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17/05/2022

Colombia - Le ingerenze USA, dal “Plan Colombia” al rischio di golpe

Secondo il ricercatore sociale Renán Vega Cantor, professore della Universidad Pedagógica Nacional de Colombia, nel paese sono presenti circa 50 unità statunitensi, ciascuna con 200-300 militari, oltre al personale di 25 agenzie segrete USA, con in testa la CIA e la DEA, che operano quotidianamente e liberamente per intervenire in Colombia “anche in termini economici, politici, sociali e culturali”.

Con un dottorato in Studi Politici alla Université Paris 8, un master in Storia e una laurea in Economia alla Universidad Nacional, Renán Vega ricorda che “negli ultimi 25 anni, la Colombia è stato il Paese con il terzo più grande investimento militare da parte degli Stati Uniti”, incorporando “con i suoi manuali, la logica contro-insurrezionale e anti-comunista, in cui si insegna come torturare, uccidere e far sparire” gli oppositori.

Nel 2008, la Repubblica Bolivariana del Venezuela gli ha conferito il “Premio Libertador” per la sua opera “Un mundo incierto, un mundo para aprender y enseñar”. Dirige la rivista CEPA, Centro Estratégico de Pensamiento Alternativo. Tra i suoi libri, segnaliamo “Injerencia de los Estados Unidos, contrainsurgencia y terrorismo de estado” (Ocean Sur, 2016) e “Colombia el macabro reino de la simulación” (Teoría y Praxis, 2018).

Nell’intervista realizzata da Caio Teixeira e Leonardo Wexell Severo, originalmente pubblicata sul sito della rete ComunicaSul – Comunicação Colaborativa e di cui riportiamo la traduzione di seguito, Renán Vega spiega come si è consolidato il potere politico e militare delle Forze Armate durante gli ultimi governi, ripercorre la crescita esponenziale delle violenze dei gruppi paramilitari ai danni degli attivisti sociali e sindacali, e allerta sul rischio concreto di un colpo di Stato militare in caso di vittoria di Gustavo Petro, candidato della coalizione “Pacto Histórico” alle elezioni presidenziali del prossimo 29 maggio.

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Sulla base della sua vasta esperienza e dei suoi studi sulla presenza militare statunitense in territorio colombiano, come valuta l’impatto degli USA sulla sovranità, sulla stabilità sociale e sulla garanzia dei diritti umani e costituzionali nel paese?

Da molti anni mi occupo della presenza statunitense non solo in termini militari, ma anche economici, politici, sociali e culturali.

Mi riferisco alla metà del XIX secolo, periodo in cui ho studiato il ruolo degli Stati Uniti nella separazione e nell’indipendenza di Panama dalla Colombia; la loro responsabilità nel “massacro dei bananieri” del dicembre 1928 (quando furono assassinati più di 3.000 lavoratori colombiani della multinazionale statunitense United Fruit Company, secondo lo scrittore Gabriel García Márquez); l’allineamento automatico con gli Stati Uniti quando la Colombia partecipò alla guerra di Corea a metà del secolo scorso e, inoltre, una ricerca mirata a diversi aspetti della presenza statunitense nel nostro Paese negli ultimi 50 anni.

Forse lo studio più sistematico che ho presentato – e il più sintetico – è stato il rapporto che ho scritto come parte della Commissione storica sul conflitto e le sue vittime al tavolo dei negoziati di pace tra il governo e le FARC-EP, in cui ho valutato la presenza degli Stati Uniti in molteplici aspetti della nostra vita repubblicana fino ai giorni nostri.

Come funzionano le strutture operative e amministrative delle forze militari statunitensi in Colombia? Operano sotto il comando di chi? Qual è il ruolo del governo colombiano nelle loro azioni? Sono autonome? Che tipo di armamento e di equipaggiamento hanno e quale minaccia rappresentano per gli altri Paesi della regione?

Si tratta di una questione molto complessa perché esistono due realtà. Esiste una realtà che viene resa pubblica e una realtà che è segreta. Quindi, ciò che si sa è poco, se si considera la dura realtà di ciò che non si sa. Tra gli Stati Uniti e la Colombia esistono patti militari aperti e altri segreti o poco conosciuti.

Dalla metà del XX secolo, stiamo parlando di una presenza continua, per quasi 80 anni, durante i quali la Colombia è diventata il principale alleato degli Stati Uniti nella regione, ruolo che si è rafforzato negli ultimi 25 anni con la firma del cosiddetto “Plan Colombia”, redatto direttamente da Washington, originariamente scritto in inglese e successivamente tradotto in spagnolo.

Attraverso questo piano, è stata incrementata la presenza diretta degli Stati Uniti in territorio colombiano.

Negli ultimi 25 anni, la Colombia è diventata il terzo Paese al mondo in termini di investimenti militari statunitensi. Nel 2009, poco prima della fine del secondo governo di Álvaro Uribe, è stata resa pubblica la firma di quello che all’opinione pubblica è apparso come un trattato vergognoso per il Paese e per l’America Latina, attraverso il quale sono state aperte e installate sette basi militari statunitensi in territorio colombiano. In seguito, una decisione giudiziaria contraria a quella adottata nel paese ha dato l’impressione che tali basi non potessero esistere, non potessero funzionare.

Ma il governo di Manuel Santos ha optato per un altro tipo di politica, che consiste nel permettere l’arrivo di personale militare statunitense per muoversi sul territorio colombiano come se fosse a casa propria, senza la necessità di firmare accordi approvati dal Senato o da diversi organi del ramo esecutivo colombiano.

Quindi, quando si dice che gli Stati Uniti sono presenti con sette basi militari, non è corretto, perché questa presenza è molto più ampia che in soli sette luoghi del territorio colombiano. Si è parlato della presenza degli Stati Uniti in più di 50 luoghi, con più di 50 unità militari. Qui operano quelle che alcuni studiosi chiamano “quasi-basi”.

Non si presentano come basi formali, sebbene esistano anche queste, come siti di transito, come luoghi da cui diverse forze statunitensi operano in modo permanente o temporaneo. Alcuni ricercatori sostengono che, quotidianamente, tra i 200 e i 300 soldati statunitensi si spostano in territorio colombiano dalla base principale, che è l’ambasciata USA.

Ma, come ho detto, esistono una serie di patti segreti di cui non siamo a conoscenza e ci sono 25 agenzie segrete statunitensi presenti in territorio colombiano, tra cui, ovviamente, le più note sono la CIA (Central Intelligence Agency) e la DEA (Drug Enforcement Administration), ma ci sono anche una serie di altre agenzie che si muovono liberamente nel paese senza alcun tipo di denuncia, senza alcun tipo di controllo.

Anche in questo senso, i media presentano un’immagine positiva di questa presenza come garanzia di sicurezza in territorio colombiano. È quindi molto difficile conoscerla con esattezza, a causa della sua natura segreta. E ho un’altra informazione da aggiungere: l’ambasciata statunitense in Venezuela opera in Colombia!

Ricordiamo che il paese vicino ha interrotto le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e, poco dopo, con l’approvazione del governo colombiano, gli Stati Uniti hanno riaperto l’ambasciata in Venezuela nella città di Bogotà.

E questo cosa rappresenta? Una serie di apparati segreti e non, di sabotaggio contro il governo venezuelano che operano impunemente da Bogotà e da qui pianificano tutte le azioni contro il governo venezuelano.

Il caso più noto è stato la “Operación Gedeón”, nel maggio 2020, quando mercenari statunitensi hanno cercato di sbarcare in Venezuela, preparati nel territorio colombiano di La Guajira, con la partecipazione diretta degli Stati Uniti, per assassinare il presidente Nicolás Maduro. [L’operazione è stata smantellata dai servizi segreti venezuelani e i mercenari sono stati uccisi o imprigionati]. Questo dimostra l’entità della presenza statunitense in territorio colombiano, senza dover rispettare alcuna formalità.

Per questo è sbagliato dire che sono presenti solo in sette luoghi, in sette basi, perché sono presenti in molti più luoghi del territorio colombiano, in aree strategiche, soprattutto nelle regioni di confine con il Venezuela.

Si è creato un tenace meccanismo di accerchiamento del Venezuela con basi militari che coprono tutti i Caraibi a partire dal territorio colombiano. È una questione che dobbiamo sempre sollevare quando affrontiamo questo argomento.

Ci sono notizie di torture e insegnamento di tecniche praticate contro le “forze avversarie”. Questi casi sono identificabili e si riferiscono alla Dottrina della Sicurezza Nazionale e all’identificazione di un presunto “nemico interno”?

Inizierò dalla fine. La Colombia ha aderito alla Dottrina di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti sin dalla metà del XX secolo e riproduce questa stessa concezione da cui le forze armate sono state nutrite, educate e addestrate in questa dottrina terribilmente anticomunista, creata durante il periodo della Guerra Fredda.

La mia tesi è che in Colombia la Guerra Fredda non è finita, e che è uno dei pochi Paesi al mondo, e il principale in America Latina, in cui non è finita. Pertanto, il trattamento delle questioni di sicurezza in Colombia si basa su una concezione anti-insurrezionale e anti-comunista.

E questa logica è stata insegnata dalle forze armate statunitensi con i loro manuali declassificati [precedentemente classificati come riservati, confidenziali, segreti e top secret, non potevano essere consultati], in cui si insegnava effettivamente come torturare e uccidere. Questo è documentato. Sappiamo che ci sono delle eccezioni, ma questa è la regola.

Sappiamo che più di 50.000 ufficiali militari e di polizia colombiani sono stati addestrati alla Scuola delle Americhe (SOA) negli Stati Uniti, che insegna, tra le altre pratiche, a uccidere, torturare e far sparire, e a considerare quelli i “nemici interni” come animali spregevoli da uccidere. Questo è il linguaggio utilizzato in questi centri di formazione.

I militari colombiani hanno riprodotto questi insegnamenti in vari modi, ma hanno anche esternalizzato questo lavoro. C’è un settore direttamente legato all’esercito, quello dei paramilitari.

Circa 20 anni fa, quando c’erano cinque divisioni militari nel Paese, è stato scritto un documento chiamato “La Sexta División”, che erano i paramilitari, legati all’esercito colombiano.

Qual è la particolarità di questa Sesta Divisione? Che sono le protesi dell’Esercito colombiano, sponsorizzato, finanziato, addestrato e sostenuto dagli Stati Uniti, che hanno compiuto ogni tipo di atrocità che le Forze armate, apertamente, non possono compiere legalmente. Così i paramilitari si assumono la responsabilità di commettere questi crimini.

Uccidono e giustiziano in modo colossale, torturano, decapitano, tagliano con motoseghe e gettano le teste degli avversari ai coccodrilli, persino li bruciano vivi in forni crematori in stile nazista. Tutto questo si è visto nel Paese negli ultimi 30 anni. Le Forze armate colombiane e la Polizia nazionale sono direttamente coinvolte in tutte queste pratiche criminali.

Faccio un esempio: qualche giorno fa ha fatto notizia l’estradizione del capo del clan del Golfo, Dairo Otoniel Úsuga, detto “Otoniel”. Il fatto è che “Otoniel” è stato coinvolto in un massacro in Colombia 25 anni fa, nel luglio 1997. Il massacro di Mapiripán fu l’esecuzione a sangue freddo, con procedure sadiche, di contadini in un villaggio delle pianure orientali del Paese.

Come è stato compiuto questo massacro? I paramilitari che si trovavano dall’altra parte del Paese, ad Antioquia, sono stati trasportati con aerei dell’esercito colombiano. Sono stati portati sul luogo del massacro dove, in quel momento, si stavano svolgendo operazioni congiunte tra i berretti verdi degli Stati Uniti e l’esercito colombiano. Il fatto è che i paramilitari responsabili del massacro sono passati di lì.

Poco prima di essere estradato, “Otoniel” ha ricordato questo massacro, fornendo i nomi completi dei militari colombiani che hanno partecipato a questa azione.

Abbiamo quindi la stessa combinazione di forze: paramilitari, esercito colombiano e forze statunitensi che attuavano corsi di addestramento per uccidere i guerriglieri, e quelli che uccidevano erano “guerriglieri civili”, come li chiamano, “complici dei terroristi”, come si dice nel linguaggio di oggi.

I soldati che si sono alleati con i paramilitari e che hanno reso possibile il massacro, hanno detto di aver dato una lezione ai guerriglieri. E qual è stata questa lezione? Decapitare, torturare, massacrare bambini, donne, anziani e giovani. Più di 60 colombiani sono stati uccisi lì, con la complicità e la partecipazione diretta dei paramilitari e dell’esercito colombiano.

Il battaglione dell’esercito colombiano che ha accolto i paramilitari è stato addestrato dottrinalmente dai berretti verdi statunitensi. Questo è un esempio molto concreto, uno tra i tanti. Esempi come questo si ripetono con massacri in tutta la Colombia negli ultimi 40 anni.

Di recente, a marzo, c’è stato il massacro di Putumayo, in cui sono stati uccisi 11 contadini colombiani, accusati di essere membri dei dissidenti delle FARC. Questo è stato l’ultimo massacro compiuto in pieno giorno.

Il “Plan Colombia” è stato creato con la scusa di combattere il narcotraffico, ma oggi è chiaro che anche con tutte queste operazioni militari e di intelligence degli Stati Uniti, il narcotraffico continua a crescere. Pensa che il popolo colombiano stia iniziando a capire questa farsa ed è per questo che Gustavo Petro è in testa nei sondaggi per le elezioni presidenziali del 29 maggio?

Cominciamo dal “Plan Colombia”, che era un mucchio di bugie e falsità. Si è sempre detto, anche negli studi accademici più rinomati, che si trattava di un piano contro la droga, mentre in realtà, fin dall’inizio, è stato concepito come un piano di controinsurrezione che mirava a distruggere le basi sociali della guerriglia, che all’epoca era molto forte in Colombia e che si trovava soprattutto nel territorio a sud del nostro Paese.

Il “Plan Colombia” è stato concepito proprio per questo. Ma il tutto è stato mascherato sotto la bandiera della lotta alla produzione e alla commercializzazione degli stupefacenti.

Questo è emerso chiaramente quando per combattere il traffico di droga sono state trasferite risorse economiche e armi che, in realtà, sono state utilizzate direttamente per combattere il “terrorismo”, un nome che è stato sfruttato dopo l’11 settembre 2001 e che è servito proprio per cercare di confondere l’opinione pubblica.

All’epoca, molti, compreso il sottoscritto, denunciarono la vera natura del Piano. I fatti ci hanno dato ragione. Alla fine, le Forze Armate hanno affermato che si è trattato di un’operazione di successo, non in termini di narcotici, ma di contro-insurrezione.

La tesi difesa dalle forze armate colombiane è che il “Plan Colombia” abbia costretto le FARC a sedersi al tavolo dei negoziati. Questo viene presentato come una sconfitta delle FARC contro l’autorità delle Forze Armate. Il traffico di droga era un accessorio, secondario. Il “Plan Colombia” ha militarizzato la nostra società in modo impressionante, portando le forze armate colombiane a livelli impensabili.

Oggi queste forze, compresa la polizia, che nel nostro Paese è una forza militare, hanno un contingente di 500.000 uomini, che ne fanno uno dei sedici eserciti più grandi del mondo. Ma non è tutto. Intorno alle Forze Armate c’è un potere impressionante a livello sociale, a livello civile, dato che hanno stazioni radio, università, ospedali, compagnie aeree, compagnie di trasporto, banche.

Pertanto, sono una forza molto potente in un Paese che sostiene di non aver mai avuto dittature, anche se il potere dei militari è inimmaginabile.

Questo si manifesterà nel prossimo governo, a prescindere da chi vincerà le elezioni, e già si avvertono i primi segnali che le Forze Armate colombiane, e certamente quelle statunitensi, non sono soddisfatte della possibilità di una vittoria di Gustavo Petro.

Hanno già iniziato a manifestare questa insoddisfazione, diffondendo persino voci che prevedono un colpo di Stato per il mancato riconoscimento del risultato elettorale. Questo è altamente probabile in Colombia, perché qui i brogli elettorali sono “il pane quotidiano”.

I brogli in queste elezioni non sarebbero nemmeno una novità. Sarebbe una notizia se non ci fossero frodi. La banda che ha raggiunto la Presidenza della Repubblica nel 2018 ci è arrivata solo grazie ai brogli elettorali.

I brogli elettorali non sono possibili solo in quanto tali, ma anche per il mancato riconoscimento del risultato elettorale in caso di vittoria di Gustavo Petro. Così come da tutte le forze che si muovono dietro alle pressioni e ai ricatti e che si stanno muovendo in questo momento, e cioè le Forze Armate.

Il loro comandante, Eduardo Zapateiro, che ha manifestato politicamente, cosa vietata dalla Costituzione, ha dichiarato che non riconoscerà una vittoria di Petro e che ci saranno molti “zapateiros” disposti a opporsi a un ex guerrigliero che diventa presidente. Che non sono disposti ad accettare che la struttura diseguale della società colombiana venga toccata. Questo è il quadro attuale, che parla in modo franco e diretto.

All’interno del “Plan Colombia” ci sono molti esempi di atrocità. Vorrei che parlasse delle esecuzioni di migliaia di civili come se fossero guerriglieri, i cosiddetti “falsi positivi”.

Questi “falsi positivi” sono un eufemismo, una menzogna, sono assassinii di Stato. Tanto meno si è trattato di esecuzioni extragiudiziali, termine improprio perché nel Paese non esiste la pena di morte. Sono crimini di Stato.

Sono cose vecchie nel Paese, non sono iniziate con il “Plan Colombia”, è una vecchia pratica dell’esercito colombiano. Ma si sono rafforzate e generalizzate durante i due governi Uribe, secondo la logica che la guerra si vince con litri di sangue dell’avversario.

Quindi doveva esserci molto sangue nemico. E cosa hanno fatto? Molti colombiani sono stati travestiti da guerriglieri, anche persone con malattie mentali e disabilità fisiche sono state massacrate. La cifra non è nota con esattezza, la Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP) parla di 6.500 morti, ma in realtà potrebbero essere più di 12.000 o 15.000. I morti sono stati generalizzati per dire che lo Stato colombiano stava vincendo la guerra contro la guerriglia, soprattutto contro le FARC. Le uccisioni sono state di massa.

Questo è stato presentato come qualcosa di molto positivo agli occhi dell’opinione pubblica, che inizialmente ha accettato l’idea, ma ora si criticano questi crimini, senza però raggiungere i responsabili ai massimi livelli. E chi sono i responsabili ai massimi livelli? I diversi Presidenti della Repubblica, a partire da Álvaro Uribe (2002-2010), ma anche con Juan Manuel Santos (2010-2018) e attualmente con Iván Duque.

In altre parole, quasi tutti i Presidenti degli ultimi 50 o 60 anni sono responsabili di questi omicidi di Stato. Ma sono stati fissati dei numeri limite per assicurare alla giustizia i diretti responsabili. Pertanto, sembra che non ci sia giustizia per condannarli, anche se esiste la documentazione necessaria per farlo.

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