L’elaborazione del bilancio del dopo 2020 è ormai all’ordine del giorno e la discussione sulla proposta presentata dalla Commissione Europea all’inizio del mese mette in evidenza le numerose contraddizioni esistenti tra i paesi membri.
Apparentemente, fino ad oggi, solo la Germania non ha avanzato critiche alla proposta. A ciò non è estraneo il fatto che sia stato Gunther Oettinger, commissario tedesco, l’“artefice” del bilancio, come ha riconosciuto lo stesso Jean-Claude Juncker.
Oettinger, noto per avere difeso una sorta di umiliazione dei paesi della periferia, suggerendo che le bandiere del Portogallo e di altri paesi sanzionati dalla troika venissero esposte a mezz’asta nelle istituzioni dell’UE, sta impegnandosi nella difesa della sua proposta, usando un vecchio argomento: se la proposta è criticata da ogni parte per ragioni opposte, allora vuol dire che contiene qualche virtù ed è equilibrata.
Il tempo dirà quanto adeguato alla realtà si rivelerà il pragmatismo tedesco. Poichè la realtà ha già dimostrato come in altre occasioni, con relativa facilità, divergenze inscenate a beneficio delle “opinioni pubbliche” nazionali siano svaporate nel “possibile compromesso”, giustificato da tutti con gli innegabili guadagni negoziali che, si sostiene, avrebbero provocato l’affievolimento dei preannunciati contrasti.
Da Lisbona a Berlino, da Stoccolma a Budapest e da Vienna ad Atene è certo il consenso sulle “nuove priorità” dell’UE: devono essere finanziate la “difesa”, la “sicurezza” all’interno e oltre le frontiere, la propaganda in merito alla necessità di combattere il “populismo” e l’“innovazione”.
Il “Fondo Europeo di Difesa”, destinato a finanziare il complesso militare-industriale delle principali potenze, aumenterà 22 volte. L’agenzia dell’UE responsabile per il controllo di polizia delle frontiere (Frontex) potrà ricevere fino a 25 miliardi di euro di bilancio, più che raddoppiando il personale, che potrà raggiungere i 5.000 effettivi. I programmi di mobilità giovanile saranno rafforzati, coinvolgendo i più giovani e assolvendo così a un duplice scopo: mantenere i giovani al riparo dal virus del “populismo” (leggi: le critiche all’UE) e organizzare meglio e più tempestivamente i flussi della forza lavoro su scala europea, in accordo con le esigenze del capitale e le sue necessità di manodopera.
Moedas, il commissario portoghese, elevato a stella dell’euro-firmamento dai commentatori nazionali – “non è forse l’uomo che, in un contesto di penuria generale, è riuscito ad aumentare il budget per la scienza?!” – esulta per il rafforzamento del “suo” Programma Quadro di Ricerca, “Europa Horizon”. Cento miliardi di euro per la “sylicon valley” europea. Un programma generoso per le industrie di punta delle potenze europee (compresa quella delle multinazionali), meno per la scienza di paesi come il Portogallo, che tra il 2007 e il 2013 è stato contribuente netto del Programma, cioè ha pagato più di quello che ha ricevuto.
La fattura di queste “nuove priorità” sarà fondamentalmente pagata dai paesi “della coesione”. Gli stessi che già oggi sopportano gli effetti asimmetrici del mercato unico, delle politiche comuni e della moneta unica.
Juncker parla della necessità che le “vecchie politiche” lascino il posto a “nuovi obiettivi”. In fondo, è tutto vecchio.
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