L’America affronta il suo secondo Vietnam, stavolta tutto in casa. I ritardi con cui l’amministrazione Trump ha ammesso – e dunque affrontato – l’epidemia di coronavirus sul proprio territorio hanno consentito che questo dilagasse, al punto che in pochi giorni gli Stati Uniti sono diventati la prima nazione al mondo per numero di contagiati.
Ma questo non sembra turbare i sonni di Orange Man, molto più preoccupato che l’economia possa flettere troppo pesantemente e dunque rendere problematica la sua rielezione.
E proprio su questo terreno ieri gli è arrivata una mazzata di dimensioni bibliche.
Ogni settimana, infatti, viene pubblicato un dato economico considerato importante, ma solo in certi casi. Riguarda il numero di richieste di sussidio di disoccupazione presentate nel corso dell’ultima settimana (quella finita il 21 marzo, dunque). Normalmente, vista la fisiologica dinamica del mercato del lavoro statunitense – alto numero di licenziamenti, da cui le richieste di sussidio, ma anche alto numero di assunzioni – questo dato si aggira sulle 300-400mila unità.
La scorsa settimana, invece, sono state presentate oltre 3 milioni di richieste: 3.280.000. Più di dieci volte il numero “normale” (la settimana precedente erano state 281.000).
E naturalmente di assunzioni nemmeno l’ombra. Il dato, comunque, va letto in maniera più realistica, perché come ogni numero “statistico” nasconde una realtà complessa.
Il recente mercato del lavoro statunitense, infatti, è stato gonfiato oltremisura da “lavoretti”, quasi sempre precari, che andavano a sostituire lavori meglio retribuiti e stabili. E anche negli Usa il “lavoro nero” e le attività individuali (che qui definiamo “partite Iva”) costituiscono spesso forme mascherate di lavoro dipendente che non gode di alcuna tutela (come i sussidi di disoccupazione, appunto).
Insomma, quei quasi 3,5 milioni di nuovi disoccupati – prima ancora che chiudessero completamente città come New York e tutta la California – vanno ameno raddoppiati, aggiungendosi ai quasi 100 milioni di disoccupati “scoraggiati” che non vengono neanche più conteggiati ai fini del tasso ufficiale di disoccupazione (dato bassissimo, e dunque particolarmente “drogato”).
Come dappertutto, in Occidente, viene considerato “occupato” chiunque abbia lavorato almeno un’ora in una settimana. Con la “retribuzione” che si può immaginare.
In attesa dello tsunami che arriverà nelle prossime settimane, sull’onda delle chiusure progressive di interi Stati attraversati dalla pandemia e senza un sistema sanitario pubblico all’altezza, si può facilmente immaginare il terrore con cui Trump scorre queste notizie.
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