di Michele Giorgio – Il Manifesto
Chiedono l’avvio in Siria di un
processo politico gestito dall’Onu e appoggiato da Washington, i leader
di Turchia, Russia, Francia e Germania riuniti ieri in un vertice a
Istanbul. Nella dichiarazione finale il padrone di casa Recep Tayyip
Erdogan, Vladimir Putin, Emmanuel Macron e Angela Merkel
chiedono la convocazione entro la fine dell’anno di un comitato
incaricato di lavorare alla riforma costituzionale in vista di elezioni
politiche. Appoggiano inoltre gli sforzi per facilitare il ritorno
«sicuro e volontario» dei rifugiati siriani.
La dichiarazione finale del vertice è un compromesso tra le posizioni
divergenti dei quattro leader. Il presidente Bashar Assad e la Siria
sono sostenuti dalla Russia e dall’Iran. Contro Assad è invece la
Francia che ha operato in tutti i modi, anche sostenendo i salafiti di
Jaysh al Islam (gruppo islamico ultraconservatore finanziato dall’Arabia
saudita) per provocarne la caduta. Con lo stesso fine la Turchia ha
appoggiato (e appoggia) vari gruppi armati islamisti.
Putin comunque ha mantenuto la linea portata avanti sino ad
oggi da Mosca persuadendo Erdogan, Macron e Merkel ad inserire nella
dichiarazione finale il rifiuto «delle agende separatiste volte a minare
la sovranità e l’integrità territoriale della Siria, nonché la
sicurezza nazionale dei paesi vicini». Un punto fondamentale
poiché, almeno sulla carta, esclude la spartizione della Siria che gli
Usa, alcuni paesi europei e le monarchie sunnite del Golfo vedrebbero
con grande favore.
Il sostegno all’integrità territoriale siriana è importante
anche per il futuro della regione di Idlib, l’ultima ancora nelle mani
dei qaedisti di an Nusra e di varie formazioni armate. Mosca e
Ankara hanno concordato lo scorso 17 settembre la creazione di una zona
smilitarizzata larga 15-20 chilometri tra i miliziani e l’esercito
siriano pronto a riconquistare la regione. Quindi il 10 ottobre la
Turchia ha annunciato che i gruppi anti-Damasco hanno ritirato le armi
pesanti dalla zona smilitarizzata pattugliata da soldati turchi e russi.
Sul summit è scesa l’ombra inquietante dell’Isis che qualcuno
vorrebbe sconfitto, ormai fuori combattimento e che in Siria continua a
compiere stragi e a destabilizzare il paese. Negli ultimi giorni gli uomini del Califfato hanno ucciso almeno 40, forse 60, combattenti delle Forze democratiche siriane (Sdf), a maggioranza curda e sostenute dagli Usa.
A dare la notizia con grande enfasi è stata l’agenzia di stampa dell’Isis, Amaq, che ha diffuso un video con la cattura di sei soldati avversari. I miliziani dell’Isis hanno lanciato un blitz sulle rive dell’Eufrate infliggendo gravi perdite alle Sdf che
da settembre sono impegnate in un’offensiva per espugnare le ultime
roccaforti dell’Isis nella Siria orientale. Offensiva che non fa
progressi significativi a conferma che i miliziani dell’Isis sono sempre
ben armati ed organizzati grazie a nuovi finanziamenti giunti, secondo
indiscrezioni, ancora una volta da ignoti “donatori” nell’area del
Golfo.
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