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29/05/2018

Mattarella non può imporre il proprio indirizzo politico al Parlamento

Anche i Giuristi Democratici sono rimasti sconcertati dall’iniziativa di Sergio Mattarella. E argomentano in punta di diritto costituzionale le ragioni di questa critica. E’ persino ovvio che si possa avere opinioni differenti su come affrontare il presente sconquasso istituzionale, ma ci sembra utile proporre ai nostri lettori un punto di vista tecnicamente informato. In questi giorni, infatti, abbiamo scoperto esistere migliaia di improvvisati “esperti costituzionalisti” che a prima vista non hanno mai aperto un breviario di educazione civica. E le cui elucubrazioni si riducono in effetti a “io sto con Mattarella” oppure no.

Come abbiamo scritto fin dal primo minuto, la sua è stata una scelta politica, esorbitante dai poteri che la Costituzione affida al Presidente. In altri termini, Mattarella ha – consapevolmente o meno – fissato un precedente che permette all’inquilino del Quirinale il compito di stabilire se una maggioranza parlamentare abbia o no il diritto di mettere in pratica il programma per cui è stata votata, scegliendo gli uomini e le donne incaricati di realizzarlo.

Lega e Cinque Stelle hanno presentato un programma che ci fa schifo, e ci preparavamo a praticare l’opposizione sociale e politica al loro governo. Ma la stessa sorte sarebbe toccata, a maggior ragione, a qualsiasi forza o coalizione politica intenzionata a gestire la macchina pubblica per soddisfare i bisogni di una popolazione stremata da crisi, austerità, disoccupazione, reddito insufficiente per sopravvivere. Come sempre accade, ogni distorsione del quadro costituzionale riguarda tutti.

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La scelta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di porre un veto sulla nomina del Ministro per l’Economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato, con la conseguenza di impedire la nascita di un Governo sostenuto dalla maggioranza dei parlamentari usciti dalle urne del 4 marzo, non è condivisibile; così come non è condivisibile l’irrigidimento sul nome del Prof. Savona, che appare strumentale, come prova di forza nei confronti del Quirinale, se non addirittura spregiudicato, per arrivare a nuove elezioni.

Non cambia, però, il merito giuridico della questione. E’ ben vero che l’art. 92 della Costituzione assegna al Presidente della Repubblica potere di nomina dei Ministri. Tuttavia spetta al Presidente del Consiglio incaricato, la proposta dei nomi. In tali casi la responsabilità politica dell’atto ricade sul Presidente del Consiglio incaricato, ed il controllo che su tale atto può essere esercitato dal Presidente della Repubblica non può mai assumere i contorni di una verifica sulle opinioni espresse dal ministro proposto.

Ed insomma, il rifiuto alla nomina non può mai fondarsi su un giudizio politico sul soggetto, ma solo su una sua inidoneità giuridica a ricoprire l’incarico. Questo perché, di fronte alla maggioranza parlamentare che indica un possibile governo, il Presidente della Repubblica svolge un attività politicamente neutra, e non può sovrapporre il proprio indirizzo politico a quello del Parlamento.

Va ricordato che il Presidente della Repubblica ha altre forme di controllo sulle possibili violazioni della Carta Costituzionale. Egli può, infatti, rifiutare di firmare eventuali atti che violassero palesemente la Costituzione. Il sistema è poi ulteriormente garantito dalla previsione di una Corte Costituzionale.

Nel suo ruolo di nomina dei ministri, quindi, il Presidente della Repubblica rappresenta lo Stato, e non una opinione politica di parte.

E’ chiaro che le forze della maggioranza, onde impostare fin dall’inizio un rapporto di reciproco rispetto e collaborazione istituzionale, avrebbero potuto indicare un altro nome per portare avanti il medesimo programma/contratto di governo.

Tuttavia il Presidente della Repubblica non può intervenire, se non con una moral suasion. Nell’esercizio della sua funzione di garanzia deve impedire abusi, per esempio rifiutando la nomina di persone che non diano affidamento di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina ed onore, come richiede l’art. 54 della Costituzione, ma non può imporre correzioni dell’orientamento politico espresso dalla maggioranza. La motivazioni addotte dal Presidente Mattarella per giustificare il suo veto alla nomina di Paolo Savona, al contrario, tendono ad affermare che il potere di scelta dei ministri, sotto il profilo dell’opportunità e delle opinioni politiche, spetti al Presidente della Repubblica.

Non convincono poi le ragioni addotte. Quando il Presidente dichiara che: “la designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari”, facendone da ciò discendere il rifiuto della nomina di Paolo Savona, attribuisce agli “operatori economici e finanziari” un potere di interferenza nei meccanismi della democrazia costituzionale che non ha ragione di essere. Secondo il nostro ordinamento sono le scelte degli elettori che determinano la nascita del Governi, non le reazioni dei mercati finanziari.

Nel contempo, appaiono preoccupanti le prime reazioni che la scelta del Presidente della Repubblica ha generato. In particolare le dichiarazioni scomposte da parte di taluni esponenti e le ipotesi di richiesta di messa in stato di accusa, che oltre che infondata, apparirebbe una ulteriore rottura del sistema costituzionale.

La crisi va risolta con pazienza, buon senso, cercando una via all’interno delle istituzioni democratiche repubblicane, attraverso un dibattito parlamentare ampio e corretto. Tutte le forze politiche ed i partiti debbono, in un frangente così difficile, fare ogni sforzo per evitare una irrimediabile lesione ai principi democratici parlamentari, anche evitando di irrigidire le posizioni assunte.

Nel contempo i giuristi ed i democratici, oggi più che mai, hanno il dovere di difendere la Costituzione, l’equilibrio, il sistema parlamentare e la democrazia, valori superiori, da ogni possibile lesione, da qualunque parte essa provenga e di continuare a battersi, al di là delle polemiche in corso, per il soddisfacimento dei bisogni delle persone, tema purtroppo estraneo al dibattito in corso.

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