I giornali democrat – a partire dalla solita Repubblica – si scandalizzano perché Matteo Salvini fa pubblicare un libro-intervista con una casa editrice sconosciuta ai più, ma “del giro CasaPound”.
Saremmo d’accordo – per una volta – con la testata fondata da Scalfari, se non fosse per la fastidiosa abitudine a occuparsi del dito invece che della Luna.
Ci spieghiamo. Lo “scandalo”, per Repubblica, sta tutto nella esibita (e rivendicata!) contiguità ideologica tra il selfistico ministro dell’interno e un movimento dichiaratamente fascista (“del terzo millennio” non ne cambia la natura) che, come ministro dell’interno, dovrebbe invece sciogliere, facendone incriminare dirigenti e membri attivi, con un voluminoso dossier da sottoporre alla magistratura. La quale, sia detto per onestà e completezza, avrebbe tutti gli strumenti di legge per procedere anche autonomamente, ma...
Per esempio: l’articolo a firma di Gabriele Isman chiama in causa l’editore e fabbricante di giubbotti, Francesco Polacchi, offrendogli l’occasione per un megaspot pubblicitario gratuito. Senza fargli neppure mezza domanda “scomoda”.
Dietro il titolo, nulla; secondo la tradizione...
A noi invece appare che la cosa grave sia quella di cui Repubblica non parla. Scegliere di dare un’intervista a una “giornalista d’area Casapound” o – che è lo stesso – accettare di farla, significa rendere possibile un’operazione economica di grandi dimensioni, almeno stando alle previsioni.
La vanità di un politico sotto i riflettori h24, che punta a nobilitare le sue battute consegnandole a un ben più dignitoso libro, avrebbe logicamente consigliato d’affidarsi a un grande nome giornalistico (per quanto non goda affatto della nostra considerazione, il purtroppo noto Maurizio Belpietro firma “soltanto” la prefazione). E naturalmente di darlo alle stampe con una casa editrice di prima fascia, che possiede know how, comunicazione, distributori e catene di punti vendita; oltre a decine di recensori “disponibili” nelle diverse testate giornalistiche.
Non ne mancano, anche a destra, a cominciare dalla berlusconiana Mondadori. Ma crediamo che non sarebbe dispiaciuto neanche a Rizzoli o qualcun altro.
E invece no. Giornalista sconosciuta, casa editrice “di nicchia”.
Sappiamo bene quanto sia difficile per le piccole case editrici “di nicchia” guadagnarsi un briciolo di attenzione mediatica. Quanta fatica si faccia per trovare dei distributori (i libri debbono pur sempre arrivare su qualche scaffale, di libreria o supermercato). E quanta per non farsi rapinare tutto il (poco) incasso contrattando sulle percentuali rispetto al prezzo.
Un ministro “di chiara fama” che pubblica con una casa editrice ignota le conferisce, già sul piano pubblicitario, un asset di rilievo; la fa uscire dal cono d’ombra (o “dalle fogne”, secondo la più nota definizione antifascista) del “giro stretto”.
Ma c’è di più. Le offre un’occasione di guadagno che non non si osava neanche sperare, neppure nei deliri di onnipotenza che pure abitano spesso le teste di destra. Non conosciamo ancora la tiratura, ma “con un nome così” sarebbe stupido non partire con decine di migliaia di copie.
E il libro è una merce molto particolare. I costi iniziali – impaginazione, editing, messa in stampa (non ci sono più le lastre, si fa tutto in digitale) ecc. – sono praticamente uguali sia che ne stampi 10 copie o un milione. Se non vendi almeno 300 copie è difficile coprire i costi di produzione. Ma una volta superato il break even – carta a parte (ovvio che per stampare molte copie serve molta carta e un po’ d’inchiostro in più) – è tutto guadagno (sottratta la percentuale spettante a librai e distributore, in totale circa il 50%).
Peccato che due nazistucoli di paese, un po’ più vigliacchi della media, siano andati a stuprare una donna proprio alla vigilia del lancio...
Conclusione. Salvini, ministro dell’interno che dovrebbe far applicare alcune leggi dello Stato contro chi tenta di “ricostituire il partito fascista”, si offre invece indirettamente come finanziatore di quel movimento fascista. Non c’è male come contributo alla diffusione dell’odio razziale e sociale.
Ma non fatelo notare a Repubblica. Potrebbero arrivare a sospettare il perché l’unico sgombero che la polizia non vuol fare è quello di via Napoleone III...
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