"Children of God" è il capolavoro degli Swans,
band tanto leggendaria in ambito underground quanto misconosciuta al
grande pubblico, al punto che per "celebrare" i suoi (in)successi
pubblicherà nel 1999 una raccolta autoironicamente intitolata "Various
Failures". In realtà, trattasi di una delle formazioni più importanti
della scena "alternative" a cavallo tra i decenni Ottanta e Novanta: i
suoi incubi metropolitani, infarciti di violenza, alienazione e morte,
sono diventati un punto di riferimento cruciale per l'universo
"industrial", e non solo.
Partiti da un rock dissonante al
rumor bianco estremizzato in "Filth" (1983), gli Swans sono approdati
negli anni a una forma di ambientazione gotica e spettrale, fondata su
esplosioni di chitarre e melodie ammalianti, percussioni "industriali" e
atmosfere ossessive, oltre che sul contrasto tra la voce da zombie del
chitarrista Michael Gira (sorta di Bowie dell'oltretomba) e quella da sirena della cantante Jane Jarboe, che lo affianca a partire dal 1985.
La prova perfetta di questo miracoloso equilibrio è proprio "Children
Of God", album doppio uscito nel 1987 per l'etichetta indipendente
Caroline e destinato a scomparire presto dai negozi di dischi (ma non da
internet), a dispetto di una dilagante fama "sotterranea" e della
successiva ristampa da parte della Young God in un doppio cd (insieme a
"World Of Skin", side-project della band). E' un album tragicamente
gotico, improntato a un pessimismo "cosmico" in cui solo a tratti si
infiltrano purissimi i raggi di sole dispensati dalla vestale Jarboe,
discepola della scuola oscura di Siouxsie, Lydia Lunch, Diamanda Galás ed Exene Cervenka, ma dotata di un soprano che suona insieme arcano ed emozionante, soffice e solenne.
L'evoluzione sonora degli Swans approda a una forma canzone compiuta,
che non compromette il messaggio "dissacrante", ma ne accentua
l'efficacia attraverso strutture musicali più omogenee e di impatto. Il
furore del noise-rock e la malinconia di un folk di stampo medievale si
susseguono in un accurato dosaggio di pieni (le detonazioni di chitarra,
le percussioni industriali) e vuoti (le melodie incantevoli, le
atmosfere eteree). Un risultato ottenuto grazie a un ensemble allargato,
con Gira alle tastiere e chitarre, Norman Westberg alle chitarre,
Jarboe alle tastiere, Algis Kizys al basso e Theodore Parsons alla
batteria. Il tema-cardine del disco è il binomio peccato/redenzione: la
sottomissione a Dio è vissuta attraverso una religiosità morbosa e
opprimente. A parlare non è mai Dio (salvo l'eccezione di "Trust Me"),
ma i suoi fedeli ("children"), protagonisti di un calvario che si snoda
attraverso pannelli surreali, sospesi tra il più cupo espressionismo e
le atmosfere ancestrali di una fiaba senza tempo.
Clangori
ossessivi di batteria introducono la declamazione baritonale di Gira
nell'iniziale "New Mind", che suona subito come una profezia senza
scampo: "The sex in your soul will damn you to hell". Ma a dissipare gli
spettri della dannazione provvede subito l'angelica Jarboe, che intona
la litania onirica di "In My Garden" sullo sfondo di un delicatissimo
accompagnamento di piano.
"Our Love Lies" è un altro saggio del
canto delirante di Gira, quasi un orco moribondo, che blatera parole
sconnesse in un registro profondo e monocorde, creando un'atmosfera
sempre più angosciante. Sullo stesso schema, ma con l'aggiunta di un
coro mortifero finale, è costruita anche "Sex, God, Sex", in cui la
devozione a Dio si fa addirittura abnegazione sessuale. E se il sesso
era la via alla dannazione di Gira in "New Mind", per Jarboe diventa
invece una irrefrenabile tentazione in "Blood And Honey" ("We'll lie
down in the warm green grass/ And the sun will shine on our pale shape/
Our blood will flow black in the dirt/ And a black rose will grow where
we laid"). Carne e sangue si uniscono in un rituale nero, in cui il
canto gregoriano di Jarboe è accompagnato da una melodia dal sapore
mediorientale e dalle sonorità thrilling dell'oboe.
Ma la
devozione a Dio può trasformarsi anche in una overdose di estasi
religiosa, come ammonisce Gira in "Like A Drug", un'altra delle sue
allucinazioni, affollata di effetti horror alla Siouxsie e scandita su
ritmi meccanicamente "metallici", con il coro finale ("Sha-La-La-La")
che trasforma un innocuo versetto nel più agghiacciante degli incubi.
Gira cerca allora un po' di requie nella ninnananna di "You're Not
Real", con arpeggi di chitarra a far da compagnia al suo baritono,
sempre più sconsolato. E' solo un attimo, prima che la tempesta della
dannazione torni a tuonare sulle note di "Beautiful Child" ("I will kill
the child/ The beautiful child/ This is my life/ This is my choice/
This is my damnation"), in un crescendo grandguignolesco, tra cadenze
marziali e cori apocalittici.
E quando la tensione è arrivata
ormai allo spasimo, ecco apparire la sacerdotessa Jarboe a chiuderci gli
occhi ("Close your eyes/ And close in around me/ Say you'll do anything
for me") e ad avvolgerci nella melodia tenerissima di "Blackmail", in
un'oasi di quiete eterna. E' Dio a parlare nella successiva "Trust Me",
esortando i suoi fedeli a un atto di fede e d'amore. Ed è un amore
"reale" ("Real Love", con Gira a supplicare Dio di porre fine al suo
calvario: "Take me down/ Into the cold dead earth"). Ed è un amore
"cieco" ("Blind Love", con Gira a interpretare Cristo, "cold dead man"
che vince la morte e risorge dalla tomba). A fugare definitivamente gli
spettri di cui è affollato il disco provvede l'invocazione solenne della
title track, in cui il coro ripete ossessivamente il suo inno di
salvezza: "We are special/ We are perfect/ We were born in the sight of
god/ Our suffering bodies will suffer no more/ We are children/ Children
of God". Ma dietro la redenzione degli Swans si cela sempre l'ombra
della morte.
"Children of God" segna la svolta della band
newyorkese: dal brutale nichilismo degli esordi a sequenze sonore
finalmente compiute, che mantengono tuttavia intatta la loro
originalità. Come nel caso dei Pere Ubu,
la loro musica non è che l'epitaffio della società industriale e la
terribile premonizione di quel che potrà venire dopo. Gira è il
menestrello nero di una glaciale era futura, un sacerdote folle che si
aggira tra macerie di desolazione, raccontando di una umanità
meccanizzata e agonizzante. Jarboe è la fata di una fiaba ancestrale,
che vagheggia il ritorno all'innocenza perduta, a un eden ormai
irraggiungibile.
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