di Stefano Mauro
“Damasco è pronta a
lanciare un’importante operazione militare per riprendersi la provincia
di Idlib e le aree vicino a Latakia”, ha affermato lunedì Bashar Al
Assad durante un incontro con la stampa.
Di fatto, dopo la campagna per la liberazione del Ghouta, di Deraa e di Quneitra, l’esercito siriano si sta già posizionando “per lanciare una nuova e fondamentale offensiva nel nord-ovest della Siria”, come dichiarato da una fonte militare al sito Al Masdar News.
Sempre secondo la stessa fonte, le forze d’élite “Tigri”, la guardia
repubblicana e la quarta divisione motorizzata saranno pronte, in pochi
giorni, a combattere per mettere in sicurezza tutta l’area fino al
confine con la Turchia.
Un’offensiva considerata fondamentale e forse tra le più
difficili, visto che nell’area ci sono molti miliziani jihadisti,
prevalentemente appartenenti ad al Nusra (Hayat Tahrir Al Sham),
che nel corso delle precedenti offensive si sono “arresi” e si sono
recati in quella regione, individuata come “area di de-escalation”,
durante gli accordi di Astana e le precedenti offensive di Damasco.
Ad oggi, in effetti, delle quattro aree di de-escalation individuate
lo scorso anno quella di Deraa e del Ghouta sono state liberate e
restano quella di Idlib e di Homs. L’ostacolo maggiore sarà,
secondo le fonti siriane, l’esercito turco che ha invaso la regione di
Afrin, ha installato numerosi punti di osservazione – fino ad 80 km
all’interno del territorio siriano – e si è posto come protettore di
quelle milizie jihadiste, ad esempio Ahrar al Sham o l’Els (Esercito Siriano Libero), sostenute e finanziate da Ankara.
La scorsa settimana, infatti, il governo turco ha annunciato la
decisione di voler aumentare il proprio sforzo bellico nell’area di
confine settentrionale, con l’intenzione di supportare, militarmente e
logisticamente, le milizie a lei legate. Una dichiarazione che mostra le
preoccupazioni da parte di Ankara relative sia all’imminente avanzata
dell’esercito lealista verso Idlib, sia riguardo ai recenti colloqui tra
Damasco ed i curdi sul futuro assetto di una Siria confederale. Accordi
che, secondo Damasco, porterebbero a una zona autonoma nel Rojava in
cambio della restituzione dei pozzi e delle risorse petrolifere al
governo centrale.
Da parte sua Ankara ha proposto alla Russia, insieme all’Iran
parte integrante del processo di pacificazione intrapreso ad Astana, la
creazione di un’ulteriore zona di “pacificazione” nell’area di Latakia,
Hama e Idlib. Oltre a ciò il governo turco punterebbe al disarmo di
tutti i gruppi jihadisti e alla creazione di un’unica formazione,
denominata “Esercito Nazionale”, che dovrebbe assumere una connotazione
politica e dovrebbe poi partecipare ai prossimi incontri per la
pacificazione del paese.
La risposta di Mosca è stata, attraverso un comunicato del ministero della Difesa, negativa. I
comandi russi favorirebbero un’avanzata siriana ad Idlib e Latakia
perché vorrebbero uno “smantellamento definitivo” di tutte le formazioni
jihadiste per la sicurezza delle basi russe in tutta
quell’area. Volontà, quella di Mosca, legata ai continui attacchi, anche
con droni, contro postazioni ed obiettivi russi da parte delle milizie
ribelli.
Secondo la televisione libanese Al Mayadeen, il comunicato
del ministero della difesa russo sarebbe il semaforo verde a Damasco per
una vasta offensiva militare congiunta, con il sostegno aereo di Mosca,
per liberare l’intera provincia di Idlib.
Sempre riguardo alla presenza di truppe straniere in Siria, l’ambasciatore
russo in Israele, Anatoly Viktorov, ha ribadito la propria contrarietà
alla richiesta di Tel Aviv di un ritiro iraniano dal paese.
“Gli iraniani, come Hezbollah, hanno un ruolo importante nella nostra
lotta congiunta contro i terroristi jihadisti in Siria – ha affermato
lunedì sul canale israeliano Channel 10 – visto che la presenza
di Teheran in Siria è totalmente legittima secondo i principi dell’Onu,
al contrario di quella turca o americana nel paese”.
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