di Michele Giorgio
A pochi giorni dal 18esimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle di New York compiuto da uomini di al Qaeda, il presidente americano Donald Trump minaccia il leader siriano Bashar Assad pronto a ordinare alle sue truppe di riprendere Idlib, l’ultima roccaforte in Siria delle formazioni islamiste armate, in
gran parte controllata da Hay’at Tahrir a Sham, schieramento dominato
dall’ex Fronte an Nusra, ossia il braccio di al Qaeda in Siria.
Considerata, al pari dell’Isis, negli Usa e in Europa una pericolosa
organizzazione terroristica responsabile di attentati e attacchi con
migliaia di morti, al Qaeda in Siria invece è definita da americani,
europei e buona parte dei media occidentali una formazione “ribelle”
solo perché combatte Assad. Lo stesso può dirsi dell’Isis inserito dagli occidentali nella galassia dei “ribelli” pronti a “difendere” Idlib.
“Il presidente Bashar al Assad – ha scrittoTrump in un tweet – non
dovrebbe attaccare sconsideratamente la provincia di Idlib in Siria.
Russi e iraniani farebbero un grave errore umanitario nel prendere parte
a questa possibile tragedia umana. Centinaia di migliaia di persone
potrebbero essere uccise. Non facciamo che questo accada!”. E’
chiaro che l’esercito siriano e le formazioni sciite sue alleate hanno
il dovere di non coinvolgere e proteggere i civili siriani che vivono
nella regione di Idlib (circa 3 milioni di persone) ma Trump che proprio
nei giorni scorsi ha negato aiuti umanitari americani a 5 milioni
di profughi palestinesi non ha alcun diritto di intimare ad altri di
fare ciò che per primo lui non fa. Ipocrite sono peraltro gli
ammonimenti a Damasco lanciati dalla Francia, paese che dal 2011
appoggia in Siria formazioni jihadiste e salafite, in particolare Jaysh
al Islam, un gruppo armato espulso dalla Ghouta orientale, la regione a
ridosso della capitale siriana riconquistata nei mesi scorsi dall’esercito
governativo.
Come, secondo alcune fonti, potrebbe essere avvenuto a
Ghouta, i “ribelli” si preparerebbero a lanciare armi chimiche a Idlib,
attribuendo poi la responsabilità alle forze armate siriane in modo da
innescare un attacco di americani, francesi e britannici contro Damasco
più potente e letale di quello avvenuto la scorsa primavera. Lo denuncia la Russia
che ha esortato l’Opac, l’agenzia per il monitoraggio delle armi
chimiche, a vigilare su questo aspetto. Secondo Mosca gli Elmetti
bianchi – la cosiddetta «difesa civile» che opera solo nelle zone
“ribelli” e accusata dalle autorità di Damasco di aver organizzato falsi
attacchi dei governativi – avrebbero trasferito due container di gas
tossico a Idlib, dove ne hanno già altri otto, da usare contro i civili
per far reagire Washington, Parigi e Londra.
Intanto prosegue la preparazione dell’offensiva a Idlib
dell’esercito siriano che ha spostato mezzi e uomini a nord-est di
Latakia, a sud di Aleppo e a nord di Hama. La Russia ha trasferito dieci navi e due sottomarini lungo le coste siriane a sostegno di Damasco. Sull’altro
fronte la Turchia supervisiona l’organizzazione delle milizie islamiste
sue alleate, in particolare dell’Esercito libero siriano. I
salafati di Ahrar a Sham hanno creato il Fronte di Liberazione Nazionale
insieme ai jihadisti di Nureddin al Zinki senza riuscire però a
coinvolgere il gruppo principale, Hay’at Tahrir a Sham. Secondo alcune stime sarebbero 70mila i qaedisti e jihadisti pronti a combattere.
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