di Luca Cangianti
Vladimiro Giacché, Hegel. La dialettica, Diarkos, 2020, pp. 208, € 18,00.
Quando sarà nuovamente possibile viaggiare e vi capiterà di andare a
Berlino, concedetevi una visita al Cimitero di Dorotheenstadt. Entrate
al civico 126 di Chausseestraße: sulla destra si trova la casa dove
abitarono Bertolt Brecht e Helene Weigel, ma voi senza indugio
immergetevi nella selva di monumenti funebri classicheggianti alla
ricerca dell’ultima dimora di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, nato 250
anni fa e morto nel 1831 di colera – stando almeno a quanto riportato
sul certificato di morte. Chiese di esser seppellito accanto a un altro
filosofo, Johann Gottlieb Fichte, morto di tifo 17 anni prima.
Hegel è stato considerato il filosofo ufficiale dell’assolutismo
prussiano, ma sono molte le tessere anomale che non permettono di
completare coerentemente il puzzle di questa immagine: da giovane scrive
opere sovversive che si guarda bene dal pubblicare, sostiene la
necessità dell’abolizione dello stato, manda alle stampe testi politici
anonimi, intreccia nel corso di tutta la vita rapporti con
rivoluzionari, liberali ed ebrei fino ad aiutare un prigioniero
politico; i funzionari del governo e della corte disertano infine il
funerale del filosofo e, che se ne sappia, non inviano messaggi di
condoglianze.
Sulla base di queste circostanze Jacques D’Hondt sostenne che dietro la
rinomata oscurità del periodare hegeliano, si nascondesse un filosofo
tutt’altro che conservatore – ipotesi che riceve un indiretto sostegno
anche dalle persecuzioni giudiziarie della maggior parte dei suoi
collaboratori.1
Conosciamo Vladimiro Giacchè come professionista del mondo finanziario e autore di opere di storia economica quali Anschluss.
Adesso, con la nuova monografia dedicata a Hegel per i tipi di Diarkos,
scopriamo che dietro quelle analisi eterodosse sull’euro e la crisi
economica si nasconde un motore filosofico capace di pensare la
complessità con una potenza da mille cavalli vapore. Il libro è
un’introduzione che illustra con grande chiarezza i temi chiave del
filosofo tedesco, accompagnandoli con una ricca sezione antologica.
La
filosofia di Hegel è un viaggio verso la soggettività concepita,
secondo Giacchè, come «capacità del soggetto di essere una struttura
autocentrata, in grado di conservarsi e mantenersi in unità con sé nel
rapporto con l’esterno». Non è casuale, quindi, che la Fenomenologia dello spirito sia stata pubblicata nel 1807, quando in Germania erano diffusi i romanzi di formazione (si pensi al Wilhelm Meister di Goethe, all’Enrico di Ofterdingen di Novalis, all’Iperione di Hölderlin, ma anche all’Emilio
di Rousseau). In «queste opere letterarie – afferma l’autore – veniva
descritto il duro e necessario cammino, costellato di difficoltà e
sconfitte, attraverso cui il protagonista della narrazione poteva infine
giungere alla conquista della verità su se stesso e sulla vita.»
Similmente in Hegel la verità non è mai un semplice risultato da
contrapporre alla fallacia, ma il percorso della coscienza che proprio
superando errori e apparenze di visioni del mondo, forme di religione e
relazioni sociali, si eleva al sapere assoluto, cioè alla verità che
incorpora in sé anche le tappe precedenti del cammino intrapreso. In
questo modo la verità assume un carattere processuale: è «il risultato
di un approfondimento, di uno scavo nelle implicazioni delle categorie
del pensiero, dalle più semplici alle più complesse, in un processo in
cui le prime rimandano, conducono… alle seconde». In questo viaggio
filosofico la dialettica, mossa dalla “negazione determinata” a partire
da una concettualizzazione multidimensionale della realtà, mostra il
lato transeunte di ogni cosa, il suo essere mero momento di un cammino
infinito. Da questo punto di vista l’intelletto è il pensiero della
singola tappa e può andar bene per realtà semplici e statiche; se ci
confrontiamo però con fenomeni complessi e interattivi – un organismo
vivente, un sistema sociale, una crisi economica o uno sconvolgimento
dello status quo – allora abbiamo bisogno della facoltà della ragione che sa pensare la contraddizione.
Nel “Poscritto alla seconda edizione” del Capitale Karl Marx
stigmatizzava la generale disposizione a trattare Hegel da “cane
morto”. È un monito valido anche al giorno d’oggi, perché quando dietro
le catastrofi sanitarie si nascondono, rimosse, quelle sociali, le
apparenze feticistiche prima o poi si dissolvono, dogmi e parametri
cadono a pezzi e perfino i morti possono tornare nel mondo dei vivi.
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