Quando guardiamo alla realtà materiale che sta alla base del sistema economico finanziario in Occidente, e la sua sempre maggiore pervasività nella capacità di orientare complessivamente la politica, ci accorgiamo di come la parola democrazia sia un vecchio arnese inservibile per le élite che governano il mondo occidentale.
Inutile, quindi, fare un “test di democraticità” come criterio di interpretazione delle dinamiche politiche del mondo in cui viviamo.
Certo il suo valore evocativo è utile nella costruzione di “narrazioni” da vendere al popolino, soprattutto quando la comunicazione politica costringe a spacciare un ipotetico “nuovo prodotto” da piazzare sul mercato, rappresentandolo nella veste di “migliore soluzione” per una crisi di governance che porta le forme della democrazia ad un impasse.
Questo blocco è in realtà solo l’espressione fenomenica delle convulsioni di una più profonda crisi sistemica, cui le classi davvero “dirigenti” vorrebbero dare un output preciso, diverso dalla loro radicale rimozione da parte dei subalterni ed alla costruzione di un sistema sociale alternativo.
“Hanno fallito, che se ne vadano!”. O in termini più caustici: “Andiamo a bruciargli la casa!”, come ci ha suggerito la rivolta dei Ciompi a Firenze diversi secoli fa.
Il marketing politico pro-Draghi, come quello pro-Biden per gli Stati Uniti – al netto del disgustoso servilismo del giornalismo nostrano e dell’altrettanto deprecabile opportunismo della classe politica tutta, da Fratelli d’Italia a LeU – nel nostro ridotto nazionale è l’esempio più lampante di questa tendenza ad incensare “la democrazia” proprio quando smette di esistere.
Negli Usa, certo, tutto è in un ordine di grandezza superiore, anche nelle tecniche di storytelling per narrare la pretesa “rottura” con il recente passato.
Parole appunto come “rappresentanza”, “sovranità”, “democrazia”, “sviluppo”, in bocca agli esponenti delle élite, hanno la stessa credibilità delle promesse d’amore di un marinaio, tanto è distante il significato concreto da quello che dovrebbero rappresentare e che hanno storicamente – in parte – incarnato sotto pressione di un movimento operaio organizzato, dotato di una prospettiva strategica concreta.
Chiacchiere sulla democrazia a parte, chi tiene in mano le redini del sistema è un numero sempre più ridotto di imprese economico-finanziarie che – in termini un po’ vetusti nella forma, ma attualissimi nel contenuto – potremmo chiamare senza orpelli: dittatura del capitale monopolistico.
Gli Stati imperialisti, o i poli imperialisti in formazione, in diverso grado, ne diventano conseguentemente un’espressione piegando il pubblico agli interessi del privato e non il contrario. E non importa se le fragilità di tale modello impediscono strutturalmente di affrontare i nodi inaggirabili che pone la fase storica, iperbolizzati dall’acuirsi della crisi pandemica.
Gli uomini e le donne di queste corporation vengono chiamati come consulenti dagli stessi attori statali – dalla Federal Reserve negli USA alla Commissione Europea nella UE, per non citarne che due – per orientare le scelte strategiche.
I loro dirigenti siedono nei board sia delle imprese di dimensioni mondialmente rilevanti, sia in quello di chi le finanzia. Alcune di queste hanno in mano gli hub della tecnologica che di fatto orientano i mercati stessi e conferiscono un profilo un po’ vintage a quello che erano le “piazze borsistiche”, che dovrebbero determinare il valore fluttuante delle azioni quotate secondo “il principio della domanda e dell’offerta”, come centro pulsante del mercati finanziari.
È il caso della piattaforma privata Aladdin, che controlla un flusso mostruoso di informazioni e di dati economici sensibili, che orientano le scelte di investimento di chi se ne serve, cioè i maggiori investitori internazionali – più di 900 clienti in una sessantina di Paesi – divenuta insieme alle altre, di fatto, una sorta di sistema nervoso centrale dell’economia finanziaria mondiale.
Una “scatola nera” in grado di monitorare in tempo reale la finanza che viaggia sui bit. Un vantaggio strategico per chi la usa, a discapito degli altri...
I membri di spicco di questi mostri economico-finanziari sono parte integrante di quel sistema a porte girevoli che sono le democrazie occidentali (sia negli Usa che nell’Unione Europea), in un ciclo “virtuoso” – per loro e i loro complici – che fa inanellare senza sosta incarichi passando dal management aziendale alla direzione politica, e vice versa, con contemporanee presenze nei think tank e nelle lobby che determinano i quadri concettuali della politica e le scelte di fondo di quest’ultima.
Un novum, per certi versi, nella storia politico-economica del capitalismo, che dà la cifra di ciò di cui stiamo parlando è certamente BlackRock, di cui si occupa l’articolo tradotto e pubblicato di seguito, in particolare per ciò che concerne la sua rilevanza nella politica nord-americana.
Si tratta del più grande gestore di fondi di investimento mondiale – anche per conto di fondi pensionistici privati, a cominciare da quello giapponese, è il più imponente – che possiede tra l’altro la maggiore o la seconda quota di proprietà in 13 delle 15 principali banche europee (Santander, HSBC, Credit Suisse, ecc), in grado dunque di determinare le scelte di indirizzo degli istituti bancari. BlackRock detiene un portafoglio di centinaia di miliardi di dollari, investiti dalle tre big della tecnologia statunitense (Apple, Google, Microsoft), che controllano tra l’altro il tessuto connettivo ed i big data della “nostra comunicazione” digitale e, come stanno dimostrando fatti recenti, la possibilità o meno di comunicare (anche se sei il Presidente Usa!).
Per non citare che un aneddoto, BlackRock – in un palese conflitto di interessi – ha ricevuto da parte della Commissione Europea l’incarico di consulente per le scelte finanziarie rispetto alla sostenibilità ecologica degli investimenti.
Il più acceso sostenitore di questa scelta, di fronte ai suoi critici, è stato il Capo della Commissione Finanziaria della UE, Valdis Dombrovskis, per intenderci...
Ripetiamo: BlackRock orienta il processo di finanziamento della “transizione ecologica” dell’economia della UE, che ha assunto un ruolo chiave nel rilancio economico continentale in toto e nell’articolazione dei Paesi Membri, attraverso quelli che saranno i singoli “recovery plan” nazionali, vincolati alle decisioni UE su due aspetti in particolare: economia "green" e sviluppo digitale.
Ricordate: BlackRock gestisce gli investimenti delle tre big della tecnologia, e per esempio è il terzo azionista di Apple, nel cui board siede Sue Wagner, di BlackRock...
Questo gigante è uno degli attori economici cresciuto di più nella pandemia: valeva 7,8 mila miliardi di dollari, nel terzo trimestre dell’anno scorso, 8,68 nell’ultimo trimestre, e le sue azioni sono aumentate del più del 20% durante l’ultimo anno. Mentre milioni di persone morivano a causa delle politiche disastrose prese dall’Occidente per affrontare la pandemia, aumentava la povertà e la vulnerabilità sociale, BlackRock cresceva e ha continuato a crescere.
Insieme ai rivali ETF e Vanguard, controllava già un quinto del totale delle azioni quotate a Wall Street nel 2017 – erano poco più del 5% nel 1998. In questi tre anni sono aumentate, e uno studio di Harvard citato dal Financial Times mostra questa stupefacente progressione prevedendo che potrebbero controllare il 40% nel 2040!
Tre corporation divenute un Leviatano finanziario!
In questo tripudio di miliardi di dollari guadagnati e fatti guadagnare ai propri clienti, Lawrence Fink, Wally Adeyemo, Michael Pyle, tre uomini di BlackRock, sono stati scelti per ruoli chiavi nella nuova amministrazione Biden, che con la sua famiglia è parte integrante del più grande “paradiso fiscale mondiale”, cioè il piccolo Stato del Delaware.
“Il Delaware è un piccolo stato con meno di 1 milione di abitanti, ma il più grande paradiso fiscale e finanziario delle imprese nell’Occidente guidato dagli Stati Uniti. Il numero di società di comodo è almeno il doppio del numero di elettori idonei”, scrive Rügemer, scrittore prolifico ed autore tra l’altro di un studio fondamentale per comprendere il capitalismo del XXI secolo e l’ascesa dei nuovi attori finanziari tra cui BlackRock.
Come sempre è meglio affidarsi al vecchio adagio follow the money, piuttosto che ingurgitare le “auto narrazioni” edificanti del nemico di classe.
Buona lettura.
Inutile, quindi, fare un “test di democraticità” come criterio di interpretazione delle dinamiche politiche del mondo in cui viviamo.
Certo il suo valore evocativo è utile nella costruzione di “narrazioni” da vendere al popolino, soprattutto quando la comunicazione politica costringe a spacciare un ipotetico “nuovo prodotto” da piazzare sul mercato, rappresentandolo nella veste di “migliore soluzione” per una crisi di governance che porta le forme della democrazia ad un impasse.
Questo blocco è in realtà solo l’espressione fenomenica delle convulsioni di una più profonda crisi sistemica, cui le classi davvero “dirigenti” vorrebbero dare un output preciso, diverso dalla loro radicale rimozione da parte dei subalterni ed alla costruzione di un sistema sociale alternativo.
“Hanno fallito, che se ne vadano!”. O in termini più caustici: “Andiamo a bruciargli la casa!”, come ci ha suggerito la rivolta dei Ciompi a Firenze diversi secoli fa.
Il marketing politico pro-Draghi, come quello pro-Biden per gli Stati Uniti – al netto del disgustoso servilismo del giornalismo nostrano e dell’altrettanto deprecabile opportunismo della classe politica tutta, da Fratelli d’Italia a LeU – nel nostro ridotto nazionale è l’esempio più lampante di questa tendenza ad incensare “la democrazia” proprio quando smette di esistere.
Negli Usa, certo, tutto è in un ordine di grandezza superiore, anche nelle tecniche di storytelling per narrare la pretesa “rottura” con il recente passato.
Parole appunto come “rappresentanza”, “sovranità”, “democrazia”, “sviluppo”, in bocca agli esponenti delle élite, hanno la stessa credibilità delle promesse d’amore di un marinaio, tanto è distante il significato concreto da quello che dovrebbero rappresentare e che hanno storicamente – in parte – incarnato sotto pressione di un movimento operaio organizzato, dotato di una prospettiva strategica concreta.
Chiacchiere sulla democrazia a parte, chi tiene in mano le redini del sistema è un numero sempre più ridotto di imprese economico-finanziarie che – in termini un po’ vetusti nella forma, ma attualissimi nel contenuto – potremmo chiamare senza orpelli: dittatura del capitale monopolistico.
Gli Stati imperialisti, o i poli imperialisti in formazione, in diverso grado, ne diventano conseguentemente un’espressione piegando il pubblico agli interessi del privato e non il contrario. E non importa se le fragilità di tale modello impediscono strutturalmente di affrontare i nodi inaggirabili che pone la fase storica, iperbolizzati dall’acuirsi della crisi pandemica.
Gli uomini e le donne di queste corporation vengono chiamati come consulenti dagli stessi attori statali – dalla Federal Reserve negli USA alla Commissione Europea nella UE, per non citarne che due – per orientare le scelte strategiche.
I loro dirigenti siedono nei board sia delle imprese di dimensioni mondialmente rilevanti, sia in quello di chi le finanzia. Alcune di queste hanno in mano gli hub della tecnologica che di fatto orientano i mercati stessi e conferiscono un profilo un po’ vintage a quello che erano le “piazze borsistiche”, che dovrebbero determinare il valore fluttuante delle azioni quotate secondo “il principio della domanda e dell’offerta”, come centro pulsante del mercati finanziari.
È il caso della piattaforma privata Aladdin, che controlla un flusso mostruoso di informazioni e di dati economici sensibili, che orientano le scelte di investimento di chi se ne serve, cioè i maggiori investitori internazionali – più di 900 clienti in una sessantina di Paesi – divenuta insieme alle altre, di fatto, una sorta di sistema nervoso centrale dell’economia finanziaria mondiale.
Una “scatola nera” in grado di monitorare in tempo reale la finanza che viaggia sui bit. Un vantaggio strategico per chi la usa, a discapito degli altri...
I membri di spicco di questi mostri economico-finanziari sono parte integrante di quel sistema a porte girevoli che sono le democrazie occidentali (sia negli Usa che nell’Unione Europea), in un ciclo “virtuoso” – per loro e i loro complici – che fa inanellare senza sosta incarichi passando dal management aziendale alla direzione politica, e vice versa, con contemporanee presenze nei think tank e nelle lobby che determinano i quadri concettuali della politica e le scelte di fondo di quest’ultima.
Un novum, per certi versi, nella storia politico-economica del capitalismo, che dà la cifra di ciò di cui stiamo parlando è certamente BlackRock, di cui si occupa l’articolo tradotto e pubblicato di seguito, in particolare per ciò che concerne la sua rilevanza nella politica nord-americana.
Si tratta del più grande gestore di fondi di investimento mondiale – anche per conto di fondi pensionistici privati, a cominciare da quello giapponese, è il più imponente – che possiede tra l’altro la maggiore o la seconda quota di proprietà in 13 delle 15 principali banche europee (Santander, HSBC, Credit Suisse, ecc), in grado dunque di determinare le scelte di indirizzo degli istituti bancari. BlackRock detiene un portafoglio di centinaia di miliardi di dollari, investiti dalle tre big della tecnologia statunitense (Apple, Google, Microsoft), che controllano tra l’altro il tessuto connettivo ed i big data della “nostra comunicazione” digitale e, come stanno dimostrando fatti recenti, la possibilità o meno di comunicare (anche se sei il Presidente Usa!).
Per non citare che un aneddoto, BlackRock – in un palese conflitto di interessi – ha ricevuto da parte della Commissione Europea l’incarico di consulente per le scelte finanziarie rispetto alla sostenibilità ecologica degli investimenti.
Il più acceso sostenitore di questa scelta, di fronte ai suoi critici, è stato il Capo della Commissione Finanziaria della UE, Valdis Dombrovskis, per intenderci...
Ripetiamo: BlackRock orienta il processo di finanziamento della “transizione ecologica” dell’economia della UE, che ha assunto un ruolo chiave nel rilancio economico continentale in toto e nell’articolazione dei Paesi Membri, attraverso quelli che saranno i singoli “recovery plan” nazionali, vincolati alle decisioni UE su due aspetti in particolare: economia "green" e sviluppo digitale.
Ricordate: BlackRock gestisce gli investimenti delle tre big della tecnologia, e per esempio è il terzo azionista di Apple, nel cui board siede Sue Wagner, di BlackRock...
Questo gigante è uno degli attori economici cresciuto di più nella pandemia: valeva 7,8 mila miliardi di dollari, nel terzo trimestre dell’anno scorso, 8,68 nell’ultimo trimestre, e le sue azioni sono aumentate del più del 20% durante l’ultimo anno. Mentre milioni di persone morivano a causa delle politiche disastrose prese dall’Occidente per affrontare la pandemia, aumentava la povertà e la vulnerabilità sociale, BlackRock cresceva e ha continuato a crescere.
Insieme ai rivali ETF e Vanguard, controllava già un quinto del totale delle azioni quotate a Wall Street nel 2017 – erano poco più del 5% nel 1998. In questi tre anni sono aumentate, e uno studio di Harvard citato dal Financial Times mostra questa stupefacente progressione prevedendo che potrebbero controllare il 40% nel 2040!
Tre corporation divenute un Leviatano finanziario!
In questo tripudio di miliardi di dollari guadagnati e fatti guadagnare ai propri clienti, Lawrence Fink, Wally Adeyemo, Michael Pyle, tre uomini di BlackRock, sono stati scelti per ruoli chiavi nella nuova amministrazione Biden, che con la sua famiglia è parte integrante del più grande “paradiso fiscale mondiale”, cioè il piccolo Stato del Delaware.
“Il Delaware è un piccolo stato con meno di 1 milione di abitanti, ma il più grande paradiso fiscale e finanziario delle imprese nell’Occidente guidato dagli Stati Uniti. Il numero di società di comodo è almeno il doppio del numero di elettori idonei”, scrive Rügemer, scrittore prolifico ed autore tra l’altro di un studio fondamentale per comprendere il capitalismo del XXI secolo e l’ascesa dei nuovi attori finanziari tra cui BlackRock.
Come sempre è meglio affidarsi al vecchio adagio follow the money, piuttosto che ingurgitare le “auto narrazioni” edificanti del nemico di classe.
Buona lettura.
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Non appena è stato chiaro che Joe Biden avrebbe vinto le elezioni presidenziali americane, si è portato a bordo Brian Deese, capo del dipartimento per gli investimenti sostenibili globali della società d’investimento americana BlackRock, che ricoprirà il ruolo di capo economista del presidente neo eletto.
Il CEO di BlackRock – Lawrence Fink – è sostanzialmente il portavoce del capitale mondiale occidentale per la “sostenibilità”. E la “sostenibilità” sarà il segno distintivo della nuova amministrazione statunitense.
BlackRock è la più grande società di investimento nel mondo con sede a New York e gestisce un patrimonio totale di quasi 8.000 miliardi di dollari, di cui un terzo in Europa.
Segue la seconda nomina per Wally Adeyemo, consigliere principale del presidente Obama per le relazioni economiche internazionali e successivamente passato a BlackRock come capo dell’ufficio legale di Fink e dal 2014 presidente della Fondazione Obama. Ora, sotto Biden, diventerà vice segretario del Tesoro.
Poi è arrivata la terza nomina per Michael Pyle, responsabile delle relazioni finanziarie internazionali al Dipartimento del Tesoro sotto Obama, diventato poi capo della strategia di investimento globale presso la BlackRock e a breve ricoprirà il ruolo di capo economista della vicepresidentessa Kamala Harris.
Ecco come funziona la porta girevole della democrazia capitalista statunitense: da BlackRock al governo, dal governo a BlackRock e così a ripetere.
Biden: lobbista per il più grande paradiso fiscale sulla terra
Biden è stato senatore dello stato del Delaware per ben 35 anni, dal 1973 al 2009, dove iniziò una fitta campagna politica quando era ancora un giovane avvocato d’affari di 29 anni.
Il Delaware è un piccolo stato con meno di 1 milione di abitanti ma il più grande paradiso fiscale e finanziario delle imprese nell’Occidente guidato dagli Stati Uniti. Il numero di società di comodo è almeno il doppio del numero di elettori idonei. E quasi tutte le maggiori compagnie e banche degli Stati Uniti – o le loro filiali – hanno qui la loro sede legale e fiscale.
Decine di migliaia di società e banche di tutto il mondo, dall’Ucraina al Messico, passando per la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, hanno il loro domicilio legale nel Delaware [uno stato che fu del resto creato dalla Dupont Chemical Company!].
La lista delle partecipazioni della sola Deutsche Bank mostra diverse decine di società di comodo a Wilmington, la piccola capitale del piccolo “Lussemburgo degli Stati Uniti”, come viene spesso chiamato il Delaware.
Nel mini-stato del Lussemburgo – così centrale per l’Unione Europea – regna Sua Altezza Reale il Granduca Henri, della dinastia Lussemburgo-Nassau. Nel Delaware il clan Biden governa con a capo il senatore [ora presidente] Biden.
Il figlio Beau Biden è diventato procuratore generale dello Stato senza fare una minima gavetta politica ed il figlio Hunter Biden è un attivo speculatore finanziario in Ucraina.
Joe Biden ha recentemente ricevuto donazioni per le sue campagne elettorali da grandi aziende digitali come Alphabet/Google, Microsoft, Amazon, Apple, Facebook e Netflix, così come JPMorgan Chase, Blackstone e Walmart. Ma anche le aziende del Delaware hanno promosso il loro influente senatore, tra cui la società di carte di credito MBNA e John Hynansky, un businessman statunitense di origini ucraine che domina l’esportazione di SUV premium in Ucraina.
Biden, come senatore a Washington, ha sempre votato con i repubblicani sulle principali deregolamentazioni del settore finanziario e, con lui, il Delaware si è espanso fino a diventare il più grande paradiso finanziario del mondo. Ciò implica che abbia anche una propria costituzione aziendale volta al “libero mercato” ed un sistema giudiziario che va nella stessa direzione politica.
E naturalmente anche la BlackRock – che co-governa a Washington – ha la sua sede legale a Wilmington, in Delaware.
“(America) BlackRock First”
BlackRock è un importante società azionista in circa 18.000 aziende, banche e società di servizi finanziari negli Stati Uniti, UE, Gran Bretagna, Asia e America Latina. In tre decenni BlackRock è cresciuta fino a diventare il più grande organizzatore di capitali nell’Occidente guidato dagli Stati Uniti, principalmente raccogliendo e investendo il capitale dei super-ricchi.
Possono diventarne clienti solo le più grandi famiglie d’affari o i top manager con un capitale di almeno 50 milioni di dollari. Un investitore come BlackRock promette profitti più alti di quelli che possono essere guadagnati nelle normali operazioni finanziarie, diversificando le proprie pratiche capitalistiche.
BlackRock non impiega cassieri agli sportelli, né offre un servizio clienti pubblico. I super-ricchi trasferiscono il loro denaro direttamente. Ecco perché l’apparato di gestione di BlackRock ha solo 16.000 impiegati per gli 8.000 miliardi di dollari di capitale che gestisce – mentre Deutsche Bank deve mantenere 87.000 impiegati per meno di un centesimo del capitale totale di BlackRock.
BlackRock è anche il più grande organizzatore di società di comodo. Il capitale dei super-ricchi viene investito per ognuno di loro in una speciale società di comodo in un paradiso finanziario tra Delaware, Isole Cayman e Lussemburgo. Allo stesso tempo, questi investitori sono resi anonimi e invisibili al pubblico, alle autorità fiscali e ai regolatori finanziari.
Così, il 5% circa delle azioni della società di lignite RWE sono distribuite tra 154 società “letterbox” in una dozzina di paradisi finanziari, sotto nomi come BlackRock Holdco 4 LLC, BlackRock Holdco 6 LLC, e simili. Naturalmente, BlackRock non commette essa stessa evasione fiscale, ma offre l’opportunità di farlo (detto in altre parole: favoreggiamento).
Inoltre BlackRock gestisce ALADDIN, la più grande struttura robotica per la raccolta e lo sfruttamento di dati finanziari ed economici. Nell’arco di nanosecondi i valori e le performance di tutte le azioni e altri titoli delle borse del mondo vengono catturati e utilizzati speculativamente per la compravendita. I membri di spicco di questi mostri economico-finanziari sono parte integrante di quel sistema a porte girevoli delle democrazie occidentali (sia negli Usa che nell’Unione Europea), in un ciclo “virtuoso” – per loro e i loro complici – che fa inanellare senza sosta incarichi passando dal management aziendale alla direzione politica, e vice versa, con contemporanee presenze nei think tank e nelle lobby che determinano i quadri concettuali della politica e le scelte di fondo di quest’ultima.
BlackRock è co-proprietario di 18.000 aziende – in Germania ad es. di Wirecard – comprese tutte le corporazioni digitali come Amazon, Google, Apple, Microsoft e Facebook, ed è anche co-proprietario delle due maggiori agenzie di rating, Standard & Poor’s e Moody’s. In quanto più grande insider del globo, BlackRock può accedere ad importanti dati in modo velocissimo e prima di altri co-speculatori.
Inoltre, è principale gestore finanziario dei super-ricchi occidentali e dunque ignora completamente i possibili danni alle economie nazionali e l’impoverimento degli Stati attraverso la continua evasione fiscale organizzata, tanto che persino l’Unione Europea rimane impotente contro questo colosso e il suo meccanismo, oppure ne diventa complice.
Inoltre, le aziende che BlackRock acquista e di cui diventa co-proprietario – come, per esempio in Germania, tutte le maggiori società tedesche che negoziano alla Borsa di Francoforte – sono proficuamente “ristrutturate”, rimpicciolite, parzialmente vendute (come è attualmente il caso della ThyssenKrupp), fuse (come nel caso di Bayer-Monsanto), accompagnate da tagli di posti di lavoro, outsourcing, delocalizzazioni e simili.
Come principale azionista di Amazon, per esempio, il predicatore della sostenibilità Fink non ha mai detto nulla contro gli attacchi antisindacali (compresi di minacce e licenziamenti) all’interno dei magazzini del colosso della logistica, o dei bassi salari sui quali si arricchisce Jeff Bezos.
Viene spesso sostenuto, non solo dai lobbisti di BlackRock come Friedrich Merz, ma anche dalla sinistra, che con le quote del 5% BlackRock, come in RWE – sicuramente non può far passare nessuna decisione! E invece sì, è possibile, perché con BlackRock di solito ci sono sempre, in composizione variabile, una dozzina di organizzatori di capitale a lei simili, che allo stesso tempo sono anche azionisti, per esempio Vanguard, State Street, Amundi, Norges, Wellington, Fidelity, Capital Group – e si accordano tra loro.
Il governo degli Stati Uniti sotto Biden sta dimostrando di essere il governo che persegue gli interessi sia dei vecchi che dei nuovi super-ricchi. Si tratta di una minoranza capitalista ed egoista che rappresenta forse l’1,5% della popolazione di tutti gli Stati Uniti.
Tuttavia BlackRock rappresenta anche gli interessi di minoranze ricchissime in altri importanti paesi come la Gran Bretagna, la Germania, la Francia, la Svezia, la Spagna, il Messico: tutti con il loro capitale discrezionale investito in BlackRock & Co.
Obama, Trump, Biden: tutti con BlackRock
Nel 2008, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama incaricò BlackRock di gestire la crisi finanziaria e decidere quali banche, quali compagnie di assicurazioni, quali società sarebbero state salvate.
BlackRock intascò un compenso di 3 milioni di dollari per questo – ma ancora più importante fu la benedizione ufficiale dello Stato. Questa includeva la nomina come consigliere della più grande banca centrale del mondo occidentale, la Federal Reserve Bank. Quello fu il colpo di partenza per la salita finale nell’aumento annuale del 10% del capitale raccolto e distribuito fino agli ormai 8.000 miliardi di dollari.
Oltre ad aver conferito a BlackRock la nomina come consigliere della Banca Centrale Europea (BCE) e, più recentemente, nel 2020, come consigliere della Commissione Europea a Bruxelles per la nuova formula di rinnovamento capitalista ESG: Environment, Social, Government.
Anche sotto Trump, BlackRock non è affatto scomparsa dalla scena economico-politica. Dal marzo 2020, e come consulente della Federal Reserve, BlackRock ha gestito il programma di salvataggio Covid19, molto simile al “Corona Recovery Program” dell’UE da 750 miliardi (qui noto come Recovery Fund, ndt).
Il CEO di BlackRock – Fink – era in corsa per diventare il segretario al Tesoro di Hillary Clinton. Ma quando il vincitore delle elezioni Trump ha tagliato le tasse sulle società, l’agile Fink lo ha lodato, dicendo: “Trump è un bene per l’America“.
BlackRock è parte attiva di “America First“, indipendentemente da quale dei due partiti monopolistici statunitensi sia al potere.
Fonte
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