È verosimile supporre che, nei giorni scorsi, Vladimir Zelenskij abbia convocato i notabili ucraini, per annunci urgenti. Ma, a differenza del Sindaco Skvoznik-Dmukhanovskij, invece di comunicar loro “una notizia oltremodo spiacevole: sta per venire da noi un revisore”, abbia dato l’annuncio con gioia.
È infatti atteso per oggi a Kiev il Segretario di stato USA Antony Blinken e, con lui, una delle protagoniste più disgustose del majdan neo-nazista, quella Victoria-FucktheEU-Nuland, confermata alla carica di vice di Blinken per le questioni politiche. E se, a differenza di quello gogoliano, il “revisore” d’oltreoceano non è affatto in incognito, è però improbabile che non porti ordini segreti. Le settimane seguenti ci diranno probabilmente quali.
D’altronde, non è escluso che anche Zelenskij, alla maniera di Svkoznik-spiffero, abbia avuto incubi notturni alla notizia dell’arrivo, se si pensa che i recentissimi ricambi ai vertici di “Naftogaz”, Ministero delle finanze e Consiglio di sicurezza sono visti – in particolare da FMI, Dipartimento di stato e Paesi del G7 – come anti-occidentali e, in questo senso, potrebbero nascondere alcuni do-ut-des di Kiev con Mosca.
In generale, Washington giudica la squadra di Zelenskij non del tutto affidabile: proprio i forti legami con l’oligarca Igor Kolomojskij (a suo tempo acerrimo nemico di Petro Porošenko) potrebbero aver portato la junta a imporre proprie figure ai vertici di società statali, normalmente controllate da “Consigli di vigilanza indipendenti”, in cui siedono manager imposti dalle capitali euro-atlantiche: uno sgarro davvero imperdonabile.
Comunque, gas a parte (ma nemmeno tanto: grazie agli ambientalisti tedeschi del NABU, che hanno intentato una causa contro il Bundesamt für Seeschifffahrt und Hydrographie, Washington può rallegrarsi dell’interruzione dei lavori al “North stream 2” fino a fine di maggio), tema principale della visita di Blinken è sicuramente il Donbass.
Qui, anche martedì, sulla direttrice di Donetsk, le forze ucraine hanno martellato l’area attorno a Veseloe con mortai da 120 mm, lanciagranate e mitragliatrici pesanti; sulla direttrice di Mariupol, mortai da 120 mm hanno colpito l’area di Sakhanka. Più tragicamente, colpi sparati da cecchini ucraini sono stati esplosi contro l’area di Kominternovo, uccidendo un miliziano della DNR.
Oltre al tema del Donbass, Kiev si attende anche rassicurazioni yankee, in vista del possibile prossimo incontro Biden-Putin. Tra tali assicurazioni, un posto centrale è quello di nuove forniture di armi, concessione di fondi per la guerra a est, sostegno alla “Piattaforma crimeana” di Kiev e, soprattutto, appoggio ai propositi ucraini per una road map di adesione alla NATO. Tema che dovrebbe essere affrontato al vertice di giugno dell’Alleanza atlantica, quantomeno per concedere a Kiev lo status di “major non-NATO ally”, nonostante la contrarietà di vari Paesi.
Intanto, anche senza il consenso (?) di Kiev, proseguono i voli di aerei-spia e droni USA e NATO sulla linea del fronte, attorno alla Crimea e ai confini meridionali della Russia.
E, in attesa di Blinken-Khlestakov, ecco che Vladimir Zelenskij ha raccolto qualche sostegno (almeno verbale) dai vicini settentrionali: il 3 maggio, in visita a Varsavia per i 230 anni della Costituzione polacca, si è incontrato con Andrzej Duda e i Presidenti dei tre Paesi baltici, coi quali ha sottoscritto una dichiarazione di «fiducia che il successo del nostro patrimonio comune e della nostra casa comune, le cui radici stanno nella civiltà europea, richieda che l’Europa sia costruita su valori e principi fondamentali»; questo perché «l’Europa, che unisce, deve essere aperta a tutti i Paesi e popoli che ne condividono i valori».
Di sicuro, scrivendo di valori, i cinque Presidenti avevano in mente le sfilate di veterani SS, marce di ex polizei e komplizen, meeting sanfedisti e galere per i comunisti, cui i loro Paesi si attengono scrupolosamente.
Un incontro, quello di Varsavia, che ha visto i cinque Presidenti divisi per status: Duda e il lituano Gitanas Nauseda in qualità di esponenti principali, quali eredi di quella Rzeczpospolita Obojga Narodow (Repubblica delle due nazioni: regno di Polonia e granducato di Lituania) che, tra il 1569 e il 1795, includeva anche tutto o parte degli altri tre stati.
Così che, mentre Duda e Nauseda sono intervenuti di fronte ai due parlamenti riuniti, il lettone Egils Levitis, la estone Kersti Kaljulaid e Vladimir Zelenskij hanno preso parte alla cerimonia al castello reale, in cui il 3 maggio 1791 era stata adottata la Costituzione, in base alla quale solo la Szlachta (nobiltà) godeva di ogni diritto, la borghesia di alcuni e i contadini di nessun diritto.
In qualche modo, comunque, Zelenskij può dirsi soddisfatto che Duda gli abbia promesso di appoggiare l’adesione ucraina alla NATO al vertice di Bruxelles. D’altra parte, nonostante Zelenskij abbia espresso l’auspicio di risolvere presto le controversie storiche tra Ucraina e Polonia, gli osservatori dubitano che i due Presidenti abbiano affrontato la questione che al momento sta più a cuore a Varsavia: l’impossibilità di riesumare le tombe delle vittime dei massacri della Volynia del 1943, nonostante che, proprio per questo, ultimamente Varsavia abbia ridotto drasticamente la retorica anti-Bandera e abbia addirittura restaurato, con fondi statali, le tombe dei membri del UPA in Polonia.
È invece probabile che Duda abbia chiesto a Zelenskij di richiamare all’ordine i capi di Pravyj Sektor e Corpo nazionale di L’vov, che di recente hanno minacciato il locale vescovo di quella Chiesa cattolica, notoriamente braccio “spirituale” di Varsavia.
In cambio, il Presidente polacco ha promesso di appoggiare l’aspirazione ucraina all’integrazione nella UE, tanto più che Zelenskij ha tenuto a sottolineare come «già da sette anni l’Ucraina rimanga un autentico e non metaforico avamposto dell’Europa»: la marcia del 28 aprile a Kiev in onore della Divisione SS “Galičina”, e quella del 2 maggio a Odessa, per inneggiare agli assassini dei 48 antifascisti ammazzati alla Casa dei sindacati, stanno lì a ricordarcelo.
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