Da un’editoriale dell’economista renziano Marco Fortis, apparso ieri su Il Sole 24 Ore, forse per celebrare gli anni del furbetto di Rignano, scopriamo che a settembre l’Istat ha rivisto al rialzo i dati della produzione manifatturiera italiana: +1% nel 2014, + 1,3% nel 2015, + 1,5% nel 2016 e + 1,8 nel 2017. In tutto fa un + 5,6% di produzione manifatturiera aggiuntiva rispetto alle stime iniziali, che porta la produzione in questo quadriennio a +10%.
Quindi la perdita della produzione manifatturiera italiana non è del 22% ma del 10%, contando la crescita di quest’anno. In più, la redditività operativa (+8,6%) è tornata ai livelli pre-crisi e le imprese hanno una patrimonializzazione fortemente aumentata, visto che in dieci anni l’incidenza del capitale proprio sul passivo è passata dal 29 al 40%.
Ricordiamo che Federmeccanica e Confidustria, durante le sessioni di rinnovi contrattuali delle varie categorie, tra cui quella dei metalmeccanici, avvertivano che la diminuzione della produzione rispetto ai livelli precrirsi era pari al 25%.
Era falso, come visto dalla revisione Istat. Ma nel frattempo sono state elargite miserie contrattuali. Il capitale italiano ha ripreso vigore solo ed unicamente grazie alla deflazione salariale a danno del mercato interno. Contano sulla domanda estera, ma fino a quando gli andrà bene?
In ogni caso sarebbe ora che chi contratta i rinnovi legga le carte ufficiali e non si faccia più abbindolare.
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