Potremmo avere davvero un governo “populista”. Non ci crediamo,
troppi i vincoli che gravano sul presunto accordo legastellato:
Berlusconi, l’Europa, i “mercati”, nonché prospettive strategiche
differenti tra i due partiti contraenti. Eppure la crisi della
rappresentanza liberale potrebbe portare addirittura al governo “dei
barbari”, come li ha definiti il Financial Times. Tutto è
ancora da vedere insomma. Due cose però sembrano sicure oltre ogni
ragionevole dubbio: la prima, che tale governo non solo sarà destinato
al fallimento, ma riporterà in vita i partiti della stabilità liberale
una volta accertata l’assenza di vera alternativa allo status quo euro-liberista*;
la seconda, che la “sinistra” – tutta – per l’ennesima volta confonderà
i termini della sua opposizione all’esperimento “populista”. Il governo
ancora non c’è, in compenso abbondano le prove a sostegno del
malinconico ruolo della “sinistra” a sostegno del più perfido ruolo
ancillare della globalizzazione europeista. L’opposizione al governo
“populista” sta già montando (rigorosamente sui social network, unico
presidio antagonista del paese) nella direzione opposta al sentimento che ha portato Lega e M5S, insieme, al 50% dei votanti del paese.
In primo luogo va però chiarito un principio di realtà a cui la
suddetta “sinistra” puntualmente si sottrae rifugiandosi nell’empireo
delle proprie convinzioni ideologiche: qualsiasi risultato avrà
l’accrocco populista, questo non apre nessuno spazio politico a
sinistra. Lo spazio politico esiste solo in concreto, mai in astratto.
In astratto possiamo prefigurarci tutti gli spazi politici possibili, ad
esempio oggi manca lo spazio politico del comunismo, se vogliamo. In
concreto, però, tali spazi sono possibili solo se esiste materialmente
nella società una domanda inevasa che attende solo un’adeguata
rappresentanza politica. Oggi lo spazio che la sinistra dovrebbe
occupare è già occupato dal “populismo”, e altre domande sociali, altri
bisogni di rappresentanza, non esistono. Il fatto che non esistono oggi
non significa che non esisteranno più. Più semplicemente, questo vuol
dire che il fallimento del “populismo” non spingerà “le masse” a
prendere coscienza “dei loro reali bisogni”, e via delirando. Da una
parte questo produrrà ancora più rifiuto della delega politica.
Dall’altra tornerà a ingrossare (parzialmente certo) le percentuali
elettorali del centro liberale**.
Chiarito questo, se pure delle speranze rimangono, queste non avranno
alcun modo di dispiegarsi attorno alla riproposizione
dell’antiberlusconismo – divenuto oggi antipopulismo – fuori tempo
massimo. Già si percepiscono tragicomiche alleanze implicite della
“sinistra” dal Pd (anzi da Berlusconi) all’estrema sinistra. Combattere
il “populismo” in nome dell’euro-liberismo, della globalizzazione, del
cosmopolitismo, del libero mercato, della “fedeltà” ai vincoli di
bilancio, non farà altro che certificare la morte della sinistra tutta
di fronte alla vera domanda inevasa della società italiana: l’abolizione
dei vincoli liberisti sul bilancio. La diarchia pentaleghista va di
certo combattuta, ma in nome della mancata fedeltà alla percezione di
rottura (una percezione fallace, ma tant’è, esiste e bisogna farci i
conti) che questa suscita, non in nome del pareggio di bilancio. Va
combattuta spingendo il governo “populista” ad abolire la Fornero e
reintrodurre l’articolo 18, non in nome dell’articolo 81 della
Costituzione***. Va combattuta in nome dello sforamento dei vincoli di
bilancio europeisti, non in difesa di questi. Il battutismo delle élite (“dove
li troveranno i soldi” sghignazzano i sagaci commentatori) è lo stesso
di Renzi, e chi è amico di Renzi, del renzismo, del Pd e delle sue
propaggini intellettuali alla sua “sinistra”, è nemico del popolo. Oltre
il “populismo” c’è il ritorno all’ordine. L’alternativa è praticare
un’opposizione che costringa il “populismo” ad essere conseguente coi
sentimenti popolari che suscita. Non può farlo, altrimenti non sarebbe
populismo ma concreta alternativa al sistema politico-economico
dominante. Un sistema di cui la sinistra fa ahinoi parte, non solo
concretamente, ma soprattutto nella percezione degli strati popolari.
Una percezione rafforzata ogni giorno di più dal battutismo snob verso
“il governo più di destra della storia”. Ma stiamo scherzando? Non c’è
niente, oggi, più a destra dell’euro-liberismo incarnato da
Monti-Letta-Renzi-Gentiloni. Credere che gli esecutori del patto
liberista siano nostri involontari amici, il “menopeggio” rispetto al
“sovranismo” legastellato, significa confondere la realtà materiale con
le nostre aspirazioni intellettuali.
Fonte
* questa la trovo una certezza opinabilissima, non fosse altro perché i partiti liberali si sono sputtanati come non mai, e all'orizzonte mancano dei nuovi Renzi/Macron mediaticamente spendibili, sia a livello di "faccia", sia - soprattutto - di retorica. Della serie, al "popolo" di oggi cosa gli vai a raccontare per farti autorizzare col voto a peggiorargli ancora la vita? Ormai l'unico argomento rimasto ai "liberali" per ammansire il "popolo" è il manganello.
** anche qui non condivido e trovo che l'impalcatura non stia in piedi perché si travisa in toto la natura degli umori populisti, che sono essenzialmente quelli di pancia, quindi marcatamente materiali, seppur declinati in forma politicamente spuria. Il voto del 4 marzo lo ha dimostrato plasticamente: l'elettorato ha premiato chi si proponeva di risolvere i problemi materiali di fasce geograficamente precise di società in sofferenza. Ovvio poi che la quasi certa debacle "lega-stellata" non significa lo spostamento, a modello di vasi comunicanti, del dissenso verso la "sinistra" che deve ricostruirsi, riorganizzarsi e rilegittimarsi agli occhi delle masse.
Altrettanto ovvio che ripeterlo chiosando sul fatto che il dissenso rifluirà nell'alveo liberale – quale? si torna alla questione delle "facce" in cui si può tornare dentro anche il disastro di +Europa a dimostrazione che pure le questioni di genere e tutta la retorica che l'ha fatta da padrone tra gli anni '90 e i primi 2000 non ha più alcun radicamento di massa – non darà energia ne ricomporrà alcun fronte antagonista.
*** in questo passaggio mi pare si manifesti l'apoteosi della confusione. Viene da chiedersi come fare a ripristinare art. 18, fornero ecc. senza denunciare e pretendere il recesso dalla riscrittura dell' art. 81 della Costituzione.
Magari sbaglio, ma spesso ho la netta sensazione che tra i compagni permanga lo scambio confuso da conseguenze e cause.
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