La vendita di Magneti Marelli alla Calsonic Kansei per 6,2 miliardi segna una nuova perdita per il patrimonio industriale italiano e si configura come una cessione che serve a FCA per fare cassa per ripianare il debito e dare dividendi agli azionisti piuttosto che avere una ratio industriale.
La Magneti Marelli, con i suoi 40 mila lavoratori divisi in 85 stabilimenti sparsi nel mondo, di cui circa 10 mila nei 33 stabilimenti italiani, sviluppa e produce parti e componenti fortemente innovativi, non solo per FCA ma per l’intero settore automobilistico mondiale. La sua vendita da parte di Fiat Chrysler è un pessimo segnale che non può e non deve passare inosservato.
Il progetto Fabbrica Italia, lanciato da FCA con i 30 miliardi d’investimenti previsti è rimasto lettera morta, stessa fine sembra essere riservata al piano industriale 2018-2022 con 45 miliardi d’investimenti e l’avvio di nuovi prodotti tra cui le auto elettriche.
In questo quadro la vendita di un pezzo determinante come Magneti Marelli, anche per il segmento elettrico, segna un ulteriore elemento d’incertezza per tutta FCA.
Si conferma la politica spregiudicata di FCA, tesa a fare cassa attraverso la capitalizzazione delle sue vendite, lo spostamento della sua sede fiscale all’estero, la de localizzazione delle produzioni e il ricorso contemporaneo alla Cassa integrazione Guadagni e ai Contratti di Solidarietà.
Infatti nonostante il ricorso alla cassa degli ammortizzatori sociali, la direttiva aziendale sulle linee di produzione si traduce in tagli delle pause e ritmi di lavoro logoranti, con un’impennata dei lavoratori oggi classificati RCL (ridotte capacità lavorative), insomma spremuti come limoni.
Una situazione quella degli stabilimenti FCA che riporta l’attualità della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e il ripristino delle pause tagliate dal CCSL.
L’acquisizione da parte della Calsonic Kansei anche a fronte di un accordo industriale pluriennale con FCA, mette la Magneti Marelli e i suoi dipendenti fuori da FCA e dentro un nuovo ambito di competizione, con tutto quello che questo può significare.
Sarà con la nuova multinazionale Calsonic Kansei che dovremmo fare i conti, per difendere l’occupazione, le competenze e fare valere gli interessi dei lavoratori a partire dalla necessità di uscire dal CCSL e di riaprire la contrattazione sui livelli nazionale e aziendale.
Dopo la riuscita manifestazione del 20 ottobre scorso, che tra i temi poneva anche la deindustrializzazione del paese, l’USB torna a chiedere al Governo un intervento a tutela del tessuto industriale, dell’occupazione e l’avvio di un tavolo di confronto su FCA.
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