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30/03/2020

Coldiretti: “senza stranieri raccolti a rischio, servono studenti e pensionati”

È come in quel film del 2011 che narrava di una città veneta in cui, in una notte, scompaiono tutti gli immigrati ed al tizio che invocava, tutti i giorni, dalla sua TV privata, uno tsunami xenofobo, va in tilt la fabbrichetta.

Quella di Coldiretti sembra una confessione in piena regola: la grande filiera agroalimentare italiana si regge sullo sfruttamento selvaggio dei lavoratori stranieri senza diritti, preda del capolarato e del ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno.

Sono i braccianti agricoli che lavorano nelle campagne di Puglia, Calabria, Agro Pontino ecc. che si spaccano la schiena per 14 ore al giorno; che vivono in quelle sterminate baraccopoli che vanno a fuoco ogni due per tre; che sono prive di acqua e di ogni più elementare servizio, in primis, quelli igienici.

Come i 10 che sono morti il 5 agosto del 2018, ammassati nel furgone del caporale come bestie verso il macello, sulla strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, in Puglia.

O come il nostro compagno di USB, Soumaila Sacko, bracciante e sindacalista attivista per i diritti dei lavoratori agricoli ucciso a fucilate il 2 giugno del 2018 nei pressi della tendopoli di San Ferdinando(RC), nella piana di Gioia Tauro in Calabria. San Ferdinando: una baraccopoli che accoglie centinaia di braccianti in condizioni disumane ed in cui, a gennaio, sempre in quell’anno maledetto, perse la vita Becky Moses, una ragazza di 26 anni proveniente dal Niger.

Se pensi da schiavista, neanche ci fa più caso, a quel che dici.

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