afghanistan, il generale John Nicholson, visto che i rapporti tra i ‎‎guerriglieri sunniti e l’Iran ‎sono sempre stati conflittuali per motivi ideologici e ‎‎religiosi. Teheran l’ha subito respinta. ‎Gli Usa inoltre pretendono ‎il «ritiro totale ‎‎delle forze di Teheran dal territorio siriano‎», ‎l’interruzione «dei cyber-attacchi, ‎‎delle minacce e della destabilizzazione del Medio ‎Oriente‎» e invocano la ‎‎protezione del commercio.‎

Ma Washington ha nel mirino anche gli Stati dell’Ue che, almeno in apparenza, ‎‎stanno ‎facendo un fronte comune per mantenere in vita l’accordo sul nucleare ‎‎firmato nel luglio ‎‎2015 a Vienna. Pompeo ha spiegato che Washington si aspetta ‎‎che ogni Paese prenda ‎parte alla campagna di sanzioni. Le aziende che fanno affari ‎‎con l’Iran, ha ‎minacciato, ‎‎«saranno ritenute responsabili‎»‎. I partner ‎europei ‎‎«conoscono qual è la nostra ‎posizione‎», ha tuonato il segretario di ‎Stato. ‎«So che i ‎nostri alleati in Europa potranno ‎tentare di mantenere il vecchio ‎accordo con ‎Tehran. Questa è una loro decisione. Sanno ‎qual è la nostra ‎posizione‎», ha ‎concluso.‎

La reazione iraniana non si è fatta attendere. ‎«Chi ‎sei tu per decidere per ‎l’Iran e il mondo? Il tempo per queste azioni è finito, e il popolo ‎iraniano non ha ‎prestato attenzione a queste dichiarazioni centinaia di volte. ‎L’amministrazione ‎Trump ha riportato gli americani indietro di 15 anni, all’era Bush. Ma oggi ‎il ‎mondo non accetta più che gli Usa decidano per gli altri‎», ha protestato il ‎presidente ‎iraniano Hassan Rohani.‎‏

‎Commentando l’annuncio americano, la Russia ha spiegato che le condizioni ‎‎poste dagli ‎Usa rafforzeranno soltanto le correnti più radicali all’interno ‎‎dell’establishment politico e ‎militare iraniano, oltre ad avere un impatto negativo ‎‎anche in Siria. Ma è proprio su questo ‎che punta Washington, facendosi portavoce ‎‎della soluzione israeliana del “problema” che ‎passa anche per un attacco militare, ‎‎seguendo il filo conduttore dell’Iraq, ridotto alla fame ‎da 12 anni di sanzioni ‎‎economiche e infine invaso ed occupato da Usa e Gran Bretagna.

La ‎soddisfazione ‎del governo israeliano è enorme. ‎«Nessun arricchimento di uranio; sanzioni ‎‎severe, ed uscita dell’Iran dalla Siria: questa a nostro giudizio l’unica politica che ‎in fin dei ‎conti potrà garantire la pace», ha detto il premier Netanyahu nel corso di ‎un ricevimento ‎con il presidente del Paraguay Horacio Cartes, poco dopo il ‎trasferimento a Gerusalemme ‎dell’ambasciata del suo Paese. «Facciamo appello a ‎tutti i Paesi – ha aggiunto ancora ‎Netanyahu – affinché assecondino la leadership ‎americana‎»‎.‏

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