Per fortuna esiste uno strumento per capire a grandi linee quale sarebbe il deficit ottimale di un paese. È il cosiddetto indice dei saldi settoriali. I saldi in questione sono tre: il saldo privato (il livello di risparmio di famiglie e imprese), il saldo pubblico (il bilancio del governo) e il saldo estero (la bilancia commerciale). Il rapporto tra questi tre saldi può essere considerato un buon indicatore dello “stato di salute” di un’economia.
Se, infatti, il saldo privato è positivo – come è di solito, dato che tendenzialmente le persone preferiscono risparmiare piuttosto che indebitarsi –, un’economia può considerarsi sana se questo “deficit di spesa” nell’economia è compensato dal deficit pubblico, dal saldo estero (che, se positivo, rappresenta un reddito per l’economia) o da entrambi. Più semplicemente, potremmo dire che l’avanzo del settore privato dovrebbe equivalere al disavanzo del settore pubblico al netto del saldo estero.
Ne consegue che in presenza di un consistente saldo privato positivo, affinché l’economia non ristagni sarà richiesta la presenza di un considerevole deficit e/o di un considerevole avanzo con l’estero.
Ora, in linea puramente teorica può anche verificarsi che l’avanzo con l’estero sia sufficientemente consistente da compensare per intero l’avanzo del settore privato. Tuttavia, il più delle volte – e sempre in caso di disavanzo con l’estero – sarà richiesta la presenza di un disavanzo pubblico. Questo ci permette di valutare quale sarebbe, a grandi linee, il deficit ottimale per il nostro paese.
Come si può vedere nella figura, negli ultimi anni il saldo privato sul PIL dell’Italia si è attestato intorno al 6 per cento (oggi mi pare che sia leggermente aumentato). Ne consegue che l’Italia necessiterebbe di un deficit pubblico nell’ordine del 6 per cento del PIL circa. Ma questo, non ne dubitiamo, Gualtieri e Gentiloni senz’altro già lo sanno e indubbiamente staranno già lavorando in questa direzione. (*)
La figura è tratta da: Una banca-dati per i saldi settoriali europei |
Fonte
* sì, c'è proprio da crederci!
Nessun commento:
Posta un commento