Pubblichiamo questa testimonianza raccolta dalla storica rivista della sinistra nord-americana “People’s World” – erede del “Daily Worker” fondato nel 1924 – ed apparsa il 18 marzo.
In questo articolo C.J. Aktins intervista Lupin, 26enne originario di Wuhan che da otto anni studia e lavora in Canada.
Il titolo originale è: Un residente di Wuhan: la Cina ha “nazionalizzato” l’emergenza e l’Occidente non sta facendo abbastanza.
Lupin era arrivato a Wuhan il 23 gennaio, come racconta in una testimonianza precedente resa allo stesso giornale, per passare il capodanno cinese insieme alla sua famiglia dopo 8 anni che mancava da casa.
In questo periodo di festa centinaia di milioni di cinesi tornano nella Repubblica Popolare, la più grande migrazione annuale che avviene sulla terra.
“Sono arrivato qualche ora prima che la città venisse messa in quarantena” ha raccontato, quando i casi censiti erano appena 200, mentre ai tempi della prima testimonianza – il 7 febbraio – erano divenuti più di 31000 con 600 morti.
La festività doveva terminare il 3 di febbraio prima dell’emergenza ma è stata posticipata in un primo momento al 14 dello stesso mese.
Lupin descrive come in quarantena sia stato reso possibile un unico accesso/uscita dal suo complesso abitativo, la spesa venisse fatta ogni due o tre giorni da un solo membro della famiglia, con gli spacci aperti ad orari limitati, mentre una o due volte la settimana il comitato di quartiere portava sacchetti di verdura fresca donati dai coltivatori locali o raccolti dalle estese campagne di solidarietà nazionali.
Per le zone in cui era proibito alle famiglie uscire dalle proprie unità abitative le donazioni da parte dei comitati erano più frequenti.
Gli unici che lavoravano in quel periodo erano i contadini che portavano i loro prodotti, i lavoratori dei supermercati, i farmacisti ed i medici, mentre in strada c’erano solo ambulanze e taxi.
A febbraio come oggi il giudizio di Lupin sull’operato del governo è positivo: “le autorità stanno facendo del loro meglio, date le circostanze” afferma ad inizio di febbraio.
Lamenta la carenza di “maschere” che poi con il tempo è stata sopperita anche grazie all’aumento di produzione dettato dal governo e dagli aiuti internazionali.
Lupin non nasconde il deficit d’intervento iniziale ed il fatto che siano stati sottovalutati e sanzionati gli avvertimenti iniziali, con le autorità che si sono ben presto ricredute come testimonia il giudizio della Corte Suprema su Li Wenliang – sfortunatamente deceduto in seguito – uno dei “lanciatore d’allarme”, il suo valore è stato giustamente riconosciuto e che è divenuto una sorta di eroe nazionale.
Lupin cita i due ospedali costruiti ad hoc per l’emergenza in 10 giorni, e gli 11 edifici come stadi ed arene riconvertiti per l’emergenza sanitaria in spazi per la quarantena nel giro di pochi giorni.
In questa seconda testimonianza che qui abbiamo tradotto il 26enne, ancora in quarantena, ci mostra come si sia evoluta la situazione, fa un quadro comparativo impietoso con le strategie adottate dal “Primo Mondo” e ci restituisce i contorni di una situazione drammatica ma in cui lo sforzo collettivo e la consolidata fiducia nei confronti del proprio governo fanno intravedere la luce in fondo al tunnel.
“La speranza è una cosa bellissima da avere in momenti come questi, e ora tutto il mondo ne ha bisogno” dice Lupin, che anche se teoricamente ora potrebbe tornare in Canada – è possessore del corrispettivo della green card statunitense – non sa è veramente se è ciò che vuole, considerato come è gestita l’emergenza in Occidente.
Buona lettura.
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Per il secondo giorno di fila, c’è stato solo un nuovo caso confermato nella città cinese di Wuhan, il primo epicentro dell’esplosione del COVID-19. Nel frattempo, per il Nord America e per l’Europa, continua a salire il numero di casi – come anche il livello d’ansia per quello che riguarda l’efficacia delle risposte governative. La Cina sta iniziando a rialzarsi dai giorni peggiori della sua lotta al coronavirus, mentre il resto del mondo si sta solo rendendo conto del tempo per la preparazione che è stato perso in questi due mesi.
Le persone dell’Occidente si stanno avventurando su quelle che sembrano essere settimane di riparo a casa per superare il contagio, svuotando le mensole dei negozi di alimentari e facendo scorta di farmaci. Ma a Wuhan rimanere bloccati a casa è stata la vita quotidiana per almeno due mesi.
All’inizio di Febbraio, People’s Word ha intervistato Lupin, un ragazzo di 26 anni che vive a Wuhan on la sua famiglia. Lui lavora a Toronto, in Canada, ma Lupin è tornato alla sua città natale per il capodanno cinese nell’ultimo weekend di Gennaio. È atterrato nello stesso giorno in cui la città di un milione di abitanti è stata sigillata dal governo nel tentativo di bloccare l’espansione di COVID-19, che si crede sia partito da lì.
Da quando è arrivato l’ordine di quarantena, Lupin si è riparato in casa con i suoi genitori. Martedì 17 Marzo ha parlato di nuovo con noi su come è stata la vita nelle ultime sei settimane da quando avevamo fatto l’intervista. Stare giorno dopo giorno, settimana dopo settimana nella stessa casa è stato un po’ monotono, ha detto, soprattutto quando da un momento all’altro sei bombardato da infinite notizie negative. “Può essere difficile rimanere ottimisti”, ha detto a People’s Word, ma “mi ha fatto riflettere su come non dovremmo mai dare la vita per scontata”.
Finora, Lupin e il circolo stretto della sua famiglia sono stati fortunati. Tutti loro sono ancora al sicuro, sani e non infetti. Ma questa non è stata la sorte di tutte le persone che conoscono. “Un amico di mio padre che aveva sessant’anni” – con cui giocava settimanalmente a Mah-jong – “purtroppo è morto a causa del virus”.
La famiglia dell’uomo fino ad ora non è stata in grado di fare il funerale; i defunti vengono subito cremati per proteggere la salute pubblica, e le ceneri possono essere date ai parenti solo quando la quarantena finirà. Per limitare i raduni pubblici, i funzionari stanno rimandando tutti le commemorazioni funebri. Lupin dice che, a dispetto di tutte le morti in città, ovunque non c’è il minimo segno di cerimonie funerarie. “Non sono nemmeno stati portati a vedere le loro ceneri”.
L’impatto del COVID-19 Lupin l’ha vissuto sulla sua pelle e anche tutto il resto delle persone in Cina, in un modo che noi realizzeremo solo nelle prossime settimane. Ma come mostra l’esperienza di Wuhan, è possibile farcela e venire a capo della crisi. “La vita in qualche modo va ancora avanti” dice Lupin. “ È sorprendente come gli esseri umani si adattino alle circostanze”.
Sopravvivere a settimane di quarantena
Nonostante il numero dei casi confermati e delle perdite stiano migliorando, la quarantena a Wuhan rimane allo stesso modo. Il governo ha addirittura fatto una stretta su alcune misure, da quello che riferisce Lupin.
Se uscire di casa per il cibo o per le medicine era ancora possibile all’inizio di Febbraio, ora i residenti non possono più uscire di casa a meno che non sia un’emergenza. “Se ti beccano mentre ti stai facendo un giro per le strade della città, verrai spedito in un apposito complesso di quarantena”. Le autorità per la salute pubblica rimangono sul piede di guerra per contenere l’infezione e proteggere più persone possibili.
Durante la quarantena non è mai stato difficile procurarsi abbastanza cibo, ma la varietà e la selezione degli alimenti sono migliorate grazie alla coordinazione del governo e alla cooperazione dei quartieri. “Nei primi giorni, dovevamo batterci per le limitate razioni quotidiane dei negozi di alimentari se volevamo avere una buona selezione degli alimenti. Altre opzioni potevano essere dei sacchetti di verdura mista o cibi surgelati” preparati dai comitati di quartiere.
“Le forniture sono recentemente aumentate”, ha detto Lupin. “Possiamo praticamente prendere tutto ciò di cui abbiamo bisogno attraverso le spedizioni fatte al quartiere, che possiamo recuperare”. Quando si tratta di forniture mediche e di prescrizioni, un gruppo autorganizzato di volontari di quartiere prende gli ordini e sbriga la commissione per conto di chiunque risiede nell’area. “Lo spirito della comunità unisce tutti quanti in questo periodo di crisi”.
Per quello che riguarda l’impatto economico del prolungato blocco delle attività e della vita pubblica, le cose non sono ancora molto chiare. Come in molte parti dell’Asia, la cultura del ‘lavoro da casa’ non è ancora diffusa in Cina, perciò molte persone – a meno che non lavorino in ospedale, nei negozi di alimentari o in farmacia – non stanno lavorando durante la quarantena. Lupin ha detto che il governo rimane completamente concentrato sul contenere il virus, perciò si è discusso poco nei canali di informazione sull’impatto che colpirà l’economia sul lungo termine. Lui ha sentito storie di licenziamenti, bancarotte e tagli al salario di più del 30 per cento.
Per quel che riguarda il modo in cui le persone pagano le bollette, dipende dalle diverse circostanze. Non ci sono ancora stati annunci riguardo la sospensione di mutui o affitti come in Italia, Iran e altri paesi. Alcuni affitti commerciali sono stati scontati a livello locale, ma “molte persone stanno bruciando i loro risparmi o chiedendo prestiti alle famiglie o agli amici” per mantenerli. “Alcune persone in situazioni molto difficili stanno negoziando con le autorità locali e le banche per ricevere una riduzione del pagamento o per posticiparlo”, ma non c’è una risposta organizzata da parte delle istituzioni, finora.
Una risposta “nazionalizzata” alla crisi
Un aspetto dell’epidemia che sta assillando i pensieri di molti lavoratori negli Stati Uniti non si è quasi mai presentato in Cina: come permettersi i test per il virus e gli eventuali trattamenti. “La Cina ha fatto la promessa che tutti i costi relativi al virus saranno coperti dal governo e ha continuato a mantenere la sua promessa fino ad ora”, ha detto Lupin. “Nessuno ha avuto la paura di non potersi permettere il test”.
Lupin è cresciuto in Cina, ma ha vissuto una parte significativa della sua vita in uno stato occidentale, il Canada. Comparando la risposta del governo cinese e di quello occidentale, ha detto che le autorità del Nord America hanno impiegato troppo tempo per prendere sul serio la minaccia.
“Un mese fa, molti paesi hanno deriso la Cina per la sua situazione come se non potesse mai diventare un problema da ‘Primo Mondo’. Ora questi stessi paesi stanno sperando che la Cina vada a salvarli” – che è precisamente quello che sta succedendo in Italia, dove sono arrivati diversi gruppi di esperti per dare un aiuto.
Ha detto che “l’arroganza è stata un ostacolo reale”. Il tempismo è di massima importanza in questi casi, ma “il Nord America c’ha già messo abbastanza per riconoscere che c’è un problema”. Guardando a quello che sta succedendo in U.S.A e in Canada, Lupin si chiede se le misure che finora sono state prese siano state sufficienti e se le abbiamo fatte abbastanza in fretta.
Il presidente Trump e il primo ministro canadese Justin Trudeau che hanno messo tutto quello che serve sul tavolo per combattere il virus e proteggere l’economia, ma molta enfasi è stata messa nel sostenere il mercato finanziario, finora. Misure mirate a sostenere tutte le altre persone stanno arrivando molto lentamente. “Quando si è presentata la scelta, la Cina ha sacrificato” il mercato per proteggere la salute, ma “vista l’ossessione di Trump per la Borsa, è difficile pensare che farà la stessa scelta”.
Lupin argomenta che i governo dei “paesi capitalisti come il Canada e gli U.S.A. hanno circostanze e priorità differenti rispetto alla Cina”, ma quando si viene colpiti da eventi come questi, tutti i paesi – socialisti, capitalisti o misti – necessitano delle stesse strutture di quarantena, tute protettive, personale medico qualificato e trattamenti.
Trump e il suo uomo di punta per il coronavirus, il vicepresidente Mike Pence, hanno sfoggiato i vari amministratori delegati in una conferenza stampa in tv e hanno presentato il settore privato come salvatore della situazione. La Cina ha seguito una linea diversa, opposta a questa. “La Cina ha nazionalizzato la crisi sin dall’inizio e ha messo le priorità del paese prima di qualsiasi altra cosa”, ha asserito Lupin. “Con la solidarietà di 1.4 miliardi di persone e con tutto l’apparato del Partito Comunista Cinese impegnato, siamo usciti dai momenti peggiori”.
La socializzazione della risposta alla crisi è qualcosa che forse l’Occidente si troverà ben presto a dover copiare. Mercoledì pomeriggio Trump ha annunciato che è il momento del Defence Production Act, che dà al governo degli Stati Uniti il potere di controllare la produzione economica e la distribuzione, come anche il controllo dei prezzi e dei salari. Lo staff della Casa Bianca aveva esplorato quest’opzione alla fine di febbraio, ma Trump ancora rigettava l’opzione.
Lupin ha detto che lui “è stato testimone dell’entità dello sforzo che il governo cinese e i suoi cittadini hanno fatto”. Guardando all’Occidente, lui crede che “le cose che il governo degli U.S.A. e del Canada stanno facendo non si avvicinano nemmeno un poco allo sforzo cinese”.
Guardando ancora avanti
Ancora non si sanno le tempistiche in cui Wuhan si rialzerà. Con la maggior parte dei voli internazionali che si stanno arrestando e i paesi che stanno chiudendo le frontiere, non sembra che Lupin potrà tornare in Nord America molto presto. Il Canada ha chiuso i suoi confini per gli arrivi internazionali, ma da quando ha lo status permanente di residente, Lupin potrebbe avere il permesso di tornare se riuscirà a trovare un modo per farlo. Questo non vuol dire che lui voglia, comunque.
“Fortunatamente, io sono esonerato dal blocco, ma non sono molto impaziente di tornare il prima possibile”. Non è certo che sarebbe più al sicuro in Nord America. “Ho visto in prima persona come le cose possono cambiare velocemente, e sono spaventato che la storia si ripeta in Canada”. In alcune aree degli Stati Uniti, come lo stato di Washington, sembra che si stia proprio ripetendo.
Per ora, cerca di tenersi occupato nella noia della quarantena e fa quello che può per rimanere in forma. Senza la possibilità di andare in palestra, fa su e giù per le scale dal ventesimo piano del suo palazzo, per fare esercizio. “Qualche volta ritrovo dei videogiochi dell’infanzia a cui giocare, oppure dei libri da leggere... aiuto mia mamma a preparare la cena”.
Sta cercando di trovare il lato positivo delle cose durante l’isolamento. “È una rara opportunità di creare un legame con la famiglia”. Nei giorni di sole, si siede fuori sul balcone, ascoltando il cinguettio degli uccelli – un suono che raramente si ascoltava quando Wuhan era una metropoli trafficata.
I giorni non sono tutti piacevoli, specialmente per le brutte notizie che arrivano tutti i giorni a tutte le ore. “Può essere difficile rimanere ottimisti, ma penso spesso ai giorni più belli del mio passato”. Ma ci sono ancora molte cose da aspettare impazientemente; la crisi del coronavirus alla fine finirà. La persone di Wuhan sono probabilmente molto più vicine alla fine che tutti gli altri.
“La speranza è una cosa bellissima da avere in momenti come questi, e ora tutto il mondo ne ha bisogno”.
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