Riaprendo quel bagaglio ne ho trovato un po' per tutti i gusti: dai Green Day per i momenti spassionatamente cazzari, alla furia nichilista dei Pantera, passando per la claustrofobica oscurità degli Overkill del triennio '89-'91, probabilmente gli unici tra i miei ascolti passati a rievocare oggi come allora, sensazioni morbosamente sinistre, a tratti infastidenti, ma da cui mi è impossibile congedarmi.
I nuovi ascolti e le riscoperte non sono comunque mancati: tra Fear Factory ed Anthrax infilandoci in mezzo Spin Doctor (!?!) e Sceaming Trees gli stimoli sono stati molti e sarebbero potuti essere anche di più se non mi fosse mancato il tempo, ad esempio, per ragionare a modo sull'ultima uscita dei Depeche Mode...
La maggior criticità del 2017 è stata proprio questa, la mancanza di tempo ed energie per interessarsi a tutto quanto esula dalla mera sopravvivenza quotidiana...
In questo senso è un mezzo miracolo essere riuscito a dedicarmi come si conviene alla produzione dei Creedence Clearwater Revival in cui ha brillato di luce propria Cosmo's Factory, album immediatamente diventato uno tra i miei ascolti preferiti di sempre.
Va comunque detto che, come verificatosi negli anni più recenti, anche il 2017 ha avuto il suo bel convitato di pietra non tanto condensato in un genere – era stato il grunge – ma in un artista Chris Cornell che, combinazione, con la sua dipartita ha funestato l'anno riaprendo la piaga dello stillicidio di uno stile di cui non è rimasto nulla, oltre a ridare impulso (se qualcuno ne avesse parlato) alle disquisizioni sui traguardi che il successo personale più ampio non fa comunque raggiungere.
Potrei chiosare con un laconico "è il capitalismo, signora mia", ma un'alzata di spalle del genere non sposta nemmeno un grammo di scazzo che anche queste situazioni caricano addosso.
Quindi, che fare? Beh, anzitutto partire dall'assunto che questa non è un'uscita!
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