L’immagine somministrata dai media era quella di una “marea nera” che dissolve il vecchio ordine neoliberista, rompendo la “solidarietà europea” (che nessuno ha mai visto, tocca dire) e riaprendo conflitti tra paesi peraltro a abituati a darsele di santa ragione nei secoli. Il corollario non detto era che questa “marea nera” fosse in grado di compattarsi e assumere le redini del processo europeo, per distruggerlo o guidarlo in altra direzione.
C’era del vero, in questa immagine, ma solo a metà. E si è visto subito. Non sul tema dell’immigrazione – dove l’unità dei razzisti è ultra-scontata – ma sulla “legge di stabilità”, ovvero sulla legge fondamentale con cui ogni Stato, a prescindere dal colore della maggioranza politica governativa, decide le modalità di redistribuzione dei carichi fiscali e della spesa pubblica, favorendo o danneggiando specifiche figure sociali.
Qui il cosiddetto “fronte sovranista” (il termine è uno stigma strumentale, come abbiamo provato a spiegare) si è immediatamente sovrapposto al suo teorico avversario (il “fronte repubblicano da Macron a Tsipras”), condannando senza appello e con toni durissimi il governo italiano. In quanto italiano, senza alcuna indulgenza per il suo essere di estrema destra e razzista.
«Manovra folle. Perché dobbiamo pagare noi per gli italiani?». Alice Weidel, una dei leader del partito di destra tedesco Alternative für Deutschland, non ha usato mezzi termini per stroncare «l’orrendo indebitamento italiano. Sono pazzi, questi romani!». Immaginiamo la faccia dei leghisti padani nel sentirsi qualificare così...
Non paradossalmente, l’unico briciolo di parziale “comprensione” per il diritto del governo gialloverde a presentare a Bruxelles una “manovra” fuori dai diktat emanati dalla Commissione (e dalla Bce) è venuta dalla sinistra radicale euroscettica. Ossia da France Insoumise e da Aufstehen, il movimento appena lanciato da Sarah Wagenknechet e Oskar Lafontaine, a partire da Die Linke.
E qui il cortocircuito mentale generale è venuto fuori con estrema chiarezza. La “sinistra europeista” si è indignata in automatico (allineata con il “pilota” disegnato da Draghi & co), mentre la destra italica ha provato a coprirsi usando a pene di segugio le parole altrui. Entrambi gli schieramenti hanno provato a riassumere così: “sostegno della sinistra al governo italiano”.
Uno schieramento composto da falsi come Giuda, dobbiamo dire. Che non per caso ragiona nello stesso modo.
Vi proponiamo qui la traduzione di un’intervista a Sarah Wagenknecht, realizzata da DeutschlandFunk (una delle radio pubbliche tedesche). Chiunque abbia la pazienza di leggerla può “scoprire” che non c’è alcun “sostegno al governo italiano” – Salvini è definito tout court “fascista” – né alcun apprezzamento per la “manovra” inviata dal ministro Tria.
C’è invece l’indicazione del “problema dei problemi” che sta distruggendo le condizioni di vita della classi lavoratrici europee e, con la caduta del consenso, anche l’Unione Europea in quanto tale: l’esproprio della sovranità in materia di politiche di bilancio impedisce a qualsiasi governo di realizzare una qualsiasi politica, comunque sia orientato. E in effetti alla Troika o ai “mercati” non interessa affatto se un governo sia di destra, sinistra o a pallini; interessa solo che segua le regole previste dai trattati europei, che convogliano in automatico le risorse e le filiere produttive secondo il modello mercantilista. Nonostante sia in evidente crisi. Grecia e Italia, Tsipras o Salvini per loro, vanno trattati nello stesso modo.
Un partito movimento di sinistra radicale, dunque, deve combattere quell'”esproprio” – cioè deve combattere per la rottura dei trattati europei – perché questa è la pre-condizione per fare politiche opposte a quelle previste dal “fronte europeista” e dai governi nazionalisti.
Chi ragiona in termini di “tifoseria” (“sei a favore o contro Tizio o Caio?”), invece che di soluzioni ai problemi, è oggi condannato al suicidio, senza assistenza. Perché è costretto da questa pseudo-logica a schierarsi contro i propri interessi; o almeno contro gli interessi delle classi popolari, che in teoria pretende di rappresentare. Ovvero ad allinearsi con i “multinazionalisti europeisti” che hanno ingigantito precarietà, disoccupazione, smantellamento del welfare, marginalità, distruzione dell’istruzione pubblica, ecc.
Ma chi sta con le multinazionali e la finanza speculativa, difficilmente può difendere le classi popolari. E neanche tenerle lontane dalle sirene fascistoidi.
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DLF: Frau Wagenknecht, Roma è stata messa alla gogna. È giusto secondo lei?
Wagenknecht: beh, vorrei dire che non ho molta simpatia per il signor Salvini. Ma non è questo il punto. Questo è un governo democraticamente eletto. La legge di bilancio riguarda la sovranità dei parlamenti. E se vuoi distruggere l’UE, allora devi fare esattamente quello che sta facendo Bruxelles.
Inoltre bisogna anche parlare di quanto possa essere sensato costringere a fare ulteriore austerità un paese che da dieci anni attraversa una lunga crisi economica, un paese in cui il reddito pro capite è inferiore a quello precedente l’introduzione dell’euro, ovviamente ciò contribuisce a far crollare l’economia. Ecco perché penso si tratti di una decisione priva di senso.
DLF: allora, dal suo punto di vista, stiamo assistendo ad una protesta giustificata contro la politica di austerità di Bruxelles?
Wagenknecht: bisogna dare a questa proposta di bilancio un’occhiata un po’ più da vicino. Dentro ci sono cose molto ragionevoli. Ad esempio, l’Italia ha un altissimo tasso di disoccupazione, in particolare un elevato tasso di disoccupazione giovanile, in alcune zone del 30, 40 per cento, soprattutto nel sud del paese, e un’assicurazione contro la disoccupazione molto povera, peggio anche dell’Hartz IV tedesco, per fare un confronto. Se in questo ambito si apportano determinati miglioramenti, o se si migliora la legge per il prepensionamento, che in una situazione di elevata disoccupazione potrebbe essere un sollievo per molte persone, si tratta senza dubbio di una scelta ragionevole.
Ci sono alcune agevolazioni fiscali. A beneficiarne sono anche le persone ricche. Se ne può certamente discutere. Ma ancora una volta: penso che semplicemente non sia la Commissione europea ad avere il potere di decidere in merito alla legge di bilancio dei diversi paesi, perché in questo modo stiamo distruggendo l’UE. Gli italiani non vogliono essere governati da Bruxelles, e non vogliono nemmeno essere governati da Berlino. Stiamo dando ad un governo, e in particolare ad un partito nazionalista, che in realtà è davvero semi-fascista, e a un certo signor Salvini, un’ottima possibilità per profilarsi politicamente. Sicuramente nel suo paese in questo modo sta ottenendo degli ottimi risultati e non finirà certo in difficoltà.
DLF: Frau Wagenknecht, lei ora parla di immischiarsi negli affari dell’Italia. Bisogna tuttavia ammettere che queste sono esattamente le procedure sottoscritte dagli stati dell’UE, e cioè presentare il loro bilancio a Bruxelles per farselo approvare. Tutto ciò affinché la politica fiscale europea rimanga nel complesso stabile e quindi anche l’euro sia stabile, senza finire in un’altra crisi monetaria. Possiamo davvero dire che in questo caso l’Italia può comunque andare avanti?
Wagenknecht: in primo luogo, ci sono dei trattati europei. C’è un criterio del deficit del 3%. L’Italia è al di sotto di esso.
La seconda è una questione di ideologia economica, secondo la quale anche se un paese è in crisi deve comunque risparmiare per ridurre il debito. Fatto che è stato più volte confutato. Le economie non sono una cosa cosi’ semplice che se si risparmia, si riduce il debito, e se si aumenta la spesa, il debito sale. Sembrerebbe anche plausibile. Ma non funziona così, perché risparmiare o spendere ha delle conseguenze per l’attività economica. L’Italia per molti anni ha cercato di ridurre significativamente la spesa pubblica. Il debito continuava a salire mentre l’economia crollava. E anche questo non è un concetto molto ragionevole.
Bisogna dire: se vuoi spingere l’Italia fuori dall’euro – ed è quello che sta accadendo – devi fare esattamente cosi’.
DLF: allora non la preoccupa il fatto che l’Italia, stato membro dell’euro, abbia un debito pubblico che supera il 130% del PIL?
Wagenknecht: la questione è se si tratta solo del risultato della condotta di spesa del governo, o se invece è il risultato di una crisi economica che dura da anni. E direi che si tratta decisamente della seconda opzione.
Dobbiamo ovviamente anche parlarne a livello europeo. Se ora vuoi presentarti come il sommo sacerdote del debito pubblico basso, ma non sei stato in grado nemmeno di imporre un’azione a livello europeo, ad esempio per limitare il dumping fiscale delle imprese, cosa che sarebbe anche possibile, oppure imporre alcune regole che rendano più difficile per le persone molto ricche eludere il fisco, allora diventa tutto molto ipocrita.Troverei sensato, se ad esempio, in Italia dove c’è una grande ricchezza privata – che è cresciuta anche durante la crisi economica, e oggi ci sono più milionari di dieci anni fa – questa venisse tassata molto più severamente. Allora naturalmente si potrebbe ridurre anche il deficit pubblico. Ma non è che l’UE abbia mai fatto delle leggi che rendano tutto ciò più facile, anzi al contrario: le regole dell’UE rendono tutto più difficile. Proprio la Commissione europea con il signor Juncker ormai è la personificazione del dumping fiscale, soprattutto per le grandi imprese.
DLF: il dumping fiscale, Frau Wagenknecht, è un altro argomento. Voglio tornare ancora una volta a questo immenso debito pubblico. Secondo lei non è motivo di preoccupazione se uno Stato membro dell’area dell’euro ha così tanti debiti?
Wagenknecht: lei dice che il dumping fiscale è un altro problema. Il dumping fiscale e il debito pubblico sono due questioni fra loro strettamente collegate. Se sono proprio le grandi aziende a pagare poche tasse, oppure se nei singoli paesi sono i più ricchi quelli che pagano meno tasse, allora il debito pubblico naturalmente continuerà a crescere. L’intero dibattito in corso riguarda il fatto che l’Italia possa apportare dei limitati miglioramenti all’assicurazione contro la disoccupazione e alle pensioni. Il tema della discussione è del tutto sbagliato. Su questi temi, come ho detto, il governo italiano può ottenere consenso politico, proprio perché sono misure molto popolari nel paese, e non per nulla l’ultimo governo su questi temi ha fallito e non è stato rieletto perché la gente è stanca di vedere che le cose vanno sempre peggio, stanca di trovarsi in una situazione di emergenza sociale e di avere una disoccupazione alta. Se si fanno solo annunci, senza miglioramenti sociali, questa è un’Europa che rinuncia ad ogni credibilità.
DLF: la Commissione europea dovrebbe forse dire che in futuro intendono rinunciare alla funzione di controllo dei bilanci nazionali, e che chiunque può decidere autonomamente?
Wagenknecht: io sono per un’Europa delle democrazie sovrane e democrazia significa: le persone votano per eleggere il loro governo. Significa anche naturalmente che nessun altro paese sarà responsabile per i debiti degli altri paesi. Inoltre non penso sia giusto nemmeno se un paese pesantemente indebitato finisce nei guai e ad essere salvate con il denaro dei contribuenti sono sempre e solo le banche. Ma in Europa abbiamo una costruzione problematica, in quanto questa ci porta sempre più verso una sospensione della democrazia, e ad una situazione in cui le persone possono votare chi vogliono, perché tanto alla fine saranno i tecnocrati di Bruxelles o addirittura il governo di Berlino ad avere l’ultima parola e a decidere in merito alle leggi di bilancio nazionali. L’Europa in questo modo non può funzionare.
DLF: ma l’Italia ora vorrebbe entrambi. L’Italia vuole decidere autonomamente sul proprio bilancio, senza l’ingerenza di Bruxelles, ma allo stesso tempo vuole rimanere nell’euro e in caso di emergenza, avere anche il sostegno degli altri paesi dell’euro. Possono stare insieme le due cose?
Wagenknecht: no, le due cose non stanno insieme. Ma se continuiamo così, faremo uscire l’Italia dall’euro. Non so nemmeno se vogliano rimanerci a tutti i costi. L’euro ha portato relativamente pochi vantaggi all’Italia.
DLF: bene. Il governo di Roma, almeno, dice che vogliono assolutamente restarci. Questo è stato confermato ancora una volta dal Primo Ministro.
Wagenknecht: Finché sono dentro, devono dire così, perché altrimenti lo spread e la speculazione sui mercati finanziari assumerebbe forme estreme. È già ora siamo in una situazione in cui questi extra-rendimenti non vengono pagati a causa delle dimensioni del debito. I titoli italiani pagano un elevato premio al rischio perché si ipotizza che l’Italia potrebbe lasciare l’euro, e naturalmente si tratta di una speculazione molto pericolosa. Tuttavia, sono la Commissione europea e la Banca centrale europea a gettare altra benzina sul fuoco. Voglio dire, per molti anni ha acquistato obbligazioni governative in una dimensione che, a mio avviso, non era affatto giustificata. Ma ora lancia un segnale di stop e, naturalmente, i rendimenti salgono.
Ancora una volta: se vogliamo che l’euro funzioni, allora deve funzionare su basi democratiche. E naturalmente, se la democrazia negli Stati membri è sospesa, il risultato in Europa sarà una crescente sensazione di frustrazione e di rifiuto, e l’affermazione del signor Salvini il quale non è certo conosciuto come un fervente sostenitore dell’Europa. Ci sono tuttavia altre opzioni, ovviamente, ma bisogna vedere se c’è la volontà di sostenerle e promuoverle.
DLF: Sahra Wagenknecht, è il capogruppo della Linke al Bundestag. Grazie per il suo tempo questa mattina.
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