Con la proverbiale prosopopea dell’intellettuale di area Repubblica, il direttore di MicroMega, Paolo Flores d’Arcais, accusa Giorgio Agamben – autore di due articoli controversi e molto dibattuti sul Manifesto, a proposito delle misure draconiane assunte dal Governo per contenere il contagio – di essere un post post tutto e di propagare una, testuale, “filosofia del cazzo”.
Dunque, in considerazione di quanto affermato da Flores d’Arcais, con altrettanta arroganza, ci sentiremmo di definire il d’Arcais stesso un filosofo ex ante.
Di quelli, per intenderci, per i quali la verità è già postulata a priori, a prescindere dal divenire incessante della realtà.
Kantiani, categoriali e categorici, idealisti, etico-statolatri. Assertori di una filosofia del dover essere.
Ma soprattutto, in malafede. Perché solo una simile lente, intellettualmente ingenua o irrimediabilmente disonesta, può spingere a leggere in Agamben – specie nell’articolo intitolato il Contagio – un‘inappellabile negazione dell’epidemia da Coronavirus.
Quella di Agamben, viceversa, è una critica, anche molto provocatoria – dimentichiamo, da filosofi, i paradossi di Zenone? – alle misure tipiche da Stato d’Eccezione, assunte da Governo e Regioni (maxime il presidente campano, Vincenzo De Luca!) che si stanno traducendo, col passare dei giorni, in vere e proprie disposizioni da Stato di Polizia. Che con il virus c’azzeccano sempre meno...
Agamben teme, ma non è il solo – lo temo anch’io, e persino il quotidiano dei vescovi, L’Avvenire – che tali dispositivi possano, una volta passata la buriana del contagio, consolidarsi e trasformarsi in “norme correnti”. Com’è avvenuto in passato, ad esempio, con l’articolo 90. In Italia, del resto, nulla è duraturo come il “provvisorio”...
Adottato negli anni ‘70, nominalmente per contrastare il “terrorismo rosso“, si trasformò, alla fine degli anni '80 – con e in contraddizione la Legge Gozzini – in quel famigerato 41bis, in forza del quale l’Italia è stata condannata di recente dall’Alta Corte di Strasburgo per violazione dei diritti umani.
Una trasformazione e un consolidamento di misure straordinarie in leggi ordinarie, che aprirebbero, di fatto, le porte ad uno Stato semi-autoritario.
Agamben ci invita, in parole povere, a riflettere su quanto sta accadendo sul piano legislativo e giurisprudenziale. Suggerendoci, altresì, di non sottovalutare il ruolo dell’informazione di regime, in questo delicato frangente. Tutta tesa a rafforzare le decisioni governative e a diffondere panico a piene mani. Un classico, il governo della paura.
Inoltre ci esorta, l’autore di Stato di eccezione, a non considerare il nostro prossimo alla stregua degli untori manzionani. Un consiglio se si vuole ingenuo, ma tutto sommato, umanamente condivisibile.
Tutto questo, Agamben, lo fa col tipico linguaggio del filosofo post strutturalista e provocatorio, certo. Ma da qui a dargli del “cazzaro”, francamente ce ne corre.
Specie se l’accusa viene da uno, come Flores d’Arcais, che grida(va?) al fascismo un giorno sì e l’altro pure. Ce lo ricordiamo dai tempi di Berlusconi. E poi ai tempi della guerra in Jugoslavia, invocare le bombe umanitarie. Senza farsi problemi.
Un acquiescenza alle logiche del pensiero dominante “a sinistra”, seppur millantando declinazioni anticonformiste, che gli consente di mantenere in vita il suo privilegio di sparare cazzate dalle pagine di MicroMega!
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento