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30/05/2018

Libia 2018, vertice a Parigi


Al caos della guerra civile, che ha trasformato la Libia in una specie di patchwork nel quale si combattono varie milizie in rappresentanza degli interessi della NATO, dell’Arabia Saudita, degli Emirati arabi, della Turchia e dell’Egitto, dovrebbe mettere riparo adesso proprio il Paese da dove tutto è inziato: la Francia. Sette anni fa, in un rigurgito di arroganza coloniale e irresponsabilità politica, il presidente francese Sarkozy e il suo ministro degli Esteri Juppé scatenano una guerra contro la Libia, guidata da Muhammar Gheddafi.

Nel 2011 quest’ultimo, rovesciato a suon di bombe francesi, britanniche e americane – ma anche italiane, sganciate da bombardieri decollati dalla base aerea di Trapani-Birgi e dalla portaerei Garibaldi – viene consegnato alle milizie islamiche. Da allora i suoi assassini si fanno la guerra. L’Occidente se ne lava pilatescamente le mani senza trascurare di deprecare la situazione, che comporta un afflusso crescente di profughi. Un Occidente che si guarda bene dal riconoscere la sua parte di colpa nella morte di Stati sovrani e dei loro popoli, in Libia come in Somalia, in Afghanistan, in Iraq, in Yemen o in Siria.

A Parigi è stata concordata ieri la data del 10 dicembre prossimo per elezioni politiche e presidenziali in Libia. Ma i dirigenti della Tripolitania e della Cirenaica invitati nella capitale francese si sono guardati bene dal firmare un documento in proposito, sostenendo di dover sentire prima la loro «base». In realtà Macron, che non difende, almeno formalmente, la politica criminale dei suoi predecessori in Libia, ha conseguito un ennesimo successo di facciata, che non ha però nessun riscontro concreto.

Sono il petrolio libico e le riserve di gas i motivi fondamentali che hanno spinto la borghesia italiana, rappresentate allora da Silvio Berlusconi e dal suo ministro degli Esteri Franco Frattini, amiconi di Gheddafi – come Sarkozy – fino al giorno prima dell’aggressione, a partecipare attivamente alla lotta inter-imperialista nel vicino Paese nordafricano. L’Italia otteneva un quarto delle sue importazioni di petrolio e il dieci per cento del suo gas naturale dalla Libia. Il gruppo ENI vi ha investito miliardi di euro. Prima dello scoppio della guerra, l’Italia era il più grande partner commerciale della Libia, il più grande acquirente di petrolio greggio, e uno dei maggiori fornitori di armi del regime di Gheddafi.

A Parigi, rappresentava l’abortito governo lego-grillino l’ambasciatrice d’Italia in Francia...

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