di Federica Iezzi
Lo Zimbabwe è il Paese
che Robert Gabriel Mugabe ha contribuito a costruire. Ed è il paese che
ha aiutato a distruggere. Uno dei leader post-coloniali africani più
discussi muore dopo 30 anni di assoluto potere.
Negli anni ’70, fu il ribelle marxista trasformato in
insegnante dell’Africa. Abissali contraddizioni lo descrivono.
Liberatore dello Zimbabwe che ha sfidato l’Occidente. Autocrate che
macellò le opposizioni.
La violenza e il caos derivanti dalla sua lotta per aggrapparsi al
potere hanno portato a migliaia di morti, milioni di rifugiati e
impoverimento economico. L’eredità di Mugabe è macchiata dai suoi atti
distruttivi.
Mugabe nacque sotto il dominio coloniale britannico nella Rhodesia del sud nel 1924, in una famiglia di carpentieri. Nonostante le scarse prospettive scolastiche e di lavoro ebbe un’istruzione gesuita e prosperò nel mondo accademico.
Frustrato dal razzismo e dal dominio dei coloni bianchi, Mugabe
abbracciò il socialismo. Trascorre 11 anni in prigione, scatenando una
ribellione da dietro le sbarre attraverso il suo movimento di
resistenza, lo Zimbabwe African National Union (ZANU).
Una volta libero guidò il Paese verso l’indipendenza e all’inizio
degli anni ’80 fu eletto primo ministro della neo-fondata Repubblica
dello Zimbabwe. Le sue prime riforme socialiste portarono
insegnanti e medici nelle aree rurali e difficilmente accessibili. Nello
stesso tempo, lancia una feroce repressione sui rivali politici nella regione di Matabeleland che causò la morte di circa 20mila civili.
Spietato autoritario, non gravato dalla pratica democratica e appoggiato radicalmente dal suo partito politico, ZANU-PF, Mugabe
portò avanti un’innovativa politica di riforma agraria che permise agli
agricoltori neri di prendere il controllo delle fattorie di proprietà
bianca. Scatenò l’indignazione globale: le nazioni occidentali
hanno spropositatamente aumentato le sanzioni sul Paese che è stato poi
sospeso dal Commonwealth.
La diretta conseguenza fu un esodo di agricoltori bianchi,
iperinflazione e carenza di prodotti alimentari che hanno ridotto del
40% l’economia, secondo i dati della Banca Mondiale.
Mugabe è stato costretto a dimettersi dai militari del Paese nel
novembre 2017 a seguito delle proteste di massa a livello
nazionale. Nonostante la sua uscita dalla scena politica, l’eredità di Mugabe come liberatore è stata riconosciuta dal suo successore, l’attuale presidente Emmerson Mnangagwa:
“Mugabe era un’icona di liberazione, un panafricanista che ha
dedicato la sua vita all’emancipazione e all’empowerment del suo popolo.
Il suo contributo nella storia della nostra Nazione e del nostro
continente non sarà mai dimenticato. Possa la sua anima riposare nella
pace eterna”.
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