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31/05/2018

Il crack finanziario lo impedisce Mattarella o i gialloverdi ? Vediamo la modalità mondo reale

In questi giorni convulsi, nella crisi politico-istituzionale italiana, le parti in causa si sono spesso rimpallate l’accusa di “causare lo spread”. Prima Mattarella – esplicitamente, pubblicamente e formalmente – ha causato la maggioranza gialloverde di alzare lo spread fino all’uscita dell’Italia dall’euro. In effetti durante la settimana precedente a quella di questa dichiarazione alcuni indici di speculazione, come il valore dei famigerati Cds (titoli assicurativi usati come arma impropria speculativa) si erano alzati del 43%. Poi la maggioranza gialloverde, dopo il martedì nero della borsa italiana, ha esplicitamente detto “visto che non alziamo lo spread?”. E questo ha portato i grillini a sostenere che un governo Conte avrebbe comunque dato un segnale di tranquillità ai mercati e, quindi, sul fronte spread. Il fronte dove emerge la figura di un sovrano finanziario che sta al di sopra di governance continentale, costituzioni e sovranità popolare.
 
Possiamo trarre già da ora alcune conclusioni:
  1.  il lessico finanziario ha definitivamente conquistato il linguaggio e i temi della lotta politica istituzionale italiana, più della crisi del 2011 e, ancor di più, dell’ultima campagna elettorale;
  2. non è molto chiaro, alla politica istituzionale, cosa causa quei crolli dei mercati che incidono nella politica e aggrediscono i servizi sociali. Per certi versi qui ci stupiamo di Cottarelli, che questi meccanismi li conosce molto bene. Ma si vede che, come accaduto in altri periodi, l’ora della crisi travolge tutti: improvvisati esperti e tecnici veri.
La prima cosa da sfrondare qui è la mitologia popolare a volte anche giornalistica, che si diffonde velocemente sui social: quella che politicizza le crisi finanziarie che invece hanno effetti politici, ma è altra cosa. Ad esempio, prendiamo in considerazione il mito metropolitano sul fatto che l’Italia sia, o sia stata, sotto attacco Ue o tedesco. 

Prima cosa qui da tenere in considerazione: l’Ue senza l’eurozona si dissolverebbe. La crisi italiana è quella che, per la prima volta dai momenti più acuti della crisi greca, ha messo in seria discussione, nel dibattito finanziario globale, l’esistenza dell’eurozona. Casomai il problema Ue è che continua a chiedere austerità all’Italia per salvare l’euro. Ed è un peso che questo paese difficilmente sopporta. 

Seconda cosa da tenere in considerazione: la Germania, basta vedere il loro dibattito mainstream, ha perso diverse decine di miliardi in partecipazioni italiane (bond, banche, titoli azionari) in pochi giorni. Per essere un atto di guerra finanziaria della Germania contro l’Italia sarebbe qualcosa di parecchio suicida. Quindi altra questione, quella reale: la Germania chiede, e vuole imporre all’Italia, misure che salvino le enormi criticità, ormai decennali, del suo sistema bancario.

Certo le guerre finanziarie stato contro stato esistono – come è accaduto durante la crisi ucraina del 2014 – ma non è il nostro caso. Quello russo-ucraino era un contesto di guerra sul campo, seppur a bassa intensità, collegato con uno di guerra finanziaria.

Si tratta poi di sfrondare un altro mito, diciamo di natura tecnico-complottista ma che, per come lo guardi, è anche l’ultimo baluardo delle mitologie della regolazione. Quello dell’onnipotenza della Bce. Per cui se lo spread sale, o scende, la responsabilità è sempre della Bce. Non funziona così:  nella giornata di martedì, ad esempio sono saltati i bond italiani a due anni protetti dalla Bce (parola del vice presidente Bce, Constancio). Non è un caso: la Bce deve tener conto non solo il problema della durata dei piani di finanziamento ed economia, banche e (persino) azionariato pena lo scoppio di crisi di rigetto. Ma anche di altri fattori: l’equilibrio delle componenti interne e, sopratutto, il fatto che è esposta troppo verso soggetti a rischio (banche, fondi investimento e, appunto, settore azionario). Per cui l’intervento della Bce esiste, è formalizzato nei piani di finanziamento, ma è limitato dall’equilibrio interno e dal livello di compromissione col mercato di rischio.

Ma se l’Ue e la Germania non c’entrano, se la politicizzazione dei comportamenti spiega poco, se la Bce non è onnipotente allora dove dobbiamo guardare?

Ai grandi soggetti di investimento che operano nel terzo mercato obbligazionario al mondo (l’Italia con il suo debito). Questi soggetti, in grado di guadagnare sulle crisi giocando al ribasso (tattica da guerra finanziaria) sono indifferenti alle liturgie del Quirinale o alle capriole di Di Maio. Semplicemente perché operano ad una velocità estremamente più elevata degli accadimenti giornalistici. Quella del trading ad alta velocità. Per cui il tempo che intercorre tra una dichiarazione di Mattarella e l’altra, tra una capriola di Toninelli e una di Centinaio è semplicemente un intervallo tra ere geologiche. Per questo, a differenza del passato, cercare di mettere Cottarelli presidente del consiglio come “segnale al mercato” poteva essere efficace nella crisi del ’92 non in un mercato che opera su enormi volumi di azioni e obbligazioni sulla base di nanosecondi. Per cui la dimensione dei comportamenti istituzionali, aspetto già visto in altre crisi è troppo lenta per essere “letta” dai mercati.

Quindi se il trading ad alta velocità legge le crisi lo fa su criteri impermeabili ai riti della politica. E in quale dimensione? Per fare un esempio, rispetto al maggior mercato di equity (dove abbondano le vendite allo scoperto), quello americano, la dimensione del trading ad alta velocità, stimata dal Financial Times, è questa


Come si vede, oltre al grosso ruolo dell’alta velocità nella crisi 2008, si parla di un qualcosa che sta attorno al 60% di equities trattate in termini di millisecondi. Difficile che, a quelle velocità, i valori si determinino guardando a come il Quirinale dispone i corazzieri. Ed è difficile che quelle velocità non vada ad incidere sui prezzi dei bond del terzo mercato obbligazionario al mondo della finanza globale, ovvero l’Italia. Ma quello del mercato HFT è solo una parte del problema. Da sempre il ruolo dei mercati coperti, le Dark Pool riguarda il nostro paese. E, come si vede qui, nelle Dark Pool i bond italiani hanno perso valore

Nelle Dark Pool si prezzano le dichiarazioni degli esponenti della politica italiana (come si vede dal link di yahoo finance) che credono così di parlare tra loro, o coi mercati ufficiali, e invece finiscono in mondi sconosciuti ma che determinano il costo del nostro debito pubblico. Ma lo determinano in un linguaggio e in modi tutti loro, ben diverso da quello della politica italiana: quello della velocità e dell’analisi tramite algoritmi. Già, perché le decisioni, in un mercato nel quale il millisecondo sposta enormi ricchezze, vengono prese sulla base di algoritmi oppure dagli stessi algoritmi. Come funziona? Anche qui, se si vuole, è semplice. I soggetti che fanno trading usano programmi che generano notizie come fa google news. Con la differenza che le notizie generate vengono lette da algoritmi i quali, se viene consentita l’espressione, passano le loro analisi ad altri programmi che, in automatico, decidono di vendere o comprare azioni, di fare guerra o pace finanziaria con un paese. Gli umani rimasti in borsa analizzano, e decidono, sulla base di questa catena di comportamento, vendita o acquisto, se favorire o meno questo flusso di dati, algoritmi o vendite. Ma, come è intuibile, a velocità differenti. Per cui se un paese ha subito un attacco finanziario letale, via algoritmi, se lo tiene.

Quindi le notizie che contano, dall’Italia, e che decidono di pezzi importanti della ricchezza del nostro paese, non solo passano dal trading ad alta velocità e dalle dark pool ma anche, e soprattutto, da programmi che elaborano, analizzano e decidono su ciò che appare dall’Italia, secondo criteri propri e ad altissima velocità. Spesso, come notano diversi analisti da quando è emerso il nostro paese, senza capire le notizie. Così ci si intende sul perché i segnali mandati dall’Italia al “mercato” non vengono “capiti”. Perché quello che viene chiamato il mercato è qualcosa di totalmente diverso da ciò che la politica, nel suo complesso salvo lodevoli eccezioni, immagina. Qualcosa che elabora, decide, ed eventualmente distrugge, su criteri propri e ad altissima velocità. E non è un caso che dal 2012, anno della crisi del debito sovrano europeo, ci sono testate che chiamano questo piano Robot Wars.
Perché c’è tutto: da reti tecnologiche inaccessibili, alta velocità, scontro tra soggetti finanziari in termini di millisecondi, aggressione ai paesi in tempo reale.

Il teatrino della politica italiana in questo scenario o viene ignorato, perché troppo lento rispetto al trading ad alta velocità, o pensato in modo diverso da algoritmi che non conosciamo che mandano le loro analisi a programmi che prendono decisioni sulla base di data mining di profili i cui criteri, spesso illegali, di profilazione non sono oggetto di dibattito politico democratico in nessuna parte del globo.

Viene da sorridere quando si vedono soggetti improbabili cercare di attribuire la “colpa” dello spread a Mattarella o alla maggioranza gialloverde. O al complotto della Germania, della Bce o chissà altro. La figura stessa di Soros, affossatore della lira nel 1992, che ci ha spedito ad un livello di crisi dalla quale l’Italia non è mai veramente uscita, è qualcosa di romantico, umano rispetto a questa dimensione.

Siamo su un piano di conflitto finanziario sui nostri conti pubblici, fatto, con questi dispositivi tecnologici, per estrarre profitto dalla volatilità di borsa generata con questi strumenti.

Qui il programma sovranista del governo gialloverde non prevedeva alcuna misura di prevenzione su questo piano. Prevenzione che, a lungo periodo, si fa su investimenti pubblici sull’intelligenza artificiale non solo sul potenziamento della prevenzione delle autorità di controllo sulla formazione della comunicazione, politica e dell’amministrazione a questi processi, sulla capacità di ridurre al massimo la dipendenza del paese dalla finanza globale. Da antidoto a tutto questo non c’era certo il professor Savona, che, fino a ieri, stava nel consiglio di amministrazione di una start-up Fintech ovvero di un settore che, su tutte queste dinamiche descritte, ci guadagna.

Quanto a Mattarella stendiamo un velo pietoso, essere democristiani e conoscere il mondo sono due cose diverse. Resta Cottarelli che questo mondo lo conosce essendone espressione. E che ha subito severe lezioni dall’aumento vertiginoso dello spread. E’ stato superficiale o ha subito la situazione?

Lo capiremo presto. A nostre spese, naturalmente.

Redazione, 30 maggio 2018

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