Possiamo trarre già da ora alcune conclusioni:
- il lessico finanziario ha definitivamente conquistato il linguaggio e i temi della lotta politica istituzionale italiana, più della crisi del 2011 e, ancor di più, dell’ultima campagna elettorale;
- non è molto chiaro, alla politica istituzionale, cosa causa quei crolli dei mercati che incidono nella politica e aggrediscono i servizi sociali. Per certi versi qui ci stupiamo di Cottarelli, che questi meccanismi li conosce molto bene. Ma si vede che, come accaduto in altri periodi, l’ora della crisi travolge tutti: improvvisati esperti e tecnici veri.
La prima cosa da sfrondare qui è
la mitologia popolare a volte anche giornalistica, che si diffonde
velocemente sui social: quella che politicizza le crisi finanziarie che
invece hanno effetti politici, ma è altra cosa. Ad esempio, prendiamo in considerazione il mito metropolitano sul fatto che l’Italia sia, o sia stata, sotto attacco Ue o tedesco.
Prima cosa qui da tenere in considerazione: l’Ue senza l’eurozona si dissolverebbe.
La crisi italiana è quella che, per la prima volta dai momenti più
acuti della crisi greca, ha messo in seria discussione, nel dibattito
finanziario globale, l’esistenza dell’eurozona. Casomai il problema Ue è che continua a chiedere austerità all’Italia per salvare l’euro. Ed è un peso che questo paese difficilmente sopporta.
Seconda cosa da tenere in considerazione: la Germania, basta vedere il loro dibattito mainstream, ha perso diverse decine di miliardi in partecipazioni italiane (bond, banche, titoli azionari) in pochi giorni. Per essere un atto di guerra finanziaria della Germania contro l’Italia sarebbe qualcosa di parecchio suicida. Quindi
altra questione, quella reale: la Germania chiede, e vuole imporre
all’Italia, misure che salvino le enormi criticità, ormai decennali, del
suo sistema bancario.
Certo le guerre finanziarie stato contro stato esistono – come è accaduto durante la crisi ucraina
del 2014 – ma non è il nostro caso. Quello russo-ucraino era un
contesto di guerra sul campo, seppur a bassa intensità, collegato con
uno di guerra finanziaria.
Si tratta poi di sfrondare un altro mito, diciamo di natura tecnico-complottista ma che, per come lo guardi, è anche l’ultimo baluardo delle mitologie della regolazione. Quello dell’onnipotenza della Bce.
Per cui se lo spread sale, o scende, la responsabilità è sempre della
Bce. Non funziona così: nella giornata di martedì, ad esempio sono
saltati i bond italiani a due anni protetti dalla Bce (parola del vice
presidente Bce, Constancio). Non è un caso: la Bce deve tener conto non
solo il problema della durata dei piani di finanziamento ed economia,
banche e (persino) azionariato pena lo scoppio di crisi di rigetto. Ma
anche di altri fattori: l’equilibrio delle componenti interne e,
sopratutto, il fatto che è esposta troppo verso soggetti a rischio
(banche, fondi investimento e, appunto, settore azionario). Per
cui l’intervento della Bce esiste, è formalizzato nei piani di
finanziamento, ma è limitato dall’equilibrio interno e dal livello di
compromissione col mercato di rischio.
Ma se l’Ue e la Germania non
c’entrano, se la politicizzazione dei comportamenti spiega poco, se la
Bce non è onnipotente allora dove dobbiamo guardare?
Ai grandi soggetti di investimento che operano nel terzo mercato obbligazionario al mondo (l’Italia con il suo debito). Questi
soggetti, in grado di guadagnare sulle crisi giocando al ribasso
(tattica da guerra finanziaria) sono indifferenti alle liturgie del
Quirinale o alle capriole di Di Maio. Semplicemente perché
operano ad una velocità estremamente più elevata degli accadimenti
giornalistici. Quella del trading ad alta velocità. Per cui il tempo che
intercorre tra una dichiarazione di Mattarella e l’altra, tra una
capriola di Toninelli e una di Centinaio è semplicemente un intervallo
tra ere geologiche. Per questo, a differenza del passato, cercare di mettere Cottarelli presidente del consiglio come “segnale al mercato” poteva essere efficace nella crisi del ’92
non in un mercato che opera su enormi volumi di azioni e obbligazioni
sulla base di nanosecondi. Per cui la dimensione dei comportamenti
istituzionali, aspetto già visto in altre crisi è troppo lenta per
essere “letta” dai mercati.
Quindi se il trading ad alta
velocità legge le crisi lo fa su criteri impermeabili ai riti della
politica. E in quale dimensione? Per fare un esempio, rispetto
al maggior mercato di equity (dove abbondano le vendite allo scoperto),
quello americano, la dimensione del trading ad alta velocità, stimata
dal Financial Times, è questa
Come
si vede, oltre al grosso ruolo dell’alta velocità nella crisi 2008, si
parla di un qualcosa che sta attorno al 60% di equities trattate in
termini di millisecondi. Difficile che, a quelle velocità, i valori si determinino guardando a come il Quirinale dispone i corazzieri.
Ed è difficile che quelle velocità non vada ad incidere sui prezzi dei
bond del terzo mercato obbligazionario al mondo della finanza globale,
ovvero l’Italia. Ma quello del mercato HFT è solo una parte del
problema. Da sempre il ruolo dei mercati coperti, le Dark Pool riguarda
il nostro paese. E, come si vede qui, nelle Dark Pool i bond italiani
hanno perso valore
Nelle Dark Pool si prezzano le dichiarazioni degli esponenti della politica italiana (come si vede dal link di yahoo finance) che credono così di parlare tra loro, o coi mercati ufficiali, e invece finiscono in mondi sconosciuti ma che determinano il costo del nostro debito pubblico.
Ma lo determinano in un linguaggio e in modi tutti loro, ben diverso da
quello della politica italiana: quello della velocità e dell’analisi
tramite algoritmi. Già, perché le decisioni, in un mercato nel
quale il millisecondo sposta enormi ricchezze, vengono prese sulla base
di algoritmi oppure dagli stessi algoritmi. Come funziona?
Anche qui, se si vuole, è semplice. I soggetti che fanno trading usano
programmi che generano notizie come fa google news. Con la differenza
che le notizie generate vengono lette da algoritmi i quali, se viene
consentita l’espressione, passano le loro analisi ad altri programmi
che, in automatico, decidono di vendere o comprare azioni, di fare
guerra o pace finanziaria con un paese. Gli umani rimasti in borsa
analizzano, e decidono, sulla base di questa catena di
comportamento, vendita o acquisto, se favorire o meno questo flusso di
dati, algoritmi o vendite. Ma, come è intuibile, a velocità
differenti. Per cui se un paese ha subito un attacco finanziario letale,
via algoritmi, se lo tiene.
Quindi le notizie che contano,
dall’Italia, e che decidono di pezzi importanti della ricchezza del
nostro paese, non solo passano dal trading ad alta velocità e dalle dark
pool ma anche, e soprattutto, da programmi che elaborano, analizzano e
decidono su ciò che appare dall’Italia, secondo criteri propri e ad
altissima velocità. Spesso, come notano diversi analisti da
quando è emerso il nostro paese, senza capire le notizie. Così ci si
intende sul perché i segnali mandati dall’Italia al “mercato” non
vengono “capiti”. Perché quello che viene chiamato il mercato è qualcosa
di totalmente diverso da ciò che la politica, nel suo complesso salvo
lodevoli eccezioni, immagina. Qualcosa che elabora, decide, ed
eventualmente distrugge, su criteri propri e ad altissima velocità. E non è un caso che dal 2012, anno della crisi del debito sovrano europeo, ci sono testate che chiamano questo piano Robot Wars.
Perché c’è tutto: da reti tecnologiche
inaccessibili, alta velocità, scontro tra soggetti finanziari in termini
di millisecondi, aggressione ai paesi in tempo reale.
Il teatrino della politica
italiana in questo scenario o viene ignorato, perché troppo lento
rispetto al trading ad alta velocità, o pensato in modo diverso da
algoritmi che non conosciamo che mandano le loro analisi a
programmi che prendono decisioni sulla base di data mining di profili i
cui criteri, spesso illegali, di profilazione non sono oggetto di
dibattito politico democratico in nessuna parte del globo.
Viene da sorridere quando si
vedono soggetti improbabili cercare di attribuire la “colpa” dello
spread a Mattarella o alla maggioranza gialloverde. O al complotto della
Germania, della Bce o chissà altro. La figura stessa di Soros,
affossatore della lira nel 1992, che ci ha spedito ad un livello di
crisi dalla quale l’Italia non è mai veramente uscita, è qualcosa di
romantico, umano rispetto a questa dimensione.
Siamo su un piano di conflitto
finanziario sui nostri conti pubblici, fatto, con questi dispositivi
tecnologici, per estrarre profitto dalla volatilità di borsa generata
con questi strumenti.
Qui il programma sovranista del governo gialloverde non prevedeva alcuna misura di prevenzione su questo piano.
Prevenzione che, a lungo periodo, si fa su investimenti pubblici
sull’intelligenza artificiale – non solo sul potenziamento della
prevenzione delle autorità di controllo – sulla formazione della
comunicazione, politica e dell’amministrazione a questi processi, sulla
capacità di ridurre al massimo la dipendenza del paese dalla finanza globale. Da
antidoto a tutto questo non c’era certo il professor Savona, che, fino a
ieri, stava nel consiglio di amministrazione di una start-up Fintech
ovvero di un settore che, su tutte queste dinamiche descritte, ci
guadagna.
Quanto a Mattarella stendiamo un velo pietoso, essere democristiani e conoscere il mondo sono due cose diverse.
Resta Cottarelli che questo mondo lo conosce essendone espressione. E
che ha subito severe lezioni dall’aumento vertiginoso dello spread. E’
stato superficiale o ha subito la situazione?
Lo capiremo presto. A nostre spese, naturalmente.
Redazione, 30 maggio 2018
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